Summit Libia, tempi stretti con l’«incognita Haftar»
Forze armate a guida unica tra gli obiettivi per garantire sicurezza e stabilità
Con il fiato sul collo di una scadenza ormai alle porte, i lavori per la conferenza di Palermo sulla Libia vanno avanti senza sosta. Con molte incognite: livello delle presenze assicurate; risultato finale; capacità di incidere sul futuro prossimo della nazione libica tuttora divisa e lacerata. A meno di sorprese dell’ultima ora è ormai escluso un rinvio dell’appuntamento previsto per il 12 e 13 novembre. Si svolgerà al Grand Hotel Villa Igiea, dimora storica costruita a fine Ottocento e restaurata alla fine del secolo scorso da Ernesto Basile, architetto modernista e liberty. Il prefetto Antonella De Miro e il questore Renato Cortese stanno definendo i piani operativi: il modello è il G7 di Taormina di maggio 2017, furono impiegate circa 8mila unità delle forze di polizia. Per il vertice sulla Libia quattro sono i temi stabiliti: politica, sicurezza, economia e società civile. Certo non con la stessa importanza. L’obiettivo della stabilità, con le soluzioni a guerriglie e conflitti tra fazioni, milizie e forze governative, fino a raggiungere un livello sufficiente di ordine pubblico, è considerato da Roma prerequisito irrinunciabile. Una garanzia, in altre parole, per il processo politico di riunificazione con la definizione di una Costituzione e di una legge elettorale indispensabili per andare alle urne. Passaggio obbligato, insomma, sarebbe un’intesa tra i libici verso forze di sicurezza e forze armate a guida unica prima di prospettare sviluppi su un piano politico-istituzionale più alto. Oltre al consolidamento della Noc (National Oil Corporation) e della Banca centrale unificata, discussi nel dossier «economia» della conferenza. Per alcuni osservatori qualificati questo non è un obiettivo politico ma la strategia dell’Esecutivo punta invece proprio sulla sicurezza in Libia. Riunioni, incontri e contatti, a Roma e nella nazione nordafricana, sono ormai frenetici e forsennati. L’Italia lavora gomito a gomito con gli inviati dell’Onu per la Libia, Ghassam Salamé e la vice Stephanie T. Williams, e considera il piano delle Nazioni Unite il riferimento e l’obiettivo di fondo. Si delinea il coinvolgimento in via principale degli stessi quattro leader libici presenti a Parigi con Emmanuel Macron il 24 maggio: il numero uno del Gna-governo di accordo nazionale Fayez Al Sarraj, il maresciallo Khalifa Haftar, il presidente della Camera dei rappresentanti Aguila Salah e quello del Consiglio di stato, Khaled al-Meshri. Ma in Libia ci sono anche le comunità di riferimento come Misurata, Zintan e Sebha, e le etnìe Tuareg, Tebu, Suleiman: entreranno nel capitolo «società civile» e qualche problema potrebbe sorgere. Un fatto è certo: c’è continuità tra la riunione convocata da Macron e l’appuntamento di Palermo. Fu il leader francese a chiedere al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, un impegno a prosieguo del 24 maggio. E Conte a novembre presiederà la conferenza: ha fatto «inviti di persona» ai vertici politici occidentali, africani e dei paesi del Golfo; ha annunciato la presenza della cancelliera Angela Merkel. Palazzo Chigi lavora con il motore a pieni giri del Mae-ministero Affari Esteri guidato da Enzo Moavero e l’Aise, agenzia informazioni e sicurezza esterna. Il viceministro Emanuela Del Re, delegata da Moavero, ha incontrato in Libia Haftar e Salah, a settembre il vice di Serraj, Ahmed Maiteeg. Lo stesso Moavero ha fatto visita al maresciallo, ma Haftar non cessa di mandare segnali minacciosi all’Italia. La sua assenza a Palermo sarebbe grave, il militare per per garantire la sua presenza a Palermo punta ad avere un riconoscimento da protagonista. Haftar si muove d’intesa con la Francia ma Moavero ha incontrato il 14 ottobre a Roma in occasione della canonizzazione di papa Paolo VI il collega francese JeanYves Le Drian. «L’obiettivo prioritario comune dei ministri è di ristabilire in Libia condizioni di pace e sicurezza» scrive la Farnesina nel comunicato dopo l’incontro.
Ma se il titolare del Mae prova a distendere i rapporti con Parigi in vista di Palermo, il responsabile dell’Interno Matteo Salvini è furioso per gli sconfinamenti della polizia francese alla frontiera con il Piemonte e attacca Macron ormai tutti i giorni. Certo è uno scenario dove l’Italia non lavora al meglio. L’ambasciatore Giuseppe Perrone impossibilitato a rientrare a Tripoli dopo le proteste di Haftar. E i vertici dell’intelligence delegittimati fin da settembre scorso dall’annuncio governativo di un ricambio. Considerato a questo punto ormai possibile solo dopo la conferenza sulla Libia.
Gli incontri si svolgeranno a Villa Igiea Piano di ordine pubblico simile a quello per il G7 di Taormina