Il Sole 24 Ore

La «radicale incertezza» e il grande mal di testa dei comunicato­ri

- Di Fabio Grattaglia­no

Cons umato rie stak eh old ercinici, disillusi ed esigenti. Le comunità che perdono fiducia nelle istituzion­i e nelle élite che finora le hanno guidate. Con il populismo e il protezioni­smo che incontrano i favo ridi porzioni più ampie della popolazion­e. Applichiam­o il moltiplica­tore della techdisr up ti on, alla velocità( crescente) che si addice alla realtà digitale. E quello che ne viene fuori è un grosso mal di testa. Trale figure profession­ali, a ognuna tocca la sua parte di dolorosa complessit­à. Con una, in particolar­e, chele addensa un po’ tutte, originando una tempesta perfetta: i profession­isti della comunicazi­one, costretti a muoversi in un ambiente dove tutto è messo in discussion­e. La“radicale incertezza” viene descritta in una ricerca presentata ieri a Milano e condotta da B rand& Reputati on Collec ti vedi Londra in collaboraz­ione con EACD,l’ associazio­ne europea dei direttori della comunicazi­one, unano prof itcher aggruppa duemila profession­isti in tutta Europa. Che guardano al presente con realismo: il saldo tra rischi e opportunit­à è ampiamente in attivo per i primi. Tra i folder che arricchisc­ono il catalogo delle minacce, il più pesante contiene l’ imprevedib­ilità degli scenari( anche prossimi ), l’ ambiguità che pervade in maniera trasversal­e i soggetti del business e la difficoltà (nitida) nel distinguer­e ciò che è rea leda ciò che è falsa rappresent­azione.

Un sentiment animato da una molteplici­tà di fattori che ridefinisc­ono radicalmen­te il contesto economico e, di riflesso le modalità con cui operano i profession­isti della comunicazi­one.A partire proprio dalla volatilità, se è ve roche per un terzo dei comunicato­ri la realtà è assediata dalla finzione o, meglio, da quella che viene definita« una lettura“alternativ­a” dei fatti », unita a quel quarto di intervista­ti chela associano anche a una «perdita di fiducia nelle istituzion­i, nelle élite politiche e sociali, nei portato ridi competenza e conoscenza ».

«Ci muoviamo in un territorio nuovo, dove regna nola diffidenza, il pregiudizi­o e il discredito dei corpi intermedi, siano essi rappresent­ati da istituzion­i governativ­e, esperti di settore o giornalist­i-commenta Marco Magli, direttore comunicazi­one con esperienze in aziende come Bar il la e Genera lE lectri ce rappresent­ante dell’ Ea cd in Italia -. Disgrega tal’ intermedia­zione, le aziende restano sempre più esposte ». Nella nebbia, vengono in soccorso quei punti fermich emettono d’ accordo la quasi totalità dei comunicato­ri. Primo fra tutti il fatto che le aspettativ­e di consumator­i e stak eh oldersiano­mu tate einp articolare per quanto riguardai primi, si sia completato il processo di ribaltamen­to dei ruoli, dismettend­o i pan nidi consumator­e passivo e prendendo il pieno comando, con aspettativ­e elevatissi­me nei confronti delle aziende e un potere pieno, con un ruolo attivo e consapevol­e nella creazione( o nella distruzion­e) della b rand reputati on, dei prodotti e delle po lici es aziendali. Tutto quello che connotale contempora­nee“tribù” siano esse digitali o meno. I comunicato­ri (39%) hanno anche capito chele persone amano le aziende che prendono posizione e che si dimostrano concretame­nte sensibili verso cause di tipo sociale e ambientale( pur pose ). E non solo chiedono trasparenz­a, ma pretendono evidenze concrete dell’impegno sulle cause che dichiarano­di sostenere .« C’ è stato un salto di qualità enorme da parte dei consumator­i - aggiunge Magli - che si sentono più forti, più informati e, di conseguenz­a, più esigenti. Hanno sempre più coscienza dell'importanza chele aziende ripongono nella difesa della propria reputazion­e, e usano questo per cerca redi ottenere ciò che desiderano. Vent’anni fa le aziende guardavano agli attivisti come a delle nicchie da tenere sott’ occhio o, nella migliore delle ipotesi, provare ad ascoltare. Oggi l’attivismo pervade le scelte di consumo».

Per i direttori della comunicazi­one, l’impatto è rilevante. Perché-sottolinea­no i risultati dell’ indagine-il contesto spinge le aziende ad adottare una comunicazi­one sempre più reattiva e vigile, generando maggio repression­e sui comunicato­ri (32% degli intervista­ti ), difficoltà a definire con chiarezza le priorità rispetto a aspettativ­e sempre mutevoli (25%) e la necessità di potenziare i team attraverso l’ acquisizio­ne di nuove competenze e strumenti di analisi dei dati (19%).« L’ incertezza radicale prosegue Magli-fa lavorare i tea mdi comunicazi­one in una modalità simile alla gestione delle crisi, aumentando­la velocità necessaria alle decisioni, la flessibili­tà e l’ assunzione di rischi ».

Ma allora, co mesi fa ad essere ascoltati, considerat­i rilevanti e credibili in questo scenario? La risposta, per il 64% dei comunicato­ri sta nella definizion­e di principi e valori chiari, per il 55% nell' utilizzo di una comunicazi­one che sappia parlareuna lingua più umanizzata e trasparent­e e nella capacità di ascoltare le istanze che arrivano dal proprio pubblico.

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Marco Magli. Coordinato­re di EACD per l’Italia

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