Pace fiscale, aumento del 20% sulle sanzioni amministrative
Stretta per evitare la fuga dalle dichiarazioni in scadenza a fine mese Per i reati tributari non ci sarà un intervento all’interno della manovra
L’annunciato giro di vite delle sanzioni amministrative, come ad esempio il 20% in più in caso di omessa dichiarazione, è uno degli stimoli messi in campo per accompagnare la pace fiscale ad otto vie prevista dal decreto approvato lunedì in Consiglio dei ministri. Uno stimolo che agisce sull’immediato futuro perché l’annuncio della pace fiscale è arrivato proprio a ridosso della scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi 2018 (il termine è il 31 ottobre). Per i tanti contribuenti in attesa di uno sconto sostanzioso anche sull’ultimo anno d’imposta da denunciare (ossia il 2017) ci sarà lo spauracchio di sanzioni più pesanti. A cominciare proprio dall’omessa dichiarazione. Oggi per questo tipo di violazione, la sanzione varia dal 120% al 240% delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro. Domani, questi importi potrebbero salire del 20 per cento.
L’inasprimento delle sanzioni potrebbe essere accompagnato dalla possibilità di prevedere una chiusura immediata o la sospensione dell’attività se il contribuente evade. Anche perché per almeno un milione e mezzo di partite Iva l’altro ramo della manovra porterà in dote la flat tax al 15% con il Ddl di Bilancio.
Intanto, però, fonti vicine al M5S hanno fatto sapere ieri che l’annunciato inasprimento dei reati tributari non avverrà né all’interno del Ddl di Bilancio (perché la manovra non può contenere disposizioni ordinamentali) né nel decreto fiscale (anche perché il tetto massimo annuale dell’integrativa è ben lontano dalle attuali soglie oltre cui può scattare il reato), ma servirà un altro provvedimento.
Le prime indicazioni presentate dal Governo gialloverde lunedì sera in Consiglio dei ministri hanno fatto capire che i contribuenti interessati potranno presentare una dichiarazione a sfavore denunciando all’ amministrazione finanziaria gli importi non dichiarati negli anni d’ imposta senza il pagamento di sanzioni e interessi. Ma con la possibilità di andare a intaccare anche una quota del capitale, ossia dell’imposta. Con limiti ben precisi. In primo luogo, alla sanatoria non potrà essere ammesso chi non ha presentato del tutto la dichiarazione. Poi l’imponibile sanabile non potrà essere superiore a un terzo di quanto dichiarato l’anno precedente entro un massimo integrabile di 100mila euro annui. A conti fatti, chi ha dichiarato 400mila euro potrà integrare solo fino a 100mila euro per l’anno interessato e non su tutti i 133.333 euro. Sull’ importo fatto emergere si dovrà applicare un’ imposta sostitutiva( più che unaflattax) del 20% di Irpef, addizionali regionali e comunali, o dell’Ires e dell’Irap. Ma non dell’Iva (salvo clamorose sorprese) visto che è un tributo proprio della Ue sulla quale l’Italia ha già subito sentenze di condanna con i condoni di Tremonti per la rinuncia al recupero dell’imposta.
Ma la pace fiscale non è solo la dichiarazione integrativa. Tra le otto vie della sanatoria (si veda anche la scheda a lato) c'è anche la definizione agevolata degli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e di liquidazione e degli atti di recupero notificati entro la data di entrata in vigore del decreto fiscale a condizione che non siano stati impugnati e che siano ancora impugnabili. Una sanatoria che, però, taglia fuori tutti gli atti degli uffici dell'agenzia delle Entrate relativi a entrambe le edizioni della voluntary disclosure. Preclusione che riguarda anche gli eventuali atti emessi qualora la procedura di rientro dei capitali o di sanatoria non si sia perfezionata.