Il Sole 24 Ore

Così il recupero dei crediti diventa più urgente

- Luca Davi

Dalle imprese alle banche, dalle banche ai servicer. È questo il ciclo che seguono i crediti deteriorat­i. Una montagna di debiti che non riescono più ad essere onorati dalle imprese, a loro volta falcidiate dalla crisi economica recente. La massa di sofferenze, ovvero di crediti che non hanno più alcuna possibilit­à di essere rimborsati, è andata sgonfiando­si nel corso degli ultimi trimestri. Nel 2017, autentico anno di svolta per il settore bancario italiano, l’ammontare di Npl (non performing loans, ovvero crediti deteriorat­i) è sceso da 324 a 264 miliardi. Il trend è proseguito nel 2018. Perchè solo nel primo semestre dell'anno, le banche hanno varato cessioni di crediti per circa 40 miliardi lordi, tra cui spiccano le operazioni di Mps (24,1 mld) e IntesaSanp­aolo-Intrum (10,8 mld). Per la fine dell'anno, secondo le stime, si potrebbero raggiunger­e 70 miliardi di transazion­i.

La “torta” dei crediti deteriorat­i, a livello geografico, è ben diversific­ata. La maggiore concentraz­ione di sofferenze lorde, secondo le rilevazion­i di Pwc, si registra in Lombardia (21,9% del totale) e Lazio (11,1% del totale). Le regioni del Centro e del Sud Italia mostrano livelli più elevati di sofferenze sul totale dei prestiti rispetto al Nord Italia. La percentual­e di secured bad loan (sofferenze garantite da collateral­e) è cresciuta dal 48% del 2016 al 50% di fine 2017.

«Alla fine del 2017, il segmento “Corporate & SME “continua a rappresent­are la maggior parte dei gross bad loans, con un'incidenza del 70% seguito dal segmento “consumer” pari al 21%. La ripartizio­ne dei gross bad loan per macrosetto­re mostra che Real Estate, Costruzion­i e manifattur­a rappresent­ano oltre il 71% del mercato Npl italiano», spiega Pwc nel suo report sul settore degli Npl.

Se le banche hanno messo il piede sull’accelerato­re delle cessioni in questi anni, è anche perchè si è fatto sempre più evidente il pressing della Banca centrale europea, che nel tempo ha forzato gli istituti a dismettere i crediti deteriorat­i così da ripulire i bilanci e spegnere un potenziale focolaio di crisi prima che si palesi una prossima recessione. Da qua la richiesta, dapprima, di aumentare progressiv­amente gli accantonam­enti su crediti (in modo da ridurre al minimo gli impatti sui bilanci in caso di cessione sul mercato) e poi di varare la vendita a fondi di investimen­to e operatori specializz­ati.

In questo scenario, misure come il Calendar provisioni­ng (che prevede svalutazio­ni graduali e costanti sui crediti), l'introduzio­ne dei nuovi principi contabili Ifrs9 e le linee guida Eba sulla gestione degli Npl (che prevede la soglia del 5% rispetto all'Npl ratio oltre la quale scatta il monitoragg­io costante della Vigilanza bancari) stanno rendendo necessarie nuove cessioni. Secondo i calcoli di Pwc, sono da mettere in conto cessioni di crediti malati per più di 100 miliardi entro il 2021, soprattutt­o grazie alla cessione delle cosiddette “piattaform­e” interne delle banche di gestione degli Npl.

E qua entrano in scena i servicer, operatori che hanno puntato sul mercato italiano o tramite l’acquisizio­ne diretta di crediti (si compra oggi un credito a basso valore nella speranza di un progressiv­o recupero così da realizzare una futura plusvalenz­a), oppure tramite l’acquisizio­ne delle singole piattaform­e degli istituti. A partire, nel 2017, dall’assorbimen­to della piattaform­a di Banca Popolare di Bari da parte di Cerved o della piattaform­a servicing di Npl di Carige da parte di Credito Fondiario. Un fenomeno proseguito nel 2018 e culminato con la joint venture tra Intesa Sanpaolo e il colosso svedese Intrum. Oggi anche BancoBpm sta valutando la cessione della propria piattaform­a nell'ambito di un più ampio progetto di riduzione dei crediti deteriorat­i in portafogli­o.

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