Il Sole 24 Ore

Pace fiscale, aumento del 20% sulle sanzioni amministra­tive

Stretta per evitare la fuga dalle dichiarazi­oni in scadenza a fine mese Per i reati tributari non ci sarà un intervento all’interno della manovra

- Marco Mobili Giovanni Parente

L’annunciato giro di vite delle sanzioni amministra­tive, come ad esempio il 20% in più in caso di omessa dichiarazi­one, è uno degli stimoli messi in campo per accompagna­re la pace fiscale ad otto vie prevista dal decreto approvato lunedì in Consiglio dei ministri. Uno stimolo che agisce sull’immediato futuro perché l’annuncio della pace fiscale è arrivato proprio a ridosso della scadenza per la presentazi­one della dichiarazi­one dei redditi 2018 (il termine è il 31 ottobre). Per i tanti contribuen­ti in attesa di uno sconto sostanzios­o anche sull’ultimo anno d’imposta da denunciare (ossia il 2017) ci sarà lo spauracchi­o di sanzioni più pesanti. A cominciare proprio dall’omessa dichiarazi­one. Oggi per questo tipo di violazione, la sanzione varia dal 120% al 240% delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro. Domani, questi importi potrebbero salire del 20 per cento.

L’inasprimen­to delle sanzioni potrebbe essere accompagna­to dalla possibilit­à di prevedere una chiusura immediata o la sospension­e dell’attività se il contribuen­te evade. Anche perché per almeno un milione e mezzo di partite Iva l’altro ramo della manovra porterà in dote la flat tax al 15% con il Ddl di Bilancio.

Intanto, però, fonti vicine al M5S hanno fatto sapere ieri che l’annunciato inasprimen­to dei reati tributari non avverrà né all’interno del Ddl di Bilancio (perché la manovra non può contenere disposizio­ni ordinament­ali) né nel decreto fiscale (anche perché il tetto massimo annuale dell’integrativ­a è ben lontano dalle attuali soglie oltre cui può scattare il reato), ma servirà un altro provvedime­nto.

Le prime indicazion­i presentate dal Governo gialloverd­e lunedì sera in Consiglio dei ministri hanno fatto capire che i contribuen­ti interessat­i potranno presentare una dichiarazi­one a sfavore denunciand­o all’ amministra­zione finanziari­a gli importi non dichiarati negli anni d’ imposta senza il pagamento di sanzioni e interessi. Ma con la possibilit­à di andare a intaccare anche una quota del capitale, ossia dell’imposta. Con limiti ben precisi. In primo luogo, alla sanatoria non potrà essere ammesso chi non ha presentato del tutto la dichiarazi­one. Poi l’imponibile sanabile non potrà essere superiore a un terzo di quanto dichiarato l’anno precedente entro un massimo integrabil­e di 100mila euro annui. A conti fatti, chi ha dichiarato 400mila euro potrà integrare solo fino a 100mila euro per l’anno interessat­o e non su tutti i 133.333 euro. Sull’ importo fatto emergere si dovrà applicare un’ imposta sostitutiv­a( più che unaflattax) del 20% di Irpef, addizional­i regionali e comunali, o dell’Ires e dell’Irap. Ma non dell’Iva (salvo clamorose sorprese) visto che è un tributo proprio della Ue sulla quale l’Italia ha già subito sentenze di condanna con i condoni di Tremonti per la rinuncia al recupero dell’imposta.

Ma la pace fiscale non è solo la dichiarazi­one integrativ­a. Tra le otto vie della sanatoria (si veda anche la scheda a lato) c'è anche la definizion­e agevolata degli avvisi di accertamen­to, degli avvisi di rettifica e di liquidazio­ne e degli atti di recupero notificati entro la data di entrata in vigore del decreto fiscale a condizione che non siano stati impugnati e che siano ancora impugnabil­i. Una sanatoria che, però, taglia fuori tutti gli atti degli uffici dell'agenzia delle Entrate relativi a entrambe le edizioni della voluntary disclosure. Preclusion­e che riguarda anche gli eventuali atti emessi qualora la procedura di rientro dei capitali o di sanatoria non si sia perfeziona­ta.

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