Partecipazioni negative con il regime della Pex
La «dote» ricevuta dal venditore a fronte dell’acquisto di una partecipazione in perdita può assimilarsi, ai fini fiscali, ad un costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione di segno negativo, in quanto strettamente connesso alla specifica partecipazione cui inerisce. Pertanto la stessa concorrerà alla formazione del reddito imponibile solo al momento del successivo realizzo della partecipazione, in base all’articolo 87 del Tuir.
Il chiarimento arriva dalla risposta all’interpello 39/2018, pubblicata ieri, con cui l’agenzia delle Entrate ha analizzato i riflessi fiscali di un’operazione di cessione di partecipazioni con la cosiddetta dote, ovvero di un’ipotesi in cui oggetto di cessione è una partecipazione con valore economico negativo, a fronte della quale è il venditore a riconoscere un determinato importo all’acquirente (per coprire le perdite future) e non viceversa.
Nello specifico, la società istante aveva acquistato nel 2015 una partecipazione in una società valutata negativamente per 1,3 milioni di euro. L’acquisto era avvenuto al corrispettivo simbolico di 1 euro, ma l’acquirente aveva ricevuto contestualmente dal venditore un’indennità di 1,3 milioni di euro (la «dote») a fronte della copertura delle probabili perdite future della partecipata.
Contabilmente, l’acquirente aveva rilevato l’importo riconosciuta dal venditore nel passivo dello stato patrimoniale, imputandolo ad un «fondo rischi su partecipazioni».
Il venditore aveva ritenuto indeducibile ai fini fiscali l’importo erogato, assimilandolo ad una minusvalenza su partecipazioni in regime Pex.
Successivamente, la società acquisita aveva registrato un miglioramento nei propri risultati, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Nel 2017, pertanto, l’acquirente ha potuto vendere la partecipazione a un terzo ad un valore sempre pari ad 1 euro, ma senza dover garantire alcuna dote al nuovo acquirente.