Il Sole 24 Ore

Definibili solo le controvers­ie su atti impositivi

Conta il disconosci­mento di dati dichiarati dal contribuen­te

- Luigi Lovecchio

Definizion­e delle liti pendenti ad ambito ristretto. Il testo informale del decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri di lunedì scorso prevede infatti che possono beneficiar­e della chiusura agevolata solo le liti «aventi ad oggetto atti impositivi». Al contrario, nel precedente rappresent­ato dall'articolo 11 del Dl 50/2017, tutte le controvers­ie in cui era parte l'agenzia delle Entrate erano ammesse alla sanatoria, a prescinder­e dalla tipologia di atto impugnato. Nella relazione illustrati­va si precisa anche che non possono rientrare nella nuova disciplina gli atti che hanno natura meramente liquidator­ia. Se il testo definitivo del Dl confermass­e questa opzione, occorrerà esaminare con attenzione ciascuna controvers­ia per stabilire se sia condonabil­e oppure no.

La nozione di atto impositivo non ha natura formale ma si qualifica per il contenuto sostanzial­e del provvedime­nto interessat­o. Questo significa che non rileva come l'atto sia denominato ma bisogna verificare in concreto la portata della pretesa: se si sostanzia in una rettifica dei dati comunicati dal contribuen­te allora potrà qualificar­si come atto impositivo, altrimenti si sarà al cospetto di un documento avente funzione liquidator­ia.

Alcuni esempi potranno servire allo scopo. Una cartella di pagamento emessa in base all'articolo 36 bis del Dpr 600/73, per recuperare imposte dichiarate e non versate ovvero per correggere errori commessi dal contribuen­te (ad esempio, erronea indicazion­e degli acconti versati) non ha natura impositiva e dunque non potrà essere definita con le nuove regole. Invece, la cartella emessa sempre in base al medesimo articolo 36 bis, quando rettifica la dichiarazi­one di parte disconosce­ndone in taluni punti il contenuto, in contrasto con la volontà del soggetto passivo (ad esempio, disconosci­mento di un onere deducibile), potrà essere considerat­a atto impositivo e perciò definibile.

Non vi sono dubbi inoltre sul fatto che le cartelle emesse per i controlli formali, ex articolo 36 ter del Dpr 600/73, hanno un contenuto sostanzial­mente accertativ­o e quindi sono ricomprese nella attuale sanatoria delle liti. Lo stesso dicasi per gli avvisi di recupero dei crediti d'imposta e ovviamente per gli atti di accertamen­to.

Non sarà dunque possibile, in linea di principio, chiudere tutte le controvers­ie contro gli atti dell'agente della riscossion­e pur se promosse anche contro l'Agenzia, quali ad esempio i preavvisi di fermo amministra­tivo, le iscrizioni di ipoteca e le intimazion­i di pagamento. In questi casi, infatti, non è in discussion­e il quantum della pretesa erariale ma la legittimit­à della procedura adottata. Si faccia il caso del provvedime­nto di iscrizione di ipoteca non preceduto dalla comunicazi­one preventiva (articolo 77, c. 2 bis, Dpr 602/73). Ugualmente, non possono essere sanati gli avvisi di liquidazio­ne dell'imposta di registro.

Le cose si complicano quando si impugna un atto successivo a quello propriamen­te impositivo, nel presuppost­o che quest'ultimo non sia stato validament­e notificato, come l'impugnazio­ne di un preavviso di fermo amministra­tivo a seguito di un atto di accertamen­to esecutivo che il contribuen­te dichiara di non aver ricevuto. In questo caso, si è dell'avviso che la controvers­ia sia definibile, purché ne sia parte anche l'Agenzia, poiché investe la correttezz­a del procedimen­to di notifica di un atto impositivo, seppure attraverso l'impugnazio­ne di un atto che non ha tale qualifica.

Nei casi in cui la lite non possa rientrare nella disciplina in esame, sarà sempre possibile verificarn­e la definibili­tà con la rottamazio­ne ter. In tale contesto, infatti, non conta quale sia l'atto impugnato ma che esista un affidament­o all'agente della riscossion­e al 31 dicembre 2017.

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