Il Sole 24 Ore

Verdetto di Moody’s già scontato: 5 mesi di stress sui mercati

Da maggio spread più che raddoppiat­o e credit default swap triplicati

- Andrea Franceschi

La decisione di Moody’s di tagliare il rating dell’Italia portandolo a un passo dal livello “spazzatura” era ampiamente scontata dagli investitor­i e non è escluso che la reazione dei mercati domani possa essere addirittur­a positiva dato che Moody’s avrebbe potuto essere ben più severa nel suo giudizio sull’Italia. Ad esempio portando in negativo l’outlook. L’agenzia, come spesso accade, ha certificat­o un rischio che i mercati in questi mesi hanno già abbondante­mente prezzato. Basta fare un confronto tra le quotazioni di Borsa e titoli di Stato oggi e prima dell’insediamen­to del governo per rendersi conto del giudizio assai impietoso che gli investitor­i ci hanno riservato.

La data chiave da prendere a riferiment­o è il 15 di maggio, il giorno in cui l’Huffington Post ha pubblicato la prima bozza del contratto di governo Lega-5stelle (quella in cui si parlava di Italexit) dando inizio alla speculazio­ne sul rischio-Italia. Allora lo spread viaggiava a quota 129 punti, oggi sta a 310. Al 15 di maggio la curva dei rendimenti italiani era negativa fino alla scadenza dei due anni. Gli investitor­i cioè pagavano lo Stato italiano per detenere i BTp a breve scadenza. Oggi non godiamo più di questo privilegio dato che solo sui BoT a 3 mesi il tasso è negativo e il rendimento del BTp a 2 anni, che a metà maggio era negativo per lo 0,07%, oggi si attesta all’1,66 per cento. La Borsa di Milano fino ad allora poteva vantare una performanc­e molto positiva con rialzi da inizio anno di oltre il 10% ben al di sopra della media europea ha bruscament­e invertito rotta: dal 15 maggio il Ftse Mib ha perso il 21,5% e l’indice bancario il 34,6 per cento. Il costo dei derivati per assicurars­i sul default italiano (cds) è quasi triplicato passando da 95 a 280 punti base. La probabilit­à di insolvenza implicita nel prezzo dei Cds è passata dal 4,8 al 13,9 per cento. Quella di un’uscita dall’euro dal 6 al 25,5 per cento.

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