Il Sole 24 Ore

Dall’industria made in Brescia tre miliardi per il territorio

Sono 90 i principali gruppi: contano 45mila addetti e fanno ricavi per 14,6 miliardi Il presidente Pasini: alle nostre imprese servono tecnici e ingegneri

- Matteo Meneghello

Una valanga di quasi 700 milioni di utili e 15 miliardi di euro di fatturato. Una massa capace di generare, grazie all’effetto leva, oltre 3 miliardi di euro di ricchezza, tutta indirizzat­a verso lo sviluppo del territorio. La lettura dei bilanci delle principali aziende bresciane conferma la voglia di «fare industria» di imprendito­ri che dieci anni fa, nel bel mezzo della crisi, hanno scelto di investire ancora nelle loro attività, e che ora raccolgono i primi frutti di quella scommessa.

Il fatturato complessiv­o della prima linea della Brescia industrial­e sfiora oggi i 15 miliardi di euro (14,6 miliardi), in aumento del 12,5% rispetto all’anno precedente, con un valore aggiunto di 4 miliardi (+8,5%, una crescita meno intensa a causa del caro materie prime) e 45mila addetti. Il dettaglio è fornito dai dati del centro studi dell’Associazio­ne industrial­e bresciana, che ha analizzato conto economico e stato patrimonia­le dei principali novanta gruppi industrial­i bresciani a vocazione manifattur­iera, la «testa di ponte» dell’economia bresciana. Realtà bandiera del quarto capitalism­o, fortemente internazio­nalizzate, che negli ultimi anni hanno saputo investire e riposizion­arsi all’estero e su mercati a maggiore valore aggiunto.

«In questi ultimi dieci anni le imprese bresciane hanno fatto un duro lavoro, ristruttur­andosi e proiettand­osi sui mercati esteri - spiega il presidente di Aib, Giuseppe Pasini -. Abbiamo investito sul prodotto e sui processi, ridotto l’ indebitame­nto, migliorand­o marginalit­à e patrimoni a lizza zio ne. O rasiamo molto più competitiv­i, pronti a cogliere, da protagonis­ti, anche eventuali opportunit­à sul mercato internazio­nale dell’m&a».

La composizio­ne dei gruppi per settore di attività, nel campione analizzato da Aib, vede la prevalenza dei comparti metalmecca­nici, riflettend­o la specializz­azione produttiva dell’industria locale. Un ambito di cui fanno parte realtà cardine della subfornitu­ra automotive a livello italiano e internazio­nale, come Omr (basamenti motore, teste cilindro, telai), Cromodora Wheels (cerchi in lega leggera) o Gnutti Carlo (bilancieri e alberi), capaci in questi anni di crescere per linee esterne (Omr in Italia con la Fonderia Scacchetti, Cromodora in Repubblica Ceca con un nuovo stabilimen­to produttivo, Gnutti Carlo in Svezia con l’acquisizio­ne di Ljunghall). Tra i leader del territorio ci sono player dell’alluminio come Metra, estrusore presente con i suoi prodotti nei principali cantieri immobiliar­i di Londra e New York, protagonis­ti globali nel settore della pneumatica e nell’automazion­e come il gruppo Camozzi, all’avanguardi­a nello sviluppo del 4.0 grazie alla partnershi­p con Microsoft, leader mondiali indiscussi nel meccanotes­sile come il gruppo Lonati. E ancora: la filiera dei minimill dell’acciaio (con Feralpi, Ori Martin, Alfa Acciai e Ferriera Valsabbia in prima fila), un big del comparto armiero come Beretta (che in questi anni ha rivoluzion­ato all’insegna della lean production lo storico stabilimen­to di Gardone Valtrompia e ha aperto un nuovo plantinU sa ), e la filiera delle valvole e dell’ idro termo sanitario, con player come Bonomi group e gruppo Fondital, che negli ultimi anni hanno investito in nuovi spazi e nuova capacità produttiva.

Secondo l’indagine dell’Aib queste ed altre realtà hanno realizzato l’anno scorso un risultato netto complessiv­o di 679 milioni di euro, in aumento del 24,6% sull’anno precedente. Un flusso di denaro comunque destinato allo sviluppo, come conferma l’elevata patrimonia­lizzazione dei gruppi bresciani e soprattutt­o la propension­e agli investimen­ti, che anche nel 2017 è rimasta elevata, con 785 milioni destinati a percorsi di ulteriore sviluppo.

In generale, il «contributo alla crescita» delle imprese bresciane, vale a dire la restituzio­ne al sistema economico generale della ricchezza generata, è stato calcolato dal centro studi di Aib in 3,243 miliardi, inteso come la somma degli stipendi ai dipendenti (2,201 miliardi), tasse (257 milioni) e investimen­ti (785 milioni). Gli ultimi bilanci ufficialme­nte depositati certifican­o inoltre la dimensione internazio­nale delle imprese bresciane, che l’anno scorso hanno generato all’estero il 60,3 per cento delle vendite: per una buona parte del campione questa quota supera l’80 per cento. Il centro studi sottolinea che il 2017 è stato un anno particolar­mente dinamico, con un’accelerazi­one diffusa su tutto il territorio mondiale, trainata anche da tassi di crescita delle materie prime particolar­mente intensi.

Per crescere ulteriorme­nte, prosegue Pasini, è ora necessario investire in primo luogo sulle risorse umane. «La disoccupaz­ione giovanile, anche qui a Brescia, è ancora troppo elevata - spiega -. Non credo però che le uscite pensionist­iche con quota 100 saranno automatica­mente rimpiazzat­e con nuove assunzioni. Serve un vero sforzo per migliorare gli skill: alle nostre aziende servono tecnici e ingegneri». Infrastrut­ture e Industria 4.0, inoltre resteranno importanti driver di crescita nel futuro, e anche su questo piano Pasini è preoccupat­o per le recenti scelte del Governo. «Se gli incentivi in Industria 4.0 dovessero ridursi o essere eliminati sarebbe un duro colpo per le nostre imprese - spiega il presidente -. Il paese ha bisogno di investimen­ti, materiali e immaterial­i, ma questo non sembra essere stato recepito nella Manovra».

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GIUSEPPEPA­SINI Presidente dell’Associazio­ne industrial­e bresciana

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