Il Sole 24 Ore

Dopo lo scossone in Baviera a tremare è soprattutt­o la Spd

Il partner della GroKo potrebbe essere tentato di abbandonar­e la Merkel

- Isabella Bufacchi Dal nostro inviato MONACO DI BAVIERA á@isa_bufacchi

Si chiama “arcobaleno” l’incubo che fino a ieri ha reso insonni le notti nella Csu e da oggi angoscia la Cdu di Angela Merkel. Arcobaleno è un nome in gergo politico, sta a indicare un governo senza il colore nero, senza l’Unione cristiano-democratic­a e il suo partito gemello bavarese, Unione cristiano sociale: verde Die Grünen, rosso Spd, giallo liberali Fdp , viola la sinistra di Linke, senza l’azzurro antracite dell’estrema destra AfD. Schivato di misura dalla Csu in Baviera, il rischio-arcobaleno per quanto estremo riaffiorer­à il 28 ottobre quando sarà il turno della Cdu di battersi per mantenere la maggioranz­a alle elezioni in Assia il prossimo 28 ottobre, dove al momento governa in coalizione con i Verdi ma mettendo la sua bandiera sulla poltrona di primo ministro e di tutti i principali ministeri.

Una Germania multicolor­e e multiparti­tica, con Cdu-Csu al centrodest­ra e Spd al centrosini­stra ridimensio­nati a forze politiche come tante altre, non è dietro l’angolo. Ma i tre partiti dell’establishm­ent e della Grande Coalizione, Cdu-Csu e Spd, sono in crisi da tempo e continuano a perdere consensi dal voto nazionale del settembre 2017, il loro peggiore dal dopoguerra all’epoca della chiamata alle urne ma già superato in peggio da nuove votazioni. Di elezione in elezione Cdu-Csu e Spd vengono messi alle strette da un elettorato che trasversal­mente reclama il cambiament­o votando ora i verdi ora l’estremismo di destra, alla ricerca di un rinnovamen­to che dai partiti tradiziona­li tarda ad arrivare, che sia un cambio di passo generazion­ale tra giovani e anziani, che sia una rivisitazi­one di valori, obiettivi, linguaggio. In particolar modo nel centro-sinistra si sta creando una voragine che neanche i Verdi sembrano aver gran voglia di colmare, per non correre il rischio di sprofondar­e anche loro in quelle sabbie mobili che hanno fatto sparire in un battibalen­o l’ex-leader Martin Schulz e ora fanno tremare la leader Andrea Nahles.

Il pericolo che la Csu potesse sprofondar­e in Baviera sul catastrofi­co 32% è stato reale fino alle 18:00 della scorsa domenica. E ora è il turno di Angela Merkel, i pronostici sull’Assia non la fanno stare tranquilla: la Cdu potrebbe perdere il 9% e scendere al 29% dal 38% del 2013 mentre ancor peggio potrebbe andare all’Spd, uscito già a pezzi dal voto bavarese (dal 20,6% al 9,7% con un -10,9%), in Assia potrebbe calare dal 30,7% al 23%.

Questi due banchi di prova a livello di Land insidiano la stabilità, già precaria, della Große Koalition a livello federale. Ma per l’Assia tutti sono disposti a mettere le polveri sotto il tappeto e sotterrare l’ascia di guerra. La rimozione del ministro degli Interni Horst Seehofer, dopo il fiasco della Csu alle elezioni in Baviera, è per ora sospesa, rimandata a dopo Hessen, per non creare turbolenza e mettere in difficoltà l’Unione gemella. Anche la leadership di Andrea Nahles è sotto accusa all’Spd ma lasciare la GroKo ora vorrebbe dire perdere la visibilità che danno i ministri alle Finanze e agli Esteri. Così la batosta della Baviera fa abbassare i toni ai perdenti: il governo della Grosse Koalition deve recuperare la fiducia persa, ha detto Angela Merkel, commentand­o i risultati delle urne bavaresi. Basta litigi, le ha fatto eco il segretario generale Cdu Annegret Kramp-Karrenbaue­r, che ambisce al posto di cancellier­a. Anche sul fronte Cdu, il 37,2% finale ha rinvigorit­o chi temeva il peggio: fiducia al momento rinnovata a Markus Söder, ministro-presidente in pectore della Baviera e segretario generale del partito che ieri ha promesso di mettersi subito al lavoro per formare al più presto un governo di coalizione, dall’alto del suo 37,2% e 85 seggi. Se la scelta dovesse ricadere sul fratello minore FW, Freien Wähler, che ha ottenuto consensi all’11,6% (+2,6% dal 2013) e 27 seggi, la maggioranz­a di 103 su 205 sarebbe raggiunta senza riconoscer­e ai Verdi l’onore della vittoria, come unico partito ad aver raddoppiat­o il voto dal 2013.

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