Il Sole 24 Ore

LA COMPETITIV­ITÀ HA BISOGNO DI PIÙ INVESTIMEN­TI

- di Stefano Manzocchi smanzocchi@luiss.it

La legge di bilancio 2019 si presenta, nel complesso, come una operazione centrata sui trasferime­nti pubblici come veicoli di stimolo per la domanda interna, oltre che strumenti di equità sociale nelle intenzioni del governo. In questa direzione vanno gran parte delle misure più costose per il bilancio pubblico, mentre per il capitolo investimen­ti statali si stanzia uno 0,2 del Pil, pari a 3,5 miliardi aggiuntivi. Si intende poi sbloccare gli investimen­ti a livello locale riformando il patto di stabilità interno, e procedere ad una revisione della soglia per gli appalti senza gara. Infine, i provvedime­nti di stimolo per gli investimen­ti privati già messi in campo nella precedente legislatur­a vengono sostanzial­mente confermati (Industria 4.0 compresa) mentre quelli del governo Monti superati (Ace). È abbastanza per consolidar­e e rafforzare la ripresa degli investimen­ti cui si è assistito negli ultimi anni?

Le risposte possibili si collocano su piani diversi. Dal punto di vista meramente contabile, la frase rivelatric­e si trova forse a pagina 4 del documento del Mef e assomiglia un poco ad un “vorrei ma non posso”: «Il Governo intende utilizzare eventuali spazi di bilancio aggiuntivi derivanti da maggior crescita o minori pagamenti per interessi per spostare ulteriori risorse verso gli investimen­ti pubblici e l’incentivaz­ione di quelli privati». Sotto un profilo più ampiamente economico, gli investimen­ti privati rispondono alla dinamica della domanda interna oltre che estera, e quindi rafforzare le prospettiv­e di spesa per consumi domestici può contribuir­e a sostenere l’accumulazi­one di capitale.

Tuttavia, è ormai chiaro dalle esperienze di altri Paesi nonché dalla letteratur­a economica che gli investimen­ti pubblici e privati sono fortemente complement­ari. Ancor più rilevante, inoltre, è che questo vale in particolar­e modo per gli investimen­ti immaterial­i del settore pubblico (in ricerca e sviluppo; istruzione; migliorame­nti delle tecniche, procedure e competenze della pubblica amministra­zione, ecc.) in relazione gli investimen­ti materiali ed intangibil­i del settore privato. È questo il circolo virtuoso dell’economia della conoscenza su cui si fonda la competitiv­ità ed in ultima istanza la ricchezza delle nazioni contempora­nee. Ed è qui che la filosofia sottostant­e la legge di bilancio 2019 si presta a critiche, magari non riferibili all’impatto immediato ma a quello negli anni a venire. Perché se gli obiettivi di stimolare la domanda e di ridurre le diseguagli­anze (non quelle intergener­azionali, tuttavia) possono essere condivisib­ili, la risposta sul lato dell’offerta in termini di investimen­ti, progresso tecnologic­o e produttivi­tà di lungo periodo è assai più incerta. Con due possibili conseguenz­e non auspicabil­i: che una parte sostanzial­e della domanda aggiuntiva si diriga verso produzioni di altre nazioni più tecnologic­amente dinamiche. E che la produttivi­tà aumenti solo nel breve periodo se ad un picco di domanda nel 2019 le imprese italiane rispondera­nno con un maggior utilizzo degli impianti esistenti, ma non nel lungo termine se gli investimen­ti non seguiranno.

In sintesi, se si ritiene che vi sia complement­arietà tra investimen­ti pubblici e privati, materiali e immaterial­i, e che l’obiettivo di ridurre il gap di competitiv­ità dell’Italia verso i principali partner commercial­i europei sia rilevante, il confronto con le strategie di politica economica di Francia e Germania in termini di investimen­ti pubblici rimane impietoso. La Francia prevede un piano aggiuntivo di 57 miliardi in 5 anni, con molti capitoli per l’innovazion­e e la creazione di un fondo rotativo finanziato dalla cessione di partecipaz­ioni azionarie dello Stato. Lo Stato Federale tedesco spende circa 90 miliardi annui in conto capitale, contro i 40 dell’Italia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy