La svolta di Quercus al test dei sottoscrittori
Dopo l’uscita di Gamberale e la nomina di Barker via al voto sulla governance
Nelle prossime settimane i sottoscrittori dei fondi Quercus saranno chiamati a esprimersi sulla nuova governance della lussemburghese Quercus Assets Selection (Qas), società di gestione di cinque comparti specializzati sulle energie rinnovabili creata e guidata da Diego Biasi. Lo scorso 29 settembre, infatti, il cda ha deciso la sostituzione del presidente Vito Gamberale con Gregory Barker, ex ministro britannico dell’Energia (già vicepresidente di Qas dal 2017) ma anche attuale presidente della En+, holding del magnate russo Oleg Deripaska, colpito dalle sanzioni Usa. E’ stato l’ultimo atto di una dialettica, tra Biasi e Gamberale, iniziata lo scorso gennaio – dopo oltre due anni vissuti in sintonia - e poi cresciuta di mese in mese nei toni, seppur sotto traccia. L’ex numero uno di Autostrade e di F2i era diventato presidente di Qas nel luglio 2015, quando Biasi aveva già lanciato due fondi per 130 milioni. Complici la Brexit (con la forte svalutazione della sterlina) e alcuni interventi normativi retroattivi in Romania la performance di uno dei due comparti, il Qre II (chiuso a quota 108 milioni), è stata fino ad oggi inferiore ai target annunciati agli investitori con un dividendo medio annuo di poco superiore al 2% contro una promessa del 6%. Sul fronte opposto viene osservato che redditività e recuperabilità di investimenti simili vanno valutate sull’orizzonte temporale del fondo, almeno 15 anni.
Tra i sottoscrittori del Qre II figurano Casse di previdenza di categoria (tra cui biologi e chimici), Casse del Centro Italia e il fondo pensione Banco di Roma: alcuni di loro, in ogni caso, avrebbero investito anche nei tre nuovi fondi lanciati nel 2015, che stanno distribuendo cedole superiori ai target. Grazie agli ultimi comparti, che per ora hanno raccolto 200 milioni su un obiettivo di 500, Quercus punta a diventare leader in Europa sulle rinnovabili. Il confronto tra Biasi e Gamberale è iniziato lo scorso gennaio, quando quest’ultimo ha inviato al Ceo una lettera in cui contestava – appellandosi all’interesse degli investitori – vari aspetti della governance di Quercus legati, tra gli altri, alla gestione e alle procedure di controllo interno, arrivando a dimettersi dalla presidenza, lo scorso 16 giugno, in disaccordo con «lo stile di management». Pochi giorni dopo, tuttavia, Gamberale ha cambiato idea. Lo ha fatto perché Biasi si era impegnato a valutare la proposta di partnership strategica, sugli asset italiani, di un fondo francese di venture capital, portata dall’ex ad di F2i come una grande opportunità di crescita. Il fondo francese, che in portafoglio ad oggi non ha alcun investimento sulle rinnovabili, a settembre ha presentato un’offerta che puntava invece a rilevare da Biasi l’intera società di gestione italiana di Quercus e dunque di profonda discontinuità. La proposta è stata rifiutata e contemporaneamente si è consumata la definitiva uscita di Gamberale. Nei giorni successivi, Quercus ha annunciato una joint venture da 400 milioni con la Rf Capital della famiglia australiana Roberts - che in patria ha già stretto un accordo con Pizzarotti – sulle cui prospettive, tra gli addetti ai lavori, i dubbi non mancano.