Robiglio: «Così non si fa crescita»
Carlo Robiglio. Presidente della Piccola Industria di Confindustria
«Ma come. Si mette la crescita al centro, come driver fondamentale della manovra e poi si riducono gli incentivi agli investimenti»?
Carlo Robiglio non è per nulla soddisfatto della direzione presa dal Governo. Manovra di bilancio che guarda al consenso di breve periodo puntando su pensioni e reddito di cittadinanza – spiega il presidente della Piccola Industria di Confindustria – ma che trascura completamente le imprese e che in realtà non guarda affatto allo sviluppo. «La sensazione – dice – è che non ci sia purtroppo alcuna comprensione del ruolo svolto dall’impresa e della sua importanza nella creazione di posti di lavoro, export, servizi ad alto valore aggiunto: se non si fa girare l’impresa non gira nient’altro». Incentivi 4.0, superammortamento e Sabatini-bis – aggiunge – rappresentano ottime iniziative di politica industriale che hanno dato risultati assolutamente positivi. «Perché depotenziarle? Io francamente non capisco».
Ma le perplessità di Robiglio si allargano all’intero pacchetto fiscale predisposto dal Governo, tenendo conto anche delle elevate aspettative generate dai ripetuti annunci. «In concreto non vediamo alcun aiuto – aggiunge – e in generale siamo assolutamente insoddisfatti di quanto fino ad oggi stiamo leggendo sulla Legge di Bilancio».
Per le piccole e medie imprese paiono visibili al momento più penalizzazioni che non sostegni. «Ad esempio è venuta meno l’Ace, che era l’aiuto alla crescita economica per sostenere la ripatrimonializzazione delle imprese, sostegno ora sostituito da un abbattimento dell’Ires che al momento non è chiaro nei suoi meccanismi e nella sostanza. E che ad ogni modo pare riguardare solo gli importi incrementali».
L’altro nodo è la flat tax, «tanto sbandierata in campagna elettorale quanto poi totalmente ininfluente per le piccole e medie imprese: alla fine mi pare un’agevolazione limitata ad un massimo di 65mila euro di ricavi, quindi rivolta esclusivamente ad alcune partite Iva e ai professionisti: ma non basta avere una partita Iva per essere definiti impresa. Se dopo mesi di proclami si arriva a questo, allora forse c’è un concetto sbagliato di quello che è il mondo della produzione». Una manovra percepita dunque come centrata sulla crescita più a parole che nei fatti e che si inserisce peraltro in un clima di generale complessità che ha già modificato gli umori sul mercato. «L’incertezza – spiega – è il peggior nemico degli imprenditori e degli investimenti, perché nessuno gradisce rischiare senza vedere in modo chiaro quali sia il quadro di riferimento».
Anche l’intervento sulle banche in prospettiva è visto come pericoloso, per le possibili ricadute a valle in termini di maggiori costi del credito per le Pmi, «un tema – spiega – che resta delicato e che non abbiamo ancora risolto del tutto». In generale si lamenta anche una mancanza di confronto, un’azione del Governo unilaterale senza ascoltare il parere del mondo produttivo.
«Non siamo mai stati coinvolti in riflessioni comuni – conclude Robiglio – e al netto degli slogan sulla presunta difesa delle lobby vorrei ricordare che dei 160mila associati a Confindustria, il 97% è rappresentato da Pmi, proprio quel segmento di economia definito più volte dal Governo come patrimonio nazionale da salvaguardare».