Il «mal d’Arabia» che abbatte Softbank
Con il crollo del 7,3% di ieri, la perdita di capitalizzazione eè arrivata a 22 miliardi di dollari dall’inizio di ottobre: quasi il 20% in meno. Non ancora una tragedia per un colosso come Softbank, le cui azioni - in ascesa da inizio anno del 29% fino a fine settembre - sono tornate ai livelli dei primi di agosto. Ma il patron Masayoshi Son, l’uomo più ricco del Giappone, ha di che preoccuparsi per aver inseguito il ruolo di guru mondiale dell’hi-tech in tandem con il ricchissimo principe saudita Mohammed bin Salman, che gli ha prestato 45 miliardi di dollari per costituire il Vision Fund (quasi la metà del totale) e gliene ha promessi altrettanti. I legami con i sauditi sono diventati un peso, per gli sviluppi imprevedibili del caso del giornalista saudita scomparso. Nella Silicon Valley, in molti potrebbero non volere finanziamenti diventati immorali in quanto “blood money”. E Riad avrà problemi più urgenti del finanziare le visioni di Son, ora che c’è un fuggi-fuggi di politici e businessmen dalla “Davos nel Deserto” organizzata per il 23 ottobre a Riad. I più ottimisti, comunque, connettono il cedimento del titolo Softbank più alla generale debolezza del comparto tecnologico che al «mal d’Arabia» contratto da Son. (S.Car.)