Tria-banche, dialogo aperto sulla stretta
Gros Pietro (Intesa): occorre analizzare la portata delle misure ma non è stangata
Dialogo aperto tra il ministro per l’Economia, Giovanni Tria, e i rappresentanti del mondo bancario raccolti a Milano in occasione della riunione del comitato esecutivo dell’Abi. Il terreno di confronto è quello sdrucciolevole del giro di vite fiscale nei confronti degli istituti di credito che si prospetta con la manovra finanziaria.
Il ministro Tria ha parlato a lungo, un intervento durato circa un’ora e mezza nel quale solo per pochi minuti si è soffermato sul dente dolente della stretta in arrivo.
Pochi passaggi che, però, sono bastati per trasmettere e ottenere messaggi dal sistema. La consapevolezza sulla posta in gioco è alta, in particolare sui rischi che alcune misure - come la riduzione della deducibilità degli interessi passivi - possano abbattersi in modo importante sul sistema bancario, in particolare sulle banche più deboli magari alla ricerca in queste settimane di investitori per aumenti di capitale, rimandando in questo modo indietro le lancette di un anno e mezzo. In palio non c’è l’avidità di banchieri che vogliono garantirsi profitti alle spalle dei risparmiatori: c’è la tenuta di un sistema bancario che è uscito a fatica dall’avvitamento dei crediti deteriorati e che ora rischia, complice anche un allargamento dello spread Btp/Bund che ormai perdura da mesi, di tornare ad essere il fianco scoperto del paese di fronte ad attacchi speculativi.
Gli interessi passivi sono usciti dalla manovra, ma la voce «interventi fiscali per le banche», con un gettito atteso di 1,2 miliardi nel prossimo triennio, resta. Il sistema bancario sa che dovrà pagare il suo tributo. Per il ministro al contempo è però chiaro che dovrà trattarsi di un percorso sostenibile e non controproducente.
Le due misure che rinviano di otto anni la deducibilità di perdite e svalutazioni su crediti e che spalmano su dieci la deducibilità sulle svalutazioni in base ai principi contabili Ifrs9 solo maldigerite, ma in fondo non viene perso il diritto e non c’è un effettivo impatto finanziario. Non piace al sistema bancario la scelta dell’abolizione dell’Ace, perché la misura rafforzava la patrimonializzazione delle imprese reinvestendo gli utili in azienda. Tria ha però spiegato il senso delle novità: per il governo è cruciale lo sviluppo e la flat tax al 15% per le partite Iva viene considerata una misura in grado di incentivare l’occupazione. Il sistema bancario resta con il fiato sospeso e aspetta il prossimo 20 ottobre, quando verrà depositato il testo della manovra in aula, per avere contezza del proprio destino. Ma resta fiducioso.
«Non è una stangata: ci sono alcuni provvedimenti per i quali dovremo poi vedere quali sono le portate, ma il ministro non si è soffermato su questi aspetti tecnici», ha detto ieri il presidente di IntesaSanPaolo, Gian Maria Gros Pietro. «I correntisti stiano tranquillissimi», ha aggiunto.