Ai cantieri 3,4 miliardi nel 2019 Ridotti gli incentivi per «4.0»
Proroga al ribasso per l’iperammortamento, stop al «super» - Dal bilancio statale 15,4 miliardi aggiuntivi in tre anni, fondo infrastrutture raddoppiato - Riforma appalti a novembre
Il governo gialloverde conferma di puntare sul rilancio degli investimenti pubblici per sostenere la crescita e nel Documento programmatico di bilancio trasmesso a Bruxelles mette su carta le risorse aggiuntive da erogare nel triennio: per le opere «nazionali» 2.187 milioni nel 2019, 3.019 nel 2020 e 3.503 nel 2021; per le opere «locali» 1.276 milioni nel 2019, 2.642 nel 2020 e 2.919 nel 2021.
In questi finanziamenti a Regioni, province e comuni sono comprese anche le risorse sbloccate con l’accordo in conferenza StatoRegioni di lunedì che sblocca 4,2 miliardi. In totale, per il 2019 ci saranno 3,4 miliardi aggiuntivi, per il 2020 5,6 miliardi, per il 2021 6,4 miliardi.
Nel triennio 15,4 miliardi aggiuntivi che la legge di bilancio dovrebbe consentire di attivare tutti subito. Bisognerà leggere con attenzione norme e tabelle della legge di bilancio ma questa è stata la prassi degli ultimi anni. I fondi saranno cioè impegnabili o appaltabili subito, anche se le erogazioni dovranno poi seguire il cadenzamento previsto per anno. Soprattutto per le opere maggiori - dove il cantiere dura più anni - questo consente di avviare subito le risorse utilizzabili poi su una cadenza pluriennale.
Queste risorse dovrebbero andare a potenziare il fondo infrastrutture di Palazzo Chigi che può contare su 5.115 milioni per il 2019, 5.180 milioni per il 2020 e 5.180 per 2021, complessivamente 15,4 miliardi. Quindi in sostanza, il governo raddoppia le risorse disponibili senza contare che ci sono da spendere ancora circa 2450 milioni delle annualità 2017-2018.
Partita diversa è quella che potrebbe essere attivata - questo almeno l’auspicio del governo che ha riunito la scorsa settimana la cabina di regìa - dall’accelerazione dei piani di investimento delle società partecipate dallo Stato. Qui fare cifre non è possibile anche se da varie voci del governo si era parlato di una cifra intorno agli otto miliardi.
Resta il nodo delle regole. Ieri il vicepremier Matteo Salvini, parlando all’assemblea dell’Ance, ha detto che la riforma degli appalti dovrebbe arrivare a novembre. A questo testo sta lavorando, in coordinamento con Palazzo Chigi, il ministro delle infrastrutture, Danilo Toninelli, che pure ieri dallo stesso palco ha confermato il varo a breve delle norme.
Nella manovra anche il fronte degli investimenti privati che è invece costituito da un mix di interventi di segno diverso. All’abolizione dell’Ace (aiuto alla crescita economica) si risponde con la mini-Ires per gli utili reinvestiti per macchinari e assunzioni stabili, ma solo a patto che siano incrementali rispetto ai costi sostenuti nel 2018. Al tempo stesso però si modifica, riducendone la portata, il programma di maxi-ammortamenti per l’acquisto o il leasing di beni strumentali. Il superammortamento, che incentiva la spesa in macchinari tradizionali, si fermerà a fine anno. Sarà invece prorogato l’”iper” che oggi consente la maggiorazione dell’ammortamento del 150% ( quindi costo ammortizzabile totale del 250%) per beni legati alla digitalizzazione 4.0.
Una delle tabelle del Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles segnala la proroga per il 2019, ma con costo ammortizzabile totale del 175% (quindi con maggiorazione limitata al 75%). Il beneficio sui software scenderebbe dal 140% al 120%. La netta riduzione sui macchinari digitali dovrebbe essere una media dello schema digressivo ideato per favorire di più gli investimenti di taglia inferiore (quindi, in genere, quelli delle Pmi). Le aliquote dello schema sarebbero scese dalle quattro inizialmente ipotizzate a tre: “iper” al 250% fino a 2,5 milioni, 200% fino a 10 milioni, 150% fino a 20 milioni.
Ma le aliquote non sono l’unica incognita. Dopo il consiglio dei ministri il governo ha annunciato sgravi fiscali per l’assunzione (probabilmente a tempo) di manager che si dedicano all’innovazione. Una misura che potrebbe sostituire il credito di imposta per la formazione 4.0, in scadenza a fine anno.