Brexit, la Ue offre alla May un anno di transizione in più
La proroga congelerebbe la questione nordirlandese in attesa del partenariato Nessuna nuova proposta dalla premier britannica Tutto rinviato a novembre
Nell’ambito del Consiglio Ue iniziato ieri sera a Bruxelles, le istituzioni europee hanno ipotizzato di concedere un anno in più al periodo di transizione per l’uscita della Gran Bretagna. In questo modo sarebbe più facile trovare una intesa per la la Brexit. «Abbiamo lavorato molto per arrivare ad un’intesa, ma non ci siamo ancora. Serve molto più tempo», ha detto il capo negoziatore della Ue, Barnier.
Doveva essere un vertice europeo nel quale sancire un pre-accordo con la Gran Bretagna. Rischia di essere un summit segnato da un nuovo, angosciante rinvio. L’uscita del Regno Unito dall’Unione è ormai dietro l’angolo e sul tavolo rimane l’annoso nodo della frontiera irlandese. Nel disperato tentativo di evitare una hard Brexit il prossimo 29 marzo, è spuntata l’ipotesi di prolungare la durata del periodo di transizione. Anche questa soluzione, tuttavia, apre nuove e profonde incertezze.
In un consueto vertice d’autunno qui a Bruxelles, i Ventisette hanno incontrato ieri sera la premier Theresa May per discutere dell’andamento delle trattative. Molti hanno espresso cauto ottimismo, ma è chiaro che i negoziati in questo momento stanno subendo una pausa. Come detto, il nodo è la questione irlandese. Le parti sono d’accordo per evitare il ritorno di un confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord, ma non sono d’accordo sulle modalità da seguire.
Il capo negoziatore comunitario Michel Barnier ha proposto a Londra un allineamento regolamentare tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda in modo da facilitare i flussi commerciali. Per ora, la signora May ha rifiutato questa soluzione per il timore che possa dividere il mercato britannico e forse anche creare i presupposti per una unificazione dell’isola. «Lavorando intensamente possiamo ancora raggiungere una intesa», ha assicurato la signora May arrivando a Bruxelles e prima di incontrare i Ventisette.
Secondo il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, presente all’incontro, nel suo intervento dinanzi ai Ventisette la premier inglese non ha tuttavia proposto soluzioni alternative. Successivamente, i Ventisette si sono riuniti per una cena che a tarda sera era ancora in corso. I capi di Stato e di governo dovevano decidere come proseguire le trattative con Londra. L’obiettivo è sempre di evitare una hard Brexit, una uscita disordinata. Sul tavolo c’è un vertice europeo straordinario a metà novembre che negli auspici dovrebbe essere quello che sancisce l’accordo di divorzio.
Questa settimana è emersa l’idea di allungare di un anno il periodo di transizione, perché duri fino al 31 dicembre 2021, anziché il 31 dicembre 2020, così come stabilito nei mesi scorsi. L’obiettivo sarebbe di rinviare l’applicazione della soluzione europea alla questione frontaliera che a Londra non piace. Nel frattempo, le parti dovrebbero trovare, nella speranza dei negoziatori, un accordo di partenariato che risolverebbe alla radice il nodo irlandese.
Resta che questa ipotesi non è facile da adottare. Prima di tutto è necessario comunque un più generale accordo di divorzio, ratificato dal Parlamento inglese e dal Parlamento europeo. In secondo luogo, allungare di un anno il periodo di transizione provocherebbe poi non poche difficoltà su altri fronti. Prolungare il periodo di transizione fino al 2021 significherebbe infatti oltrepassare la fine dell’attuale bilancio comunitario (2014-2020), e chiedere quindi a Londra di contribuire anche al prossimo bilancio europeo (2021-2027).
Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles ieri sera, nel suo intervento dinanzi ai partner europei, la signora May si è detta pronta a considerare questa ipotesi, ma è rimasta, ha precisato un partecipante, molto cauta. D’altro canto, non sarebbe facile chiedere ai suoi parlamentari ai Comuni di allungare un periodo di transizione che alcuni deputati hanno già definito una forma di vassallaggio perché prevede il rispetto di tutte le regole comunitarie senza poter intervenire nei processi decisionali.