È tregua sul fisco ma ora sul tavolo l’allarme Ue-spread
Tra M5S e Lega restano le tensioni su Ischia, Rc auto, legittima difesa e sicurezza
La crisi non ci sarà. Matteo Salvini e Luigi Di Maio ieri hanno ricucito a distanza gli strappi più vistosi ma è soltanto una tregua. Necessaria per attutire le emergenze di queste ore, dalla risposta da inviare alla durissima lettera di Bruxelles, che martedì emetterà il verdetto sulla manovra, al temuto declassamento di Moody’s .
Oggi i due vicepremier torneranno a vedersi. Prima in un vertice politico, poi al Consiglio dei ministri convocato per riscrivere il decreto fiscale, quasi passato in secondo pianori spetto all’ al ert sulla legge di bilancio. Ieri il ministro dell’ Economia Giovanni Tria ha lavorato incessantemente alla replica all’ Ue. Il premier Giuseppe Contesi è chiusone i suoi ufficia Palazzo Chigiappe nari entrato a Roma in serata. Mentre per tutto il pomeriggio i sottosegretari Giancarlo Giorgetti e Stefano Buffagni tentavano di completare la scrittura della manovra. Riunioni, vertici e telefona teche vanno ben aldilà dell’ aggiustamento del condono. Si guarda già a lunedì, alla riapertura dei mercati, l’ unico termometro che finora ha inciso davvero sulle scelte di governo.
Lo spread volato di prima mattina a 340 punti base ha indotto i due vicepremier a venirsi incontro, almeno sul Dl fiscale. Ma si tratta di una riappacificazione di facciata. Dopo la fragorosa uscita di Di Maio a Porta a porta sulla “manina” che avrebbe introdotto il condono per i capitali all’estero la crepa tra i due vicepremier non si è affatto ricomposta. Lo dimostrano i botta e risposta di ieri via Facebook. Con Salvini che accetta di partecipare al Cdm di oggi ma ricorda tanto a Di Maio quanto allo stesso Conte che al Consiglio dei ministri di lunedì scorso «uno leggeva e l’altro scriveva» riportando nel verbale il contenuto delle «quattro paginette» del provvedimento. «Per scemo non passo», ha attaccato Salvini. «Se qualcuno del M5s ha cambiato idea rivediamo tutto. Invece di questo can can bastava fare una telefonata».
Di far saltare (ora) il Governo il leader della Lega non ha né intenzione né interesse. Dunque si va avanti, quasi da separati in casa. Di Maio incassa l’apertura di Salvini ma a sua volta risponde per le rime negando che l’articolo 9 sul condono fosse presente nel testo letto da Conte a Palazzo Chigi: «Non ci sto a passare per bugiardo o distratto». Il numero uno del M5S se la prende anche con Giorgetti. Non lo nomina, ma è a lui che allude quando biasima la mancata convocazione del pre-consiglio chiesta dal Movimento.
Qualunque sia la verità, un accordo si troverà. Per Di Maio spuntare modifiche al condono è indispensabile: oggi si apre la due giorni di “Italia 5 Stelle” con Grillo e Casaleggio, la prima a Roma, la prima con il M5S al Governo e la prima con qualche contestazione, come quella annunciata dai “no Tap”. Ma come in ogni armistizio, ciascuno dovrà offrire delle contropartite. In cambio della riscrittura dell’articolo 9, Salvini non chiede solo lo stop alla revisione delle tariffe Rc Auto ma anche il supporto alla legge sulla legittima difesa e la rinuncia agli 81 emendamenti piovuti dal M5S sul decreto sicurezza. Il ministro Fraccaro ha rassicurato: «Saranno approvate solo le proposte condivise». Ma nel mirino della Lega è finita pure la sanatoria edilizia per Ischia, che Di Maio aveva voluto inserire nel decreto Genova. Sul punto ora il Carroccio annuncia un emendamento: pretende altrettanta severità di quella invocata dal M5S sulla pace fiscale. Tessere di un puzzle che si fa ogni giorno più difficile.