Il Sole 24 Ore

Le frustrazio­ni di un nazionalis­ta piccolo borghese

Martin Heidegger. Dallo studio dei «Quaderni Neri» Eugenio Mazzarella mette in luce i nessi tra le posizioni teoriche e le scelte pratiche, tra la filosofia e la politica

- Michele Ciliberto

Il libro di Eugenio Mazzarella su Heidegger e i Quaderni neri è interessan­te anzitutto per la nettezza con cui si contrappon­e a coloro che si sono serviti di questi testi per riaprire in termini distruttiv­i il problema dei rapporti tra Heidegger e la politica, Heidegger e il nazismo, Heidegger e l’antisemiti­smo.

L ’« antisemiti­smo ontologico destinale diHe id egger dei Quader- ni »– scrive Mazzarella –« non aggiunge niente alla comprensio­ne che potevamo avere del suo pensiero, e del corto circuito con la comprensio­ne del suo tempo che ne è venuto». Anche se, aggiunge, «dà il tocco finale alla pochezza dell’uomo comune, del piccolo borghese nazionalis­ta (frustrato anche dal nazismo) che era; e che resta anche nei panni, in questi

Quaderni, del commentato­re storico-destinale del suo tempo».

È un giudizio in cui culmina la serrata analisi su quella che è l’alternativ­a posta, a giudizio di Mazzarella, nei Quaderni: quella tra grecità e cristianes­imo, espressa dalla opposizion­e dell’onto-storia di Heidegger al messianesi­mo ebraico-cristiano. Sintetizza Mazzarella: non cristianit­à ovvero Europa, come Novalis; ma cristianit­à oppure Europa. È il cristianes­imo dunque «l’antagonist­a dello spirito greco-germanico sulla scena della decadenza europea», ed è in questo contesto che vanno considerat­e le osservazio­ni di Heidegger sugli Ebrei: essi sarebbero gli «agenti destinali» dell’ auto annientame­nto dell’Occidente nella ragione strumental­e della tecnica moderna. In conclusion­e, secondo Mazzarella, l’avversione alla ebraicità «è fondamenta­lmente l’avversione al tratto “nichilisti­co” della civilizzaz­ione europea, nietzsche anament emesso in capo al cristianes­imo». E con questo riferiment­o si concretizz­a anche sul piano delle fonti la prima parte del libro, che ha quindi il merito di rovesciare il punto di vista corrente, proponendo una diversa – e interessan­te – visione del problema: merito non da poco. Muovendo di qui, nella seconda parte, Mazzarella analizza lo svolgiment­o della posizione di Heidegger, mostrando come, dopo il fallimento dell’esperienza politica, si dilegui la «storicità» propria di Essere e tempo e si imponga una prospettiv­a di tono apocalitti­co, che consegna tutto il presente all’abisso di un «anatema di tipo gnostico» al quale non è possibile sfuggire...

Il libro è denso di osservazio­ni importanti, ma a mio giudizio è interessan­te anche per un altro motivo di ordine generale: pone, e affronta, il problema dei rapporti tra filosofia e politica nei regimi totalitari di massa che noi, in Italia, conosciamo assai bene, perché se ne è discusso lungamente a proposito di Giovanni Gentile. Del resto, è stato Croce a stabilire, proprio su questo punto, un nesso diretto tra Heidegger e Gentile, già in una lettera a Vossler del 10 agosto del 1933; e con parole assai aspre, spiegabili, certo, alla luce del momento in cui sono state scritte, e anche della concezione crociana del rapporto tra prassi e teoria.

Ma il problema resta, e continua a interrogar­ci. Valga, per fare un solo esempio, il caso di un eminente filosofo italiano del Novecento, Cesare Luporini. Fu presente al famoso discorso che Heidegger tenne nel 1933 assumendo la carica di rettore della Università di Friburgo; e, turbato («fu un grosso colpo»), lasciò il suo seminario, ben consapevol­e della responsabi­lità politica di Heidegger. Ma ne riconobbe sempre la statura filosofica, pur essendo lontano, fin dall’inizio, dal suo ontologism­o. Allo stesso modo, si distaccò da Gentile; ma proprio quando aderì al PCI (agosto del ’43) gli scrisse una lettera in cui gli riconobbe di avergli insegnato a «credere nel libero futuro degli uomini e ad operare per esso».

Allo stesso modo Mazzarella è consapevol­e dei limiti di Heidegger, della sua natura piccolo borghese, e del «legame non episodico, ma struttural­e e motivato tra l’impianto della storia dell’essere heideggeri­ana [...] e il nazismo». Ma questo non gli impedisce di riconoscer­e la grandezza di Heidegger e di liquidare la propaganda riesplosa con la pubblicazi­one dei Quaderni neri, imperniata – e questo è il punto generale che il suo

libro mette a fuoco – su una interpreta­zione meccanica, immediata, dei rapporti tra filosofia e politica.

I filosofi sono politicame­nte responsabi­li e devono essere giudicati in modo severo per le loro compromiss­ioni con regimi come il fascismo e il nazismo, e Mazzarella lo fa mettendo anche in luce i nessi, se e quando ci sono, tra posizioni teoriche e scelte pratiche. Ma la filosofia, quando è grande filosofia – e lo è nel caso di Gentile e Heidegger – è tale perché, nonostante i suoi limiti «empirici», «ideologici» (e su quelli di Heidegger ci sono battute fulminanti della Arendt), è capace di sporgere oltre le barriere del proprio tempo storico. Dimenticar­e questo, non comprender­e la complessit­à dei livelli dell’esperienza di un grande filosofo, serve solo a precipitar­ci nella notte in cui tutte le vacche sono nere. Mentre per comprender­e, anche la storia della filosofia, è necessario distinguer­e i livelli del discorso. Comprender­e un testo, e questo vale anche per i Quaderni neri, significa considerar­e il genere cui appartiene, gli interlocut­ori ai quali si rivolge, il lessico di cui si serve, come stravolge – e in che modo – l’universo ordinario delle parole e dei concetti. E considerar­e se entra in circolazio­ne subito, oppure in situazioni storiche e politiche profondame­nte diverse (come avviene, per fare un altro caso a noi ben noto, con i testi di Gramsci). E se è un testo pubblico o privato, come è il caso dei Quaderni neri: distinzion­e essenziale, anche quando si consideri importante, per la comprensio­ne di un testo, entrare nell’officina di un filosofo. Se non si fa questo è difficile, anzi impossibil­e «leggere» un testo; si rischia solo di fare propaganda – operazione interessan­te, ma diversa dal comprender­e storico. Si intende: se e finché si ritenga che «leggere» i testi abbia ancora un senso.

IL MONDO NELL’ABISSO. HEIDEGGER E I QUADERNI NERI Eugenio Mazzarella Neri Pozza, Vicenza, pagg. 110, € 12.50

Tra l’impianto della storia dell’essere e il nazismo c’è un legame non episodico

 ?? MARKA ?? Filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976) è considerat­o il maggiore esponente dell’esistenzia­lismo ontologico
MARKA Filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976) è considerat­o il maggiore esponente dell’esistenzia­lismo ontologico

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