I troppi rischi dell’ennesima imposta sostitutiva
La prospettata previsione di una dichiarazione integrativa speciale, ammissibile fino al terzo di quanto dichiarato con l’ulteriore limite quantitativo di 100mila euro, a cui applicare un’imposta sostitutiva al 20%, può generare problematiche da valutare attentamente.
La prima questione è comprendere la “latitudine” dell’imposta sostitutiva, ossia quali sono le imposte destinate a essere sostituite. La problematica più rilevante è quella dell’Iva, per la quale vanno fatte riflessioni non solo nell’ottica unionale, ma anche per le disomogeneità che si creerebbero a seconda che l’integrazione venga svolta da un imprenditore o da un soggetto “privato”. C’è poi la questione delle società di persone e dei soci, che vengono ordinariamente assoggettati a imposizioni diverse, ma che risultano legati dal vincolo della trasparenza.
Ma, più in generale, ha senso assoggettare i nuovi imponibili a un’imposta sostitutiva (l’ennesima, che rende ancora più frammentaria la progressività dell’Irpef) quando i redditi “a monte” sono stati assoggettati a imposte ordinarie? Questo potrebbe portare anche a problematiche in sede di successivo controllo.
Infine la tempistica: annunciare una sanatoria quando ci sono dichiarazioni ancora da presentare non è un’idea molto brillante.