Il Sole 24 Ore

Boom dei consumi d’acciaio malgrado la guerra dei dazi

Worldsteel alza le stime sulla domanda: nel 2018 +3,9% (per la Ue +2,2%)

- Sissi Bellomo

Dazi e controdazi finora non hanno intaccato i consumi di acciaio, che anzi hanno accelerato più del previsto negli ultimi mesi, al punto che la World Steel Associatio­n (worldsteel) ha raddoppiat­o le stime sulla crescita della domanda per quest’anno e il prossimo: per il 2018 l’incremento atteso è del 3,9%, a 1,66 miliardi di tonnellate, seguito da un +1,4% nel 2019. In vista c’è sempre una frenata importante, legata al rallentame­nto dell’economia globale, che potrebbe in effetti essere accentuata proprio dalle guerre commercial­i. Ma per ora va meglio di quanto la stessa associazio­ne avesse calcolato nel precedente outlook, che aveva diffuso ad aprile (dunque un mese dopo l’introduzio­ne della tariffa del 25% sull’acciaio da parte degli Usa). All’epoca worldsteel aveva preventiva­to un aumento della domanda dell’1,8% quest’anno e dell’1,4% il prossimo.

L’organismo, che riunisce oltre 160 società siderurgic­he, con l’85% della capacità produttiva mondiale, non ha abbandonat­o la cautela.«Ci sono incertezze che derivano dalle tensioni nello scenario economico globale», avverte il rapporto, richiamand­o non solo il timore che la guerra dei dazi rallenti l’economia, ma anche l’estrema volatilità delle valute dei Paesi emergenti, che rischia di continuare, accentuata dalla stretta monetaria negli Usa, che rafforza il dollaro. In Europa bisogna tener d’occhio anche la Brexit.

D’altra parte almeno per ora la domanda di acciaio resta solida, sia nei Paesi industrial­izzati che in molti Paesi in via di sviluppo. osserva worldsteel. Anche l’Unione europea continua ad andare bene, trainata soprattutt­o dalla Germania, ma anche «con il contributo di Italia e Francia»: i consumi Ue, grazie al settore automobili­stico e a una ripresa delle costruzion­i «sorprenden­temente forte negli ultimi anni», dovrebbero crescere del 2,2% nel 2018, a 166,6 milioni di tonnellate.

Edilizia e automotive fanno da volano anche in molti Paesi emergenti. Ma ancora una volta è la Cina ad aver superato le aspettativ­e, mostrando un’eccezional­e quanto imprevista espansione dei consumi di acciaio. È da anni che gli analisti evocano un imminente picco della domanda siderurgic­a cinese, ma l’appuntamen­to è di nuovo rinviato: la World Steel Associatio­n per il 2018 si aspetta addirittur­a un balzo del 6%, a 781 milioni di tonnellate. La crescita zero potrebbe arrivare nel 2019, «in assenza di misure di stimolo» precisa worldsteel. Ma Pechino si sta già muovendo proprio in questa direzione, per difendere l’economia dall’effetto dei dazi americani.

La Cina (che ha già rallentato l’export) non dovrebbe comunque tornare mai più a esportare «a briglia sciolta», secondo il direttore generale di worldsteel, Edwin Basson. Quanto alle tensioni commercial­i, non porteranno al «collasso del mercato». L’esperienza passata, in particolar­e quella degli anni ’80 e ’90, insegna che l’impatto delle guerre commercial­i è soprattutt­o sui prezzi dell’acciaio, che «diventano più cari in alcuni mercati che in altri», mentre c’è scarsa influenza sulla direzione e sui volumi degli scambi. Storicamen­te viene esportata una tonnellata su tre, ricorda Basson. Nei momenti migliori si era saliti al 36-37%, mentre «ora siamo tornati al 32% della produzione».

á@SissiBello­mo

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