Astaldi, ok al concordato C’è più tempo per il salvataggio
Il cda, affiancato da tre commissari, ha sei mesi per la ristrutturazione Il prossimo passo: un piano di accordo con i creditori che poi andrà in assemblea
Astaldi guadagna cinque mesi per trovare un «cavaliere bianco», cedere assett e rimborsare i creditori. Il Tribunale di Roma ha dato il via libera alla richiesta di presentare una proposta di concordato in continuità aziendale e ha nominato i tre commissari giudiziali che vigileranno sulla gestione: Stefano Ambrosini, Vincenzo Ioffredi e Francesco Rocchi. Dopo la decisione dei giudici il titolo in Borsa ha tentato un rimbalzo ma ha chiuso a -5,5% (0,599 euro). In serata un cda straordinario «ha preso atto con favore della pronuncia del Tribunale» e ha reso noto che sta «procedendo al perfezionamento del piano concordatario». Per la proposta definitiva di concordato c’è tempo fino al 16 dicembre.
Astaldi guadagna sei mesi di tempo per il salvataggio: trovare un «cavaliere bianco», cedere asset e rimborsare i creditori.
Ieri il Tribunale di Roma ha accettato la richiesta di Astaldi, gravata da 2 miliardi di debiti, di concordato in continuità aziendale. La domanda di procedura concorsuale era stata presentata poco più di due settimane fa e finalmente è arrivato il via libera dei giudici. Un sigillo che permette di far partire le trattative per costruire un piano di ristrutturazione dell’azienda. A supervisionare il gruppo di costruzioni tre commissari nominati dal Tribunale: Stefano Ambrosini, Vincenzo Ioffredi e Francesco Rocchi. Non è un vero e proprio commissariamento, come la parola potrebbe far pensare, perché il consiglio di amministrazione rimane in carica (solo la Legge Marzano prevede lo scioglimento del board): il patron Paolo Astaldi resta presidente e sarà lui a tenere in mano le redini dell’azienda e fare il regista del salvataggio.
L’avvio del concordato, che durerà 180 giorni (ma si conta dal momento della richiesta, dunque 19 giorni sono già passati) mette in moto anche il cantiere delle banche. Oggi, infatti, gli istituti di credito esposti con Astaldi, tra i quali UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm e Bnp Paribas, sceglieranno un advisor finanziario e un consulente legale che li rappresenti nella delicata trattativa per il salvataggio del costruttore. Tassello indispensabile per dar seguito a un piano di rilancio sarà la disponibilità di tutti i creditori a fare un sacrificio: rinunciare a una parte del loro credito e a trasformarne un’altra fetta in azioni (che a differenza delle obbligazioni o dei crediti non hanno tutele giuridiche perché sono capitale di rischio). Si vedrà in quali proporzioni i creditori dovranno dire addio ai loro soldi.
Quel che è certo, invece, è che la compagnia ha bisogno urgente di capitale circolante, per tenere in piedi i cantieri, pagare i fornitori e non perdere le commesse. Si parla di una richiesta di nuove linee di credito fino a 250 milioni di euro. Una somma assai rilevante e che le banche non erano disposte a concedere se non all’interno di un piano concreto di risanamento e con sottostante precise garanzie. Tra le quali, peraltro, figurerebbe anche un’effettiva discontinuità nella gestione della società di costruzioni. Dopo il Cda di ieri, che ha approvato all’unanimità la decisione del Tribunale, Paolo Astaldi appare più in sella che mai e pronto a portare avanti il suo piano, arenatosi dopo l’improvisa crisi della Turchia in agosto: cedere il Terzo Ponte sul Bosforo alla cordata cinese che si è fatta avanti, e reperire così liquidità; chiudere l’accordo con i giapponesi di IHI (in predicato di entrare in Cda e rilevare una quota del gruppo italiano) e rilanciare l’azienda.
In questo quadro assai complesso si inserisce peraltro la possibile discesa in campo di Salini Impregilo. Il colosso italiano delle grandi opere ha fatto capire di essere interessato al dossier, ma solo a determinate condizioni: che l’operazione sia finanziariamente sostenibile e che rispetti le strategie di crescita future di Salini Impregilo che guardano all’estero, in particolare a Usa, Australia ed Europa. Le modalità di intervento, in ogni caso, sono ancora tutte da definire. D’altra parte il tavolo formalmente non è ancora stato aperto, complice l’attesa per la decisione del Tribunale. Intanto, però, il patron Pietro Salini si è fatto affiancare da due advisor per studiare il dossier: la banca d’affari Bofa Merill Lynch e la boutique Vitale & co.
In proposito, alcune banche d’affari stanno studiando un progetto che vede coinvolta anche la Cassa Depositi e Prestiti in asse con Salini Impregilo. Cdp ha fatto sapere di non avere il dossier sul tavolo, ma il progetto circola con insistenza tra i consulenti finanziari e le banche.
Il prossimo passo di Astaldi sarà quello di formulare un piano di accordo coi creditori (banche, obbligazionisti e fornitori) che poi andrà votato in assemblea.In teoria il costruttore ha 60 giorni per farlo, ma i tempi potrebbero accorciarsi visto che c’è già una prima scadenza finanziaria il 3 dicembre. E’in calendario il pagamento della cedola semestrale del bond da 700 milioni che scade nel 2020. Non è ancora chiaro se i dividendi rientrino nella massa dei debiti congelati oppure no (e in quest’ultimo caso, se le cedole vadano pagate in toto o se il rateo fino al giorno del concordato venga sospeso).