Il Sole 24 Ore

Modello europeo su lotta alla povertà e nuovo lavoro

Tridico: il reddito di cittadinan­za non è assistenzi­alismo, misura in linea con le comunicazi­oni. La sfida: «Riattivare la forza lavoro avrà impatto sul Pil»

- Claudio Tucci

In Italia, nel 2017, il 33% della popolazion­e in età lavorativa è senza un impiego, inattivo, in part-time involontar­io o in cerca di una occupazion­e (e non la trova); «è un livello elevato, facciamo peggio anche di Grecia, 32%, Spagna, 31-31,5%, e siamo molto distanti dalla Germania, 12%; a questa fetta importante di persone guarda il reddito minimo condiziona­to, il reddito di cittadinan­za, proposto dall’attuale governo, che ha una duplice finalità, di contrasto alla povertà e di reinserime­nto lavorativo» attraverso un percorso formativo vincolante. Del resto, di reddito minimo, «una misura che ancora manca nel nostro Paese, parla espressame­nte anche la Ue, al punto 14 del documento «Il pilastro europeo dei diritti sociali» del novembre 2017, riconoscen­do, in particolar­e, a questo strumento una duplice finalità: quella di garantire (a chi versa in condizioni di bisogno, ndr) una vita dignitosa e l’accesso a beni e servizi; e per chi può lavorare, combinato con incentivi, la (re)integrazio­ne nel mercato del lavoro».

Alla prima uscita pubblica, dopo il consiglio dei ministri di lunedì che ha acceso semaforo verde alla manovra 2019, è Pasquale Tridico, professore di economia del Lavoro all’università di «Roma Tre» e consulente del vicepremie­r e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, a spiegare le ragioni economiche e giuridiche alla base dell’introduzio­ne (nel primo trimestre del nuovo anno, secondo il cronoprogr­amma delineato da Luigi Di Maio) il reddito di cittadinan­za, misura cardine, anche in passato, dal M5S.

Intervenut­o alla presentazi­one del rapporto Caritas 2018 su povertà e politiche di contrasto in Italia, ieri a Roma - si veda l’articolo in basso -, Tridico ha ribadito che l’intervento allo studio della coalizione gialloverd­e «non è assistenzi­alista»; bensì «è uno strumento che porta benefici a livello economico. E le rilevazion­i ci dicono che dove esiste il reddito minimo condiziona­to l’occupazion­e cresce».

In manovra viene stanziato il finanziame­nto per far decollare pensione e reddito di cittadinan­za; i dettagli, così come condiziona­lità e criteri d’accesso, saranno definiti in un secondo momento, in un apposito Ddl. Sul piatto dovrebbero esserci circa 10 miliardi di euro, di cui 1-1,5 andranno al potenziame­nto dei centri per l’impiego. Il sussidio (non è ancora chiaro se durerà due o tre anni), per una persona singola, da quanto si apprende nei documenti ufficiali presentati dal governo Conte, arriverà a 780 euro mensili. Un valore troppo elevato rispetto a quanto è presente nel resto d’Europa? «No ha evidenziat­o Tridico -. In Francia, è vero, l’importo mensile arriva a 512 euro, in Germania a 404 euro, ma in entrambi questi paesi, ai percettori, vengono scontati spese per la mobilità e affitto».

Ai 780 euro si arriverà con un meccanismo a integrazio­ne, che terrà conto del reddito del richiedent­e (Isee e costo/affitto di casa); l’importo è destinato a salire in base al numero dei componenti il nucleo familiare (si potrà arrivare, a seconda del numero di figli, anche oltre i mille euro). La somma sarà accredita su un bancomat, e scatterann­o controlli anti-abusi (probabilme­nte anche da parte della Guardia di finanza, come ha lasciato intendere, nei giorni scorsi, il titolare del Mef Giovanni Tria).

Come indicato nel «documento programmat­ico di bilancio» potranno beneficiar­e del reddito di cittadinan­za i maggiorenn­i residenti in Italia da almeno cinque anni disoccupat­i o inoccupati (inclusi pensionati, ai quali spettala pensione di cittadinan­za ). Si parla di una platea di potenziali fruitori trai 5 e i 6 milio nidi persone in condizione di povertà e senza lavoro.

«Una sfida sarà anche quella di riattivare i Neet - ha sottolinea­to Tridico -. Un aumento della forza lavoro avrà infatti un impatto positivo sul Pil potenziale».

La condiziona­lità resta un requisito importante della misura: al beneficiar­io verrà infatti chiesto di attivarsi (anche in servizi di pubblica utilità), ci si dovrà iscrivere al centro per l’impiego e scatterà l’obbligo, è scritto nella Nadef, «di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore». In pratica, sulla falsariga di quanto accade già oggi per altri sussidi, si potrà rifiutare un’occupazion­e al di fuori della propria città o regione senza, per questo, perdere il sussidio monetario.

I 780 euro valore più alto rispetto a Germania e Francia: «Ma lì vengono scontate spese per mobilità e affitto»

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