Caravaggio fa scattare l’empatia
La neuroestetica aiuta a conoscere il cervello umano secondo una prospettiva insostituibile, quella del corpo e del pensiero incarnato nell’esperienza dell’arte e in generale del bello. Ma questa disciplina può anche aiutare a comprendere il perché l’arte abbia assunto una tale importanza per la specie umana e possa essere interpretata in chiave evoluzionistica quale esperienza capace di trasmettere, nella finzione, informazioni ed emozioni utili alla sopravvivenza. Gli studi sui neuroni specchio hanno posto l’accento sul potere delle immagini artistiche, in quanto esse comunicano azioni ed emozioni e producono nello spettatore quell’effetto di «simulazione incarnata» (Gallese), che già alla fine del XIX secolo Vischer definiva
empatia (Einfühlung): l’attivazione del sistema sensorimotorio di chi osserva un’azione rappresentata in un’immagine permette all’osservatore di «sentire» nel proprio corpo l’azione osservata. La valutazione di un’opera d’arte, dunque, non è frutto soltanto di competenze culturali e linguistiche, come si ritiene perlopiù, ma anche – o forse innanzitutto – di un evento squisitamente viscerale.
In tal senso, un recentissimo studio sperimentale ha evidenziato quanto influisca, sulla valutazione estetica finale, l’attivazione del sistema sensorimotorio di chi osserva un dipinto che esprime un’intensa emozione. L’esperimento è consistito nel somministrare a un certo numero di partecipanti volontari una serie di immagini di dipinti rinascimentali e barocchi ritraenti volti atteggiati a un’espressione di dolore, mentre come immagini di controllo sono stati utilizzati ritratti coevi raffiguranti visi rilassati. Ai partecipanti era chiesto, durante la visione, ora di assumere un’espressione addolorata corrugando la fronte e contraendo il muscolo del corrugatore sopraccigliare – per intenderci, quello caratterizzante l’espressione del Ragazzo morso dal
ramarro di Caravaggio -, ora invece di assumere un’espressione rilassata; attraverso due elettrodi si registrava l’attività elettromiografica (EMG). I partecipanti, che sono stati selezionati tra i non esperti del mondo dell’arte, hanno dovuto anche rispondere a un questionario esprimendo una valutazione estetica sulle opere.
Il risultato è stato il seguente: un apprezzamento estetico nettamente superiore – così come registrato mediante EMG e come rilevato dai questionari - l’hanno ottenuto quei dipinti che esprimevano una forte emozione di dolore, per osservare i quali i partecipanti dovevano contrarre il grande corrugatore. Significa che, nell’apprezzamento dell’opera per il suo contenuto emotivo, un ruolo importantissimo è stato svolto dall’attivazione del sistema sensorimotorio atto a sollecitare, sul viso dell’osservatore, gli stessi muscoli implicati nell’espressione addolorata del volto rappresentata nel dipinto.
Vi sarebbe quindi una connessione stretta tra contagio emotivo e attivazione dell’area cerebrale motoria. Già in un precedente esperimento, incentrato sulle tele dei cosiddetti«tagli» di Lucio Fontana, era stato dimostrato come l’apprezzamento di tali opere dipendesse dalla capacità dello spettatore di «sentire» nel suo apparato motorio e muscolare il gesto del taglio dell’artista, risalendo a esso a partire dall’osservazione del tratto rilasciato sulla tela. L’esperimento coi dipinti ritraenti volti addolorati aggiunge ora un tassello importantissimo: apprezziamo l’arte perché veicola emozioni che possiamo esperire nella finzione e che riusciamo a “sentire” in virtù dell’attivazione delle aree motorie del nostro cervello implicate nell’espressione facciale di quelle emozioni. Il che fa presumere che la comprensione di un’opera d’arte, e la valutazione che ne consegue, siano frutto di un’esperienza estetica bottom-up, per cui è sempre a partire dal corpo che apprendiamo il valore dell’arte.
L’esperimento assume una certa rilevanza: gli autori, infatti, pur non volendo in alcun modo negare che il giudizio estetico di un dipinto sia anche frutto di competenze atte a coglierne i valori compositivi e stilistici, hanno però inteso sottolineare l’imprescindibile coinvolgimento del corpo e delle emozioni dell’osservatore nella formulazione del giudizio estetico.
La tendenza culturale generale – anche in alcuni rami della stessa neuroestetica - è di considerare l’approccio all’arte quale esperienza disincarnata, e di ritenere che spetti solo all’intelletto emettere un giudizio distaccato «dall’alto» (top-down) su un manufatto artistico. Questa visione dell’arte, il cui retaggio è ancora kantiano, dovrà essere ripensata prima o poi. Questo esperimento è un ottimo passo avanti.
PSYCHOLOGICAL RESEARCH Springer, Berlin-Heidelberg- New York, pubblicato il 3 agosto 2018 Beholders’ sensorimotor engagement enhances aesthetic rating of pictorial facial expression of pain, M. Ardizzi, F. Ferroni, F. Siri, M. A. Umiltà, A. Cotti, M. Calbi, E. Fadda, D. Freedberg, V. Gallese