Così il recupero dei crediti diventa più urgente
Dalle imprese alle banche, dalle banche ai servicer. È questo il ciclo che seguono i crediti deteriorati. Una montagna di debiti che non riescono più ad essere onorati dalle imprese, a loro volta falcidiate dalla crisi economica recente. La massa di sofferenze, ovvero di crediti che non hanno più alcuna possibilità di essere rimborsati, è andata sgonfiandosi nel corso degli ultimi trimestri. Nel 2017, autentico anno di svolta per il settore bancario italiano, l’ammontare di Npl (non performing loans, ovvero crediti deteriorati) è sceso da 324 a 264 miliardi. Il trend è proseguito nel 2018. Perchè solo nel primo semestre dell'anno, le banche hanno varato cessioni di crediti per circa 40 miliardi lordi, tra cui spiccano le operazioni di Mps (24,1 mld) e IntesaSanpaolo-Intrum (10,8 mld). Per la fine dell'anno, secondo le stime, si potrebbero raggiungere 70 miliardi di transazioni.
La “torta” dei crediti deteriorati, a livello geografico, è ben diversificata. La maggiore concentrazione di sofferenze lorde, secondo le rilevazioni di Pwc, si registra in Lombardia (21,9% del totale) e Lazio (11,1% del totale). Le regioni del Centro e del Sud Italia mostrano livelli più elevati di sofferenze sul totale dei prestiti rispetto al Nord Italia. La percentuale di secured bad loan (sofferenze garantite da collaterale) è cresciuta dal 48% del 2016 al 50% di fine 2017.
«Alla fine del 2017, il segmento “Corporate & SME “continua a rappresentare la maggior parte dei gross bad loans, con un'incidenza del 70% seguito dal segmento “consumer” pari al 21%. La ripartizione dei gross bad loan per macrosettore mostra che Real Estate, Costruzioni e manifattura rappresentano oltre il 71% del mercato Npl italiano», spiega Pwc nel suo report sul settore degli Npl.
Se le banche hanno messo il piede sull’acceleratore delle cessioni in questi anni, è anche perchè si è fatto sempre più evidente il pressing della Banca centrale europea, che nel tempo ha forzato gli istituti a dismettere i crediti deteriorati così da ripulire i bilanci e spegnere un potenziale focolaio di crisi prima che si palesi una prossima recessione. Da qua la richiesta, dapprima, di aumentare progressivamente gli accantonamenti su crediti (in modo da ridurre al minimo gli impatti sui bilanci in caso di cessione sul mercato) e poi di varare la vendita a fondi di investimento e operatori specializzati.
In questo scenario, misure come il Calendar provisioning (che prevede svalutazioni graduali e costanti sui crediti), l'introduzione dei nuovi principi contabili Ifrs9 e le linee guida Eba sulla gestione degli Npl (che prevede la soglia del 5% rispetto all'Npl ratio oltre la quale scatta il monitoraggio costante della Vigilanza bancari) stanno rendendo necessarie nuove cessioni. Secondo i calcoli di Pwc, sono da mettere in conto cessioni di crediti malati per più di 100 miliardi entro il 2021, soprattutto grazie alla cessione delle cosiddette “piattaforme” interne delle banche di gestione degli Npl.
E qua entrano in scena i servicer, operatori che hanno puntato sul mercato italiano o tramite l’acquisizione diretta di crediti (si compra oggi un credito a basso valore nella speranza di un progressivo recupero così da realizzare una futura plusvalenza), oppure tramite l’acquisizione delle singole piattaforme degli istituti. A partire, nel 2017, dall’assorbimento della piattaforma di Banca Popolare di Bari da parte di Cerved o della piattaforma servicing di Npl di Carige da parte di Credito Fondiario. Un fenomeno proseguito nel 2018 e culminato con la joint venture tra Intesa Sanpaolo e il colosso svedese Intrum. Oggi anche BancoBpm sta valutando la cessione della propria piattaforma nell'ambito di un più ampio progetto di riduzione dei crediti deteriorati in portafoglio.