Moody’s declassa l’Italia, fondi in fuga
Rating tagliato a BAA3 con outlook stabile. Investitori esteri via dal BTp per 66 mld Fitch verso taglio a 5 banche Il differenziale BTp-Bund a 337 punti poi torna a 310 Patuelli (Abi): lo spread danneggia l’Italia, serve un confronto con la Ue
È arrivato ieri a tarda sera il primo verdetto delle agenzie di rating sull’Italia dopo la manovra 2019: Moody’s ha abbassato il giudizio sul debito sovrano a Baa3, ultimo gradino prima del livello «spazzatura». Stabile l’outlook. «Implicazioni negative per la crescita dalla mancanza di riforme strutturali e dall’aumento del deficit» le motivazioni dell’agenzia Usa. Un downgrade arrivato dopo una giornata convulsa sui mercati tra le tensioni sulla manovra 2019 contestata da Bruxelles e le rivelazioni del Bollettino di Bankitalia: in agosto gli investitori esteri hanno venduto titoli di portafoglio italiani per 17,8 miliardi di euro, di cui 17,4 miliardi di titoli pubblici (prevalentemente BTp); il deflusso negli ultimi 4 mesi sale a 66,4 miliardi. Ieri lo spread BTpBund è balzato fino a sfiorare i 340 punti per poi crollare in chiusura a 310. Alta volatilità anche in Borsa, che è calata fino a -1,6%, poi è tornata in positivo e ha chiuso infine a -0,04%. Allarme dell’Abi: la crescita dello spread «peggiora le prospettive dei conti pubblici, complica le attività produttive e gli investimenti di famiglie e imprese» ha detto il presidente Patuelli, che auspica «un più costruttivo confronto fra autorità italiane ed europee». E Fitch avverte: con il downgrade del rating dell’Italia probabile taglio anche per 5 banche: Intesa, UniCredit, Credem, Mediobanca e Bnl.
«Èimprobabile che DWS contribuisca alla pressione in vendita sui BTp italiani. La nostra posizione è neutrale sul Paese e così al momento restiamo: anche in caso di un declassamento di rating con outlook stabile». Sentirsi dire queste parole da Stefan Kreuzkamp, capo investimenti globali di una società di gestione come DWS che mobilita circa 700 miliardi di euro di masse, fa un certo effetto. Soprattutto se la casa d’ investimento in questione è tedesca e fa parte del gruppo Deutsche Bank. Ma andando oltre le parole, anche Kreuzkampmos tra notevole prudenza sull’Italia. E spiega il motivo per cui i suoi fondi non v endo noBTp: perché la loro esposizione è sui tito lidi Stato italiani a breve e brevissima scadenza, per cui anche se anche la situazione degenerasse e le agenzie di rating trasformassero a sorpresa i titoli di Stato italiani in «junk bond» (spazzatura), DWS non avrà alcun bisogno di vendere immediatamente. A Kreuzkamp basterà aspettare che i titoli italiani vadano a scadenza.
Non c’è nulla che possa farvi cambiare idea e farvi vendere BTp?
Con la durata così breve dei BTp che i fondi DWS hanno in portafoglio non cambio certo idea. A noi basta aspettare la scadenza dei titoli italiani che deteniamo. Quello che dovremo decidere, in base all’evolversi della situazione, è se reinvestiremo i capitali man mano che iBTp andranno a scadenza. Questo è il punto di domanda.
Da cosa dipenderà questa scelta? Dalle agenzie di rating soprattutto: se dovessero declassare l’Italia di due gradini portando i BTp in territorio “speculativo”, cosa che noi riteniamo poco probabile, allora saremo costretti a uscire dal rischio Italia. Ma avremo tempo per farlo: i nostri fondi dedicati ai titoli investment grade possono detenere bond con rating speculativo per 6-12 mesi in caso di declassamento. E così faremo: aspetteremo che i BTp giungano a scadenza.
Possibile che sia la decisione di due agenzie di rating a decretare la vostra strategia futura sull’Italia? Non ci sono altri temi che guardate?
Certo. Per esempio il percorso futuro del deficit italiano, per capire se resterà o meno in una traiettoria decrescente. Il Governo italiano ha lanciato messaggi discordanti sul tema, creando incertezza sul mercato. Mail nodo principale resta quello del rating.
Perché? Possibile che le agenzie di rating, che in passato nonh anno sempre azzeccatole previsioni, siano così determinanti per gli investitori?
Sì è vero, in passato hanno commesso errori. Ma il rating resta tutt’ora un parametro riconosciuto da tutti gli investitori globali. Le loro decisioni condizionano non solo l’industria del risparmio gestito, ma anche le banche e le assicurazioni. È difficile trovare altri parametri oggi che siano universalmente riconosciuti. I rating restano dunque fondamentali: è per l’incertezza sul giudizio di Moody’s e Standard & Poor’s che lo spread tra BTp e Bund resta così elevato.
Il mercato in realtà ha già declassato l’Italia. I BTp hanno rendimenti molto più elevati rispetto ai bond del Portogallo, sebbene Lisbona abbia già ora rating più bassi.
Non sono d’accordo: il mercato non ha ancora reagito alle agenzie di rating. Il Portogallo non fa testo perché è un Paese piccolo: l’Italia, invece, negli indici dei bond governativi europei pesa per circa il 17%. Questo significa che i BTp sono presenti con quote importanti non solo nei bilanci di banche e assicurazioni, ma anche nei fondi e negli Etf. Se l’Italia dovesse essere declassata a junk bond, molti di questi soggetti dovrebbero vendere. Ripeto: questo non è il nostro scenario-base, ma un rischio c’ è. E se questo accadesse nel momento in cui gli investitori globali sono più riluttanti a prendere rischi e in cui la Bce smette di acquistare BTp, un effetto sui prezzi ci sarà. Eccome.
‘‘ Se l’Italia dovesse essere declassata a junk, molti investitori dovrebbero vendere