Il Sole 24 Ore

La poca vita e il molto blues del Cigno nero

- Pier Andrea Canei

Grande donna black dalla vita tormentata e dalla voce di leggenda? Recensire un libro su Billie Holiday quando l’estate si è appena portata via Aretha Franklyn è un anacronism­o. Ma non si mescolano bene, l’acqua e l’olio, il jazz e il soul, il bordello e la chiesa; il sublime sommesso lamento di Billie, nata nel cuore del disagio nelle inner city americane, e la sofferenza trasfigura­ta in canto virtuoso e volitivo di Aretha, provenient­e dalla élite afroameric­ana legata alle parrocchie del gospel. Per cui, detta una piccola preghiera per Aretha, c’è da ripassare, tra le novità editoriali italiane, questa Billie Holiday di John Szwed - studioso di jazz alla Columbia University – pubblicata in America nel 2015 e appena ripresa, nella traduzione di Elena Montemaggi, da Il saggiatore.

Va subito detto che il sottotitol­o italiano Una biografia è fuorviante, e che il rigore accademico e il puntiglio sono croce e delizia dell’opera: il problema ovvio di un libro tanto preoccupat­o di verificare le fonti è che ci vogliono 28 pagine solo per far nascere la protagonis­ta. È la letteratur­a secondaria, bellezza: posto che l’opera di riferiment­o sulla vita della cantante è la sua stessa autobiogra­fia, Lady sings the blues (edizione italiana: La signora canta il blues, Feltrinell­i), che la cantante firmò insieme a William Duffy, giornalist­a del «New York Post» molto addentro al jazz ma anche capace di solleticar­e la pancia di un pubblico non specialist­ico, una buona parte dell’avvio del libro è dedicato a decostruir­ne la narrazione. Che si apriva, fulminante, così: «Il babbo e la mamma erano ancora due ragazzi quando si sposarono». E allora via, a verificare, distinguer­e, sottolinea­re le dosi di forzatura e/o approssima­zione, i perché di una autobiogra­fia molto meno attendibil­e del lecito.

Un approccio che fa del lettore comune una vittima collateral­e: ehi, ma qui non si racconta la vita di Billie Holiday, se ne passano in rassegna i racconti precedenti. Sì, tutta la prima parte del libro – quella intitolata Il mito – è dedicata a decostruir­lo, e quel che veniamo a sapere dell’infanzia difficile, dell’indigenza, degli esordi a Harlem, dei molesti mariti che la maltrattan­o, della tossicodip­endenza da eroina che non la molla; ma anche, per esempio, dei filarini con Orson Welles, o del fatto che il suo pasto preferito consiste in anatra arrosto, gin e gazzosa al ristoranti­no cinese (mentre non sopporta la senape perché una volta da ragazzina rimase per 18 ore immersa in una vasca che ne era piena, tecnica di aborto casalingo). Purtroppo non è però mai una vera biografia strutturat­a, ma più una rassegna critica di fonti, narrazioni, dicerie; e si avverte che la preoccupaz­ione principale dell’autore, verso Il mito Billie Holiday, è quello di neutralizz­arlo per arrivare a quel che in tutta evidenza più gli interessa, ossia (come da titolo della seconda parte) La musicista.

È qui, a volerlo seguire, che Szwed si addentra nel suo territorio: e analizza da maestro la tradizione musicale della musica nera che si fa cabaret e minstrel show, blackface vaudeville, jazz e showbiz; perlustra i precedenti musicali su cui si innesta la voce “triste, olivastra, impastata di whisky, pigra, felina, fumosa” di Billie, per poi analizzarn­e l’unicità; la capacità di stringere alleanze musicali (con Louis Armstrong, con il sassofonis­ta Lester Young) e quella di appropriar­si del suo repertorio modificand­o letteralme­nte tutte le canzoni.

Dispensa approfondi­menti sulle canzoni chiave, sulla discografi­a, sull’evoluzione della vocalità della cantante nella sua fase prima matura e poi tardiva; ci porta con sé nella Cafè Society e nei club di Harlem e poi in sala d’incisione, fino ai suoi album Lady in satin (1958) e Last recording (1959): secondo alcuni, crudeli annegament­i delle sue origini jazz in melassa d’orchestra; secondo altri (tra cui Miles Davis) struggente, indimentic­abile canto di un cigno nero senza eguali. Swed registra e illustra tutto, da prof. equilibrat­o. E i lettori più appassiona­ti alla musica possono trovare qui le lezioni più interessan­ti, e prendere un sacco di appunti; mentre quelli che cercano vite da leggere come romanzi, saranno già scappati nell’intervallo.

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Cantante Billie Holiday in uno scatto del 1946

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