Il Sole 24 Ore

Caravaggio fa scattare l’empatia

- Anna Li Vigni

La neuroestet­ica aiuta a conoscere il cervello umano secondo una prospettiv­a insostitui­bile, quella del corpo e del pensiero incarnato nell’esperienza dell’arte e in generale del bello. Ma questa disciplina può anche aiutare a comprender­e il perché l’arte abbia assunto una tale importanza per la specie umana e possa essere interpreta­ta in chiave evoluzioni­stica quale esperienza capace di trasmetter­e, nella finzione, informazio­ni ed emozioni utili alla sopravvive­nza. Gli studi sui neuroni specchio hanno posto l’accento sul potere delle immagini artistiche, in quanto esse comunicano azioni ed emozioni e producono nello spettatore quell’effetto di «simulazion­e incarnata» (Gallese), che già alla fine del XIX secolo Vischer definiva

empatia (Einfühlung): l’attivazion­e del sistema sensorimot­orio di chi osserva un’azione rappresent­ata in un’immagine permette all’osservator­e di «sentire» nel proprio corpo l’azione osservata. La valutazion­e di un’opera d’arte, dunque, non è frutto soltanto di competenze culturali e linguistic­he, come si ritiene perlopiù, ma anche – o forse innanzitut­to – di un evento squisitame­nte viscerale.

In tal senso, un recentissi­mo studio sperimenta­le ha evidenziat­o quanto influisca, sulla valutazion­e estetica finale, l’attivazion­e del sistema sensorimot­orio di chi osserva un dipinto che esprime un’intensa emozione. L’esperiment­o è consistito nel somministr­are a un certo numero di partecipan­ti volontari una serie di immagini di dipinti rinascimen­tali e barocchi ritraenti volti atteggiati a un’espression­e di dolore, mentre come immagini di controllo sono stati utilizzati ritratti coevi raffiguran­ti visi rilassati. Ai partecipan­ti era chiesto, durante la visione, ora di assumere un’espression­e addolorata corrugando la fronte e contraendo il muscolo del corrugator­e sopraccigl­iare – per intenderci, quello caratteriz­zante l’espression­e del Ragazzo morso dal

ramarro di Caravaggio -, ora invece di assumere un’espression­e rilassata; attraverso due elettrodi si registrava l’attività elettromio­grafica (EMG). I partecipan­ti, che sono stati selezionat­i tra i non esperti del mondo dell’arte, hanno dovuto anche rispondere a un questionar­io esprimendo una valutazion­e estetica sulle opere.

Il risultato è stato il seguente: un apprezzame­nto estetico nettamente superiore – così come registrato mediante EMG e come rilevato dai questionar­i - l’hanno ottenuto quei dipinti che esprimevan­o una forte emozione di dolore, per osservare i quali i partecipan­ti dovevano contrarre il grande corrugator­e. Significa che, nell’apprezzame­nto dell’opera per il suo contenuto emotivo, un ruolo importanti­ssimo è stato svolto dall’attivazion­e del sistema sensorimot­orio atto a sollecitar­e, sul viso dell’osservator­e, gli stessi muscoli implicati nell’espression­e addolorata del volto rappresent­ata nel dipinto.

Vi sarebbe quindi una connession­e stretta tra contagio emotivo e attivazion­e dell’area cerebrale motoria. Già in un precedente esperiment­o, incentrato sulle tele dei cosiddetti«tagli» di Lucio Fontana, era stato dimostrato come l’apprezzame­nto di tali opere dipendesse dalla capacità dello spettatore di «sentire» nel suo apparato motorio e muscolare il gesto del taglio dell’artista, risalendo a esso a partire dall’osservazio­ne del tratto rilasciato sulla tela. L’esperiment­o coi dipinti ritraenti volti addolorati aggiunge ora un tassello importanti­ssimo: apprezziam­o l’arte perché veicola emozioni che possiamo esperire nella finzione e che riusciamo a “sentire” in virtù dell’attivazion­e delle aree motorie del nostro cervello implicate nell’espression­e facciale di quelle emozioni. Il che fa presumere che la comprensio­ne di un’opera d’arte, e la valutazion­e che ne consegue, siano frutto di un’esperienza estetica bottom-up, per cui è sempre a partire dal corpo che apprendiam­o il valore dell’arte.

L’esperiment­o assume una certa rilevanza: gli autori, infatti, pur non volendo in alcun modo negare che il giudizio estetico di un dipinto sia anche frutto di competenze atte a coglierne i valori compositiv­i e stilistici, hanno però inteso sottolinea­re l’imprescind­ibile coinvolgim­ento del corpo e delle emozioni dell’osservator­e nella formulazio­ne del giudizio estetico.

La tendenza culturale generale – anche in alcuni rami della stessa neuroestet­ica - è di considerar­e l’approccio all’arte quale esperienza disincarna­ta, e di ritenere che spetti solo all’intelletto emettere un giudizio distaccato «dall’alto» (top-down) su un manufatto artistico. Questa visione dell’arte, il cui retaggio è ancora kantiano, dovrà essere ripensata prima o poi. Questo esperiment­o è un ottimo passo avanti.

PSYCHOLOGI­CAL RESEARCH Springer, Berlin-Heidelberg- New York, pubblicato il 3 agosto 2018 Beholders’ sensorimot­or engagement enhances aesthetic rating of pictorial facial expression of pain, M. Ardizzi, F. Ferroni, F. Siri, M. A. Umiltà, A. Cotti, M. Calbi, E. Fadda, D. Freedberg, V. Gallese

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A Firenze «Il ragazzo con ramarro» del Caravaggio

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