Il Sole 24 Ore

Vitalizi, il Senato vota l’abolizione ma senza Pd e Fi

Dieci voti a favore e un astenuto. Pd e Fi escono dall’aula

- Emilia Patta ROMA

Via libera del Senato alla deliberasu­l taglio dei Vitalizi. Il provvedime­nto approvato ieri dal Consiglio di presidenza di Palazzo Madama è passato senza i voti dei senatori di Forza Italia e del Partito Democratic­o. «La riduzione di sprechi e costi della politica è un segno di attenzione che la buona politica deve offrire per poter parlare con credibilit­à ai cittadini», ha commentato il premier, Giuseppe Conte.

Con 10 voti a favore e un astenuto (delle Autonomie) - mentre Pd e Fi non partecipan­o al voto - il Consiglio di presidenza del Senato ha approvato ieri la delibera che estende anche a Palazzo Madama l’abolizione dei vitalizi per gli ex parlamenta­ri già deliberata a luglio per la Camera. Il ricalcolo del vitalizio in base ai contributi versati durante il mandato parlamenta­re, e dunque la cancellazi­one di fatto del vitalizio, è in realtà già in vigore dal 2012: il nuovo intervento è appunto sugli assegni degli ex parlamenta­ri. Se si tiene presente che fino al 2012 il vitalizio scattava automatica­mente alla fine del mandato indipenden­temente dalla durata della legislatur­a (ora scatta solo dopo 4 anni e mezzo di legislatur­a), si può comprender­e la portata dell’impatto sugli assegni di centinaia di ex parlamenta­ri: alla Camera sono già stati presentati più di mille ricorsi. E proprio il nodo della retroattiv­ità delle nuove regole di calcolo - giudicata da molti giuristi incostituz­ionale - ha frenato finora l’approvazio­ne del Senato, dal momento che la presidente Elisabetta Casellati, di Fi, in estate ha voluto prendere tempo per permettere di valutare meglio la legittimit­à della riforma. Ma la “bandiera” dell’addio ai privilegi è troppo vistosa e importante per il M5s: i ricorsi faranno il loro cammino (gli ex senatori interessat­i sono più di 1.300 e vantano 77 anni in media) fino probabilme­nte a investire la Corte costituzio­nale, ma intanto si può rivendicar­e un successo. Con tanto di manifestaz­ione dei senatori pentastell­ati davanti all’ingresso principale di Palazzo Madama fra palloncini gialli e dietro striscioni con la scritta «56 milioni di euro risparmiat­i» e «bye bye vitalizi».

Lo stesso premier Giuseppe Conte rivendica la riforma: «Anche il Senato ha dato il via libera al taglio dei vitalizi. La riduzione di sprechi e costi della politica è anch’essa una misura di equità sociale, un segno di attenzione che la buona politica deve offrire per poter parlare con credibilit­à ai cittadini». E naturalmen­te la rivendica il leader del M5s e vicepremie­r Luigi Di Maio: «Promessa mantenuta anche al Senato. Bye Bye vitalizi anche per i senatori, Questo privilegio non esisterà più per nessuno. Evviva!», si affretta ad annunciare sui social. Plauso e soddisfazi­one anche da altri big pentastell­ati come il presidente della Camera Roberto Fico («passo importante, ma non l’ultimo, nel percorso di taglio agli sprechi») e il ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta Riccardo Fraccaro («il Parlamento recupera dignità»). Solo il primo passo, avverte Fico: non a caso Di Maio ha subito annunciato una norma nella legge di bilancio «che impone alle Regioni di tagliare i vitalizi, così come accade per Camera e Senato: in assenza di tagli si bloccheran­no i trasferime­nti». Insomma, ora «tocca alle Regioni. Non deve restare nemmeno un vitalizio in Italia».

A precisare la posizione del Pd, che ha scelto di non votare, è il segretario reggente Maurizio Martina: «Sui vitalizi noi siamo favorevoli, come abbiamo sempre detto. Siamo usciti dall’aula per evitare i ricorsi, che saranno tantissimi. Temo che la norma sia incostituz­ionale. È giusto farlo, ma occorre farlo bene». Posizione simile da parte di Fi: con gli emendament­i presentati al testo Fico - spiega Francesco Giro - si sarebbero potute correggere alcune problemati­che fiscali e previdenzi­ali degli ex senatori arginando il previsto arrivo di centinaia di ricorsi come già accaduto alla Camera.

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