Il Sole 24 Ore

LO STATO DEI NEGOZIATI E DEL DIBATTITO

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ILCONFINE NORDIRLAND­ESE

Un nodo insolubile

Regno Unito e Ue vogliono entrambi evitare che con Brexit venga ripristina­to un confine “hard”, con controlli e infrastrut­ture fisiche, tra Irlanda del Nord e Repubblica di Irlanda, di fatto scomparso dopo gli accordi del Venerdì santo del 1998, che misero fine a 30 anni di scontri tra cattolici e protestant­i. Il problema è capire come fare nel momento in cui, con Brexit, l’una sarà parte del Regno Unito e l’altra della Ue. Il caponegozi­atore Ue Barnier ha proposto un allineamen­to regolament­are tra le due regioni, Londra rifiuta perché ai suoi occhi spostare i controlli nel Mare d’Irlanda significhe­rebbe introdurre una spaccatura all’interno del Regno Unito.

TRANSIZION­E PROLUNGATA

La possibile via di fuga

La Ue sarebbe disposta a concedere alla Gran Bretagna un anno di transizion­e in più dopo Brexit, oltre ai 21 mesi già concordati. Questo significhe­rebbe che le relazioni economiche e commercial­i tra Bruxelles e Londra rimarrebbe­ro invariate fino alla fine del 2021, con l’obiettivo di rassicurar­e il Regno Unito sul fatto che rimane tempo sufficient­e per negoziare un accordo commercial­e con l’Unione senza dover ricorrere al controvers­o “backstop” sulla questione irlandese: la garanzia, cioé, che - in caso di fallimento nei negoziati - non sarà introdotto un confine tra le due Irlande. Una garanzia come già detto difficile da gestire per il governo di Theresa May.

UN SECONDO REFERENDUM?

Prospettiv­a ancora difficile

L’ipotesi di un secondo referendum su Brexit, considerat­a fino a pochi mesi fa remota, ha ripreso quota a fronte di trattative bloccate con l’Europa e sondaggi che vedono ora in lieve vantaggio chi si oppone al divorzio dalla Ue. I tempi tecnici ci sarebbero se Bruxelles concedesse, come ci sarebbe da attendersi, un’estensione dei tempi previsti dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Il governo May ha però dichiarato che l’ipotesi non è sul tavolo, dunque servirebbe prima una bocciatura da parte del Parlamento dell’eventuale accordo con la Ue. E ci vorrebbe una svolta più netta nell’opinione pubblica: molti deputati, compresi alcuni europeisti, temono infatti che un secondo voto tradirebbe la volontà espressa dai cittadini nel 2016.

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