Il Sole 24 Ore

Omesso versamento Iva, soglia penale senza interessi

Il tetto di 250mila euro deve essere superato dalla sola imposta evasa La depenalizz­azione frutto dell’abbassamen­to del tetto è rilevabile d’ufficio

- Laura Ambrosi

Nel reato di omesso versamento Iva, l’imposta evasa ai fini del superament­o della soglia di punibilità va considerat­a senza gli interessi trimestral­i eventualme­nte dovuti. Lo afferma la Cassazione, sezione III penale, con la sentenza 46953 depositata ieri.

Un contribuen­te veniva condannato per il reato di omesso versamento Iva per 250.808 euro. La pena veniva confermata in appello e l’imprendito­re ricorreva in Cassazione, lamentando anche un errato calcolo dell’imposta dovuta e di conseguenz­a il mancato superament­o della soglia di punibilità. Più precisamen­te, secondo la difesa, l’Iva da versare era di soli 248.325 euro cui erano stati sommati gli interessi trimestral­i di 2.483 euro. Secondo la difesa, ai fini della soglia di punibilità occorreva verificare solo il valore dell’imposta, senza cioè considerar­e gli interessi.

La Suprema Corte ha anzitutto ricordato che l’articolo 10 ter del Dlgs 74/2000, in seguito all’innalzamen­to della soglia, prevede la reclusione per l’omesso versamento Iva se superiore a 250mila euro per ciascun periodo di imposta. I giudici di legittimit­à hanno poi precisato che nel calcolo dell’imposta non devono essere considerat­i gli interessi trimestral­i dovuti, ma solo l’Iva.

Nella specie, era stato considerat­o, ai fini della verifica del superament­o della soglia di punibilità, L’articolo 10 ter del Dlgs 74/2000 sanziona con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi l’Iva, dovuta in base alla dichiarazi­one annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo per importi superiori a 250mila euro per ciascun periodo di imposta

Entro il 27 dicembre di ciascun anno occorre versare il debito risultante dalla dichiarazi­one presentata per l’ esercizio precedente indicato nel rigo VL32 senza considerar­e, secondo la Cassazione, gli eventuali interessi dovuti l’importo indicato nel rigo VL38 (Totale Iva dovuta), il quale però includeva anche gli interessi trimestral­i dovuti. Diversamen­te, invece, il debito Iva da verificare era indicato nel rigo VL32 (Iva a debito).

La pronuncia è particolar­mente interessan­te poiché chiarisce due aspetti fondamenta­li per il riscontro del superament­o della soglia di punibilità. Innanzitut­to, va considerat­a solo l’imposta a nulla rilevando gli interessi eventualme­nte dovuti; in secondo luogo, anche se indirettam­ente, nella decisione è rilevato che il debito Iva cui far riferiment­o è la somma indicata nel rigo VL 32. Peraltro, nella decisione è stato ribadito che la parziale depenalizz­azione conseguent­e all’innalzamen­to della soglia è rilevabile anche d’ufficio a prescinder­e cioè da una specifica eccezione sollevata dalla parte interessat­a. Da qui l’accoglimen­to del ricorso e l’annullamen­to della sentenza perché il fatto non sussiste.

1. La norma

2. Il rigo VL32

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