Il 27 e 28
ottobre torna il Festival of Italian
Literature in London. Tra gli ospiti Ali Smith , Walter Siti, Olivia Laing, Donald Sassoon, Mathias Énard, Nicola Lagioia Igiaba Scego, Sharmaine Lovegrove, George Szirtes, Veronica Raimo,
Sophie Mackintosh, www.fill.org.uk
Guerra fredda in Il mio meridiano zero, ragionamento attorno alla «cartografia interiore», griglia di meridiani e paralleli fondata sull’esperienza personale con cui ci si orienta nella vita e che talora si scontra con le mappe ufficiali, con tanto di «geonostalgia».
L’impermanenza è il filo conduttore di tutti gli scritti, vagabondaggi mentali tra il luogo di origine e d’approdo. E chi meglio di Saleh Addonia - nato in Eritrea da madre eritrea e padre etiope, cresciuto in un campo profughi in Sudan e poi in Arabia Saudita, rappresentante di quella comunità fantasma, priva di presente e identità che sono i migranti senza asilo - può rappresentare l’impermanenza? È suo infatti il bel testo (non al livello però di quelli sorprendenti del suo esordio Lei è un altro paese, Casagrande, 2018) che apre la raccolta: Il Film shop . Fa venire il mal di mare tanto il protagonista, quasi sordo come l’autore, ondeggia privo di punti di riferimento, riducendosi nei momenti di sconforto a noleggiare film già visti, «per sentirmi un po’ più al sicuro immagino».
Il racconto di questi ridondanti, iperstratificati e quasi impenetrabili sovraorganismi che sono le città mondo o le megalopoli odierne è un filone narrativo che sta dando risultati interessanti, che indaghi la lurida e sconfinata Lagos di A. Igoni Barrett, «città di milioni di stati in guerra tra loro», la vulcanica Delhi di Rana Dasgupta, il terrificante laboratorio a cielo aperto della globalizzazione che è la Kinshasa di Koli Jean Bofane, o la Maximum City di Suketu Mehta, o ancora la Città aperta di Teju Cole. Sono tentativi di riappropriarsi di costruzioni umane che ci hanno ampiamente sorpassato, di fermarle mentre ci sfuggono nel frenetico e farneticante mutamento, ben più veloce di quel che facciamo già fatica ad accettare. Un mutamento non solo spaziale ma anche culturale e genetico. Il meticciato che nel passato ha fatto la forza degli imperi e che ora rischia di far crollare staterelli impauriti. Lucifer Over London sarà anche un’istantanea per tramandare cos’era Londra prima della Brexit.
Sostenibilità. Nell’ambito di Bologna Award
2018 è stato consegnato allo
scienziato statunitense Joseph Puglisi,
docente all’Università di
Stanford, il Premio City of Food Master 2018 per gli studi sulle proteine vegetali
capaci di comporre burger vegani in tutto e per tutto simili alla carne. Con Joseph Puglisi Bologna Award 2018, promosso da Fondazione FICO, ha premiato l’ambientalista indiana Sunita Narain, gli chef
Antonia Klugmann e Filippo La Mantia, il food performer Nick Difino, il giardiniere di
Versailles Giovanni Delù.