VENTURA: «UNA DINASTIA BASATA SUL LAVORO»
Aottantadue anni suonati Attilio Ventura non rinuncia alla sua torrentizia facondia quando ripercorre la storia dei Foglia in Borsa. È stato agente di cambio dal 1967, associato allo studio di Renato Cantoni e Giuseppe Scandellari. Poi dall'88 al ’92 presidente del Comitato direttivo degli agenti di cambio e dal ’92 al ’95 presidente del Consiglio di Borsa. Ora ha lasciato ogni carica, anche in varie società quotate, ma di Piazza degli Affari ne sa forse più di tutti.
Come ha conosciuto i fratelli Foglia? Giambattista, a sua volta agente di cambio, e Alberto?
Tramite mio padre, alto funzionario pubblico, che aveva avuto rapporti professionali con Antonio Foglia. Quando decisi di entrare in Borsa, Antonio non c’era più, ma lo studio Foglia – in cui lavorava anche un altro pezzo da novanta, Isidoro Albertini – era considerato a ragione il più serio della piazza, l’unico dotato di una vera statura internazionale. Nel ’58 i due fratelli avevano fondato a Lugano la Banca del Ceresio, che si occupava soprattutto di gestioni patrimoniali. Ed entrambi lavoravano tra Milano, Lugano, Londra, New York e Montevideo, sulla scia del padre. A Piazza degli Affari eravamo concorrenti, i Foglia ovviamente su un gradino superiore. Ma io ho più tardi avuto l’onore di associarmi a loro nell’AFV Sim, di cui Giambattista divenne presidente.
Quale era la loro filosofia?
Consci di aver ereditato dal padre un grande nome e un importante patrimonio, non ritenevano morale adagiarsi su questo privilegio. Infatti si sono sempre ispirati al principio di vivere basandosi sul proprio lavoro,
senza intaccare il patrimonio ricevuto.
Come si differenziavano i fratelli?
Il maggiore, Giambattista era il capo riconosciuto della famiglia, legatissimo però ad Alberto, più giovane di 8 anni. Tanto è vero che avevano le loro scrivanie una di fronte all’altra e decidevano tutto in pieno accordo. Quando Giambattista si rese conto che le sue quattro figlie non mostravano alcuna propensione alla finanza, pur con qualche dispiacere ritenne saggio cedere le proprie quote nella Banca al fratello, che aveva con sé i 3 figli maschi.
E qual è oggi la situazione?
Il banchiere David Rockefeller un giorno mi disse che statisticamente alla quarta generazione un fondatore d’impresa ha 27 eredi per cui di solito la catena si interrompe e il comando sfugge di mano.
Il miracolo dei Foglia sta tutto qui: loro stanno arrivando alla quarta generazione (Alberto ha 18 nipoti), ma miracolosamente sono ancora ben uniti. Si vede che il vecchio Antonio aveva seminato bene.