Nelle imprese minori rimanenze 2016 da neutralizzare ai fini del reddito
Da gestire il passaggio dal regime di competenza a quello misto Il rischio è di dichiarare un imponibile di periodo errato e viziato da omissioni
Riconciliazione contabile, opzione per il regime della “registrazione”, addio alle rimanenze finali e correttivi specifici per gli studi di settore: sono molti gli aspetti delicati che le imprese minori devono gestire nella dichiarazione di prossima presentazione, la prima dopo la riforma dell’articolo 66 Tuir a opera della legge di Bilancio 2017.
Prospetto di riconciliazione
Il passaggio dal regime di competenza a quello “misto cassa/competenza” disegnato dalla nuova disposizione (e dalla circolare 11/ E/2017) determina la necessità di intervenire (extracontabilmente) sulle risultanze contabili per evitare di dichiarare un reddito imponibile di periodo errato, viziato da omissioni o duplicazioni. Il punto di partenza è il bilancio chiuso al 31 dicembre 2016: acconti, ratei, risconti, fatture da emettere e da ricevere, provvigioni maturate e non incassate sono i principali esempi di operazioni per le quali occorre evitare di tassare due volte (oppure mai) un determinato componente positivo ovvero dedurre due volte (oppure mai) un determinato componente negativo. Il paragraf0 4.1 della circolare 11/E/2017 richiede al contribuente di «mantenere evidenza extracontabile» degli aggiu- stamenti operati ai fini delle possibili verifiche, per cui si rende necessario redigere e conservare un apposito prospetto.
Test sull’opzione
La presentazione della dichiarazione consente di testare la scelta sulla metodologia applicata in ambito contabile. L’articolo 18 del Dpr 600/73, nella versione riformulata, prevede tre modalità, due delle quali “naturali” e uno con opzione triennale. Premesso che la scelta avviene per comportamento concludente e l’opzione per il terzo metodo – a quanto sembra assai “gettonata” - andava operata con la dichiarazione Iva, a consuntivo è possibile verificare l’effetto del comportamento tenuto, anche perché i software hanno generalmente reso possibile confrontare le varie risultanze. Per chi, invece, è uscito dal regime semplificato optando per l’ordinaria, la presentazione della dichiarazione costituisce il termine per redigere la situazione patrimoniale di apertura, tramite un prospetto non vidimato (Dpr 689/1974 e Dpr 126/2003).
Effetto rimanenze
Le giacenze di magazzino costituiscono probabilmente la variabile principale su cui si sono rese necessarie delle simulazioni. La riapertura delle rimanenze iniziali e la mancata valorizzazione di quelle finali comportano una distorsione tale nel reddito imponibile – a causa dell’utilizzo limitato delle perdite d’impresa imposto dall’articolo 8, commi 1 e 3, non corretto dal legislatore – che ha indotto interi settori di attività a rinunciare alla contabilità semplificata. Dal punto di vista dichiarativo, il quadro RG ha fatto definitivamente tramontare l’illusione che il Fisco – come del resto lo stesso contribuente – potesse fare a meno delle rimanenze finali
sia per le verifiche “sul campo” che per gli studi di settore. Come previsto, la non concorrenza alla determinazione del reddito imponibile non significa affatto abbandono dell’obbligo strumentale della tenuta dell’inventario, e l’importo delle giacenze finali va riportato a
rigo RG38 e nel corrispondente rigo degli studi di settore. Piuttosto, occorre chiedersi se siano da considerarsi confermati in toto non solo gli adempimenti previsti dall’articolo 9 del Dl 69/1989, ma anche le gravi conseguenze in ambito accertativo derivanti dalla mancata redazione
dell’inventario, consistenti nell’applicazione dell’induttivo, nonostante l’ammontare delle giacenze finali non concorra più a determinare il reddito di periodo. Non è difficile immaginare che qui possa in futuro concentrarsi il contenzioso.