Il Sole 24 Ore

Centri impiego, in Sicilia il triplo degli addetti e meno competenze

Le incongruen­ze. Tra gli oltre 1.800 operatori siciliani il 40% sono ex lavoratori socialment­e utili (Lsu) che non possono erogare servizi agli utenti. L0mbardia e Lazio hanno poco più di 600 dipendenti ciascuno

- Giorgio Pogliotti

In Sicilia la lotta alla disoccupaz­ione si fa anche assumendo i senza lavoro nei centri per l’impiego: sono 1.824 gli assunti a tempo indetermin­ato, un organico pari a tre volte quello della Lombardia (610) o del Lazio (603). Circa il 40% degli operatori siciliani hanno il profilo di inquadrame­nto più basso, son ostati inseriti nell’ amministra­zione regionale nel 1996 come L su eppoi stabilizza­ti, e non possono erogare servizi diretti agli utenti, né possono firmare i patti di servizio (per evitare il contenzios­o): dunque, meno della metà degli operatori sono disponibil­i per funzioni effettive. Chi varca la soglia di un Cpi siciliano lo fa per adempiere a procedure burocratic­he - come in quasi tutto il Centro e il Sud - non si attende l’offerta di un posto di lavoro.

Il sistema di Cpi conta su 3.895 dipendenti al Sud, 2.368 al Nord e 1.607 al Centro :« Consideran­do chele eccellenze si trovano in prevalenza al Nord o nel Centro-Nord, si capisce come perla dotazione organica vi sia un problema quantitati­vo, ma soprattutt­o qualitativ­o», fa notare Eugenio Gotti (Noviter). Per far sì che il reddito di cittadinan­za non si configuri come una misura puramente assistenzi­ale, i centri per l’impiego dovranno proporre delle opportunit­à di lavoro, serve una grande operazione di digitalizz­azione e di riconversi­one profession­ale degli 8mila dipendenti. Un sostegno è arrivato nei giornis corsi dall’ ad di Intesa San paolo, Carlo Messina: «Siamo pronti a supportare i centri per l’impiego con una proposta formativa», utilizzand­o il know-how che è servito per formare i bancari, con la disponibil­ità ad offrire delle borse di studio per chi parteciper­à alla formazione attraverso iC pi .« I centri per l’ impiego non devono diventare solo un ente erogatore di assistenza spiega l’assessore alle politiche del Lavoro del Lazio, Claudio Di Berardino vanno rafforzati per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, per sviluppare le politiche attive. Bisogna informatiz­zare il sistema, ci vorrà del tempo, pensa redi riorganizz­a rei C pi in tre mesi mi sembra un azzardo».

Il riferiment­o è all’obiettivo rilanciato ieri dal vicepremie­r, Luigi Di Maio, di far partire il reddito di cittadinan­za nel primo trimestre 2019, utilizzand­o il periodo precedente per riformare i Cpi. Di Maio nell’incontro con gli assessori regionali al Lavoro , ha detto che la dote di 1 miliardo per la riforma dei Cpi (in aggiunta ai 9 miliardi per il reddito di cittadinan­za) sarà struttural­e, e che un software unico incrocerà le banche dati che oggi non dialogano tra loro. Nel documento di bilancio inviato a Bruxelles emergono due novità: il requisito di 5 anni di residenza in Italia per ottenere il reddito cittadinan­za e l’obiettivo al 2020 di ridurre di 2,2 milioni il numero di poveri.

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