Beni sequestrati, le linee guida per l’attestazione
Nel documento le azioni per il recupero delle aziende “ex mafiose”
Recuperare le aziende sequestrate alla mafia dopo averle sottratte all’illegalità. Il Consiglio e la Fondazione nazionale dei commercialisti hanno pubblicato le Linee guida in materia di attestazione antimafia, collegate alla legge di modifica del Codice dello scorso anno (161/2017). Si tratta in sostanza delle regole di ingaggio per la gestione corretta di un patrimonio in teoria consistente (2.700 le aziende in carico all’Agenzia dei beni), in pratica più circoscritto (solo 570 attive al momento dei “sigilli”), ma di fatto caratterizzato da seri problemi di emersione e di recupero al mercato, problemi quasi tutti scaricati sull’amministratore giudiziario.
Dalla regolarizzazione dei lavoratori a quella della posizione erariale, l’attestatore (professionista a cui si rivolge l’amministratore giudiziario nell’attesa dell’assegnazione, che avviene spesso ad anni di distanza) deve occuparsi di una moltitudine di problemi in vista di una soluzione possibile, oltreché ragionevole.
Il legislatore della riforma ha introdotto, infatti, l’obbligo per l’amministrazione giudiziaria di avvalersi di un professionista in possesso dei requisiti previsti dalla legge fallimentare, chiamato a redigere una relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del programma di prosecuzione o ripresa dell’attività d’impresa.
Come già successo per il sub procedimento di verifica dei crediti, il Codice ha però voluto piuttosto frettolosamente far indossare al procedimento di prevenzione l’abito delle procedure concorsuali, con più di qualche problema di collegamento. Il professionista chiamato a rendere l’attestazione non potrà quindi limitarsi ad un mero “visto”, ma dovrà portare un’illustrazione descrittiva sulla fattibilità, evidenziando in quale maniera le risorse finanziarie dell’impresa riusciranno verosimilmente a far fronte ai debiti.
Tra i temi non risolti dalle norme, e su cui intervengono le linee guida, c’è la questione del pagamento dell’attestatore. La prassi tribunalizia ha elaborato due opzioni: la prima secondo cui le spese di attestazione sono esclusivamente funzionali ad esigenze del procedimento di prevenzione sicché i costi di attestazione graverebbero sull’Erario; la seconda, valorizzando il fine dell’attestazione, ritiene che le spese di attestazione, consentendo di fatto la prosecuzione/ripresa dell’attività, sono comunque ricollegabili all’attività di impresa e quindi il costo, in quanto prededucibile (sorto in costanza e in occasione del procedimento), verrebbe posto a carico delle singole aziende oggetto di attestazione.