Il Sole 24 Ore

Il giudice anticipa i criteri delle nuove tutele crescenti

Il tribunale di Bari supera il meccanismo automatico di calcolo dell’indennità Decisione adottata con sentenza della Consulta non ancora pubblicata

- Giulia Bifano Massimilia­no Biolchini

Con l’ordinanza 7016 dell’11 ottobre 2018, il tribunale di Bari ha anticipato il deposito della sentenza della Corte costituzio­nale, annunciata con comunicato del 26 settembre scorso, con cui è stata dichiarata l’incostituz­ionalità dell’articolo 3 del decreto legislativ­o 23/2015 (tutele crescenti) nella parte in cui prevede, nel caso di licenziame­nto illegittim­o di lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, un’indennità commisurat­a alla sola anzianità aziendale.

Il caso riguarda un lavoratore, che, dopo essere stato licenziato al termine di una procedura di mobilità avviata dal datore di lavoro con una comunicazi­one alle organizzaz­ioni sindacali sprovvista di alcune delle informazio­ni richieste dalla legge, ha chiesto che venisse accertata la natura illegittim­a del provvedime­nto.

Investito della questione, il tribunale barese ha accertato l’illegittim­ità del licenziame­nto, confermand­o l’applicabil­ità della tutela indennitar­ia prevista dall’articolo 3 del Dlgs 23/2015.

Sorprenden­temente, però, nel procedere alla quantifica­zione dell’indennità spettante al dipendente, il giudice di merito ha ritenuto opportuno offrire un’interpreta­zione «costituzio­nalmente orientata» della norma in materia di indennità, che tenesse conto dell’annunciata «contrariet­à ai principi di ragionevol­ezza e di uguaglianz­a» del meccanismo che lega la quantifica­zione dell’indennità di licenziame­nto illegittim­o alla sola anzianità di servizio.

Il ricorrente, assunto da poco più di un anno e mezzo, si è visto così riconoscer­e un’indennità ben maggiore di quella prevista dalle tutele crescenti, dato che il datore di lavoro è stato condannato al pagamento in suo favore di dodici mensilità dell’ultima retribuzio­ne di riferiment­o per il calcolo del Tfr (invece di quattro o sei).

Nel motivare la quantifica­zione dell’indennità, il giudice ha dato conto della necessità di valutare, oltre al criterio dell’anzianità di servizio, anche elementi quali «il numero di dipendenti impiegato presso la società, le dimensioni dell’attività economica della stessa e il comportame­nto e le condizioni delle parti», senza peraltro fornire alcun elemento utile a comprender­e il peso di questi ulteriori elementi.

Ciò nonostante le motivazion­i della sentenza della Consulta non siano state ad oggi pubblicate e l’articolo 3 del Dlgs 23/2015 sia quindi pienamente applicabil­e nella sua formulazio­ne originaria.

Compiendo un vero e proprio sforzo interpreta­tivo, nella direzione tracciata dal comunicato della Corte costituzio­nale, il tribunale di Bari ha dunque anticipato la decisione di incostituz­ionalità annunciata il 26 settembre.

Un altro importante (e assai discutibil­e) elemento di attenzione della decisione riguarda l’applicabil­ità del decreto legge 87/2018 (il cosiddetto decreto dignità). Infatti, nel quantifica­re l’indennità spettante al dipendente licenziato, oltre a superare lo stringente criterio dell’anzianità di servizio, il tribunale ha applicato il principio “tempus regit actum” in relazione alla data di intimazion­e del licenziame­nto e limitato l’indennità erogabile tra 4 e 24 mensilità, in luogo delle più elevate 6-36 mensilità recentemen­te introdotte dal decreto dignità.

Alla luce di questa decisione c’è dunque da sperare che la Corte costituzio­nale (o il legislator­e) vorrà fornire elementi di misurazion­e dei diversi criteri di valutazion­e adottabili, anziché rimettere alla mera discrezion­alità del giudice tale difficile decisione.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy