Ora il novembre nero di test e conti
Il 2 novembre le pagelle Bce con le simulazioni sulla tenuta dei bilanci
Dopo un’estate a dir poco calda, l’autunno delle banche italiane si sta rivelando incandescente. Colpa di un quadro politico che sta facendo salire il “termometro” del rischio Italia, come segnala lo spread. E il guaio ulteriore è che in prospettiva la road map sembra lasciare pochi spazi per prendere ossigeno e stemperare la tensione.
L’agenda del resto si prospetta fitta, fittissima: si partirà venerdì 2 novembre con la pubblicazione dei risultati degli stress test da parte della Bce, le simulazioni che mettono alla prova la tenuta dei bilanci bancari in due scenari, uno normale e uno avverso, nel triennio al 20182020. Da poco si è concluso un lungo processo di dialogo tra banche e Vigilanza avviato lo scorso maggio. E a breve, a valle del processo di armonizzazione dei risultati a livello europeo, gli istituti riceveranno gli esiti finali. Tra le 37 banche europee i cui esiti saranno pubblici ci sono le italiane Intesa Sanpaolo, UniCredit, BancoBpm e Ubi. Le previsioni sono tendenzialmente confortanti, anche perché come già accaduto negli ultimi due esercizi di positivo non è prevista alcuna soglia che possa definire una bocciatura. È chiaro però che qualora emergessero in quella sede - magari alla luce del confronto effettuato su scala europea – eventuali segni di fragilità, per gli investitori ci sarebbero motivi per accanirsi ulteriormente sul comparto, o almeno sulle prede più vulnerabili. Carige (che pure non dovrà rivelare gli esiti delle prove) è la prima indiziata. Altri soggetti, come BancoBpm ad esempio, sono sotto pressione da settimane. Gli stress test d’altra parte non sono neutri. Eventuali richieste patrimoniali alle banche, sebbene non comunicate ufficialmente, confluiranno nei processi Srep, e in particolare nella guidance di capitale di secondo pilastro, che verranno comunicati per la fine dell’anno.
Come se non bastasse, superati gli stress test, già ci sarà spazio per il nuovo banco di prova: nella settimana tra il 5 e il 9 novembre tutte le banche italiane alzeranno il velo sui loro conti trimestrali. Difficile farsi illusioni. Il terzo trimestre porterà inevitabilmente con sé i segni del surriscaldamento dello spread, sebbene in misura limitata rispetto a quanto accaduto nel secondo. Allora i 106 punti di caro-spread hanno “mangiato” alle banche 36 punti di Cet 1 (circa 3,5 miliardi dì patrimonio netto), l’allargamento del terzo trimestre potrebbe costare in media 8 punti capitale, secondo le stime di Morgan Stanley.
L’effetto negativo dell’attuale congiuntura di mercato, tuttavia, si sentirà ragionevolmente sui ricavi. Dopo un secondo trimestre in cui le banche hanno mostrato ricavi netti in frenata (da 3,2 miliardi del primo trimestre a 2,4 miliardi), la musica nel terzo trimestre rischia di essere la stessa: complice il loro modello di business, i ricavi delle banche domestiche si stanno rivelando più che correlati alla volatilità del mercato, sia in termini di generazioni di fee che di margine netto di interesse.