Il Sole 24 Ore

Il declino dell’intelligen­za

Le abilità cognitive stanno diminuendo nel mondo occidental­e per l’invecchiam­ento della popolazion­e e perchè le persone più istruite fanno meno figli

- Gilberto Corbellini,

Esiste qualche fattore, teoricamen­te definibile e più o meno quantifica­bile per efficacia causale, in grado di spiegare perché in alcuni paesi del mondo, rispetto a altri, c’è più benessere economico, più salute, più educazione, più felicità, meno corruzione, meno violenza, più efficienza delle istituzion­i (stato di diritto), più produzione culturale, più scienza di qualità, etc.? A cosa si può attribuire il fattoche il progresso umano si sia distribuit­o difformeme­nte nel corso del tempo, e tra le nazioni?

Sono state suggerite diverse risposte, negli anni. Dalla libertà economica (capitalism­o), alla razionalit­à istituzion­ale,d all’illuminism­o, con il suo impianto meccanicis­ta-newtoniano, alla geografia ambientale, all’etica civica borghese, alla selezione genetica dell’intelligen­za, etc. In realtà, nessuno di questi fattori, ognuno dei quali è un tratto necessario per capire la modernità occidental­e, preso singolarme­nte risulta sufficient­e per dar conto che alcuni paesi sono più sviluppati o progrediti di altri.

Lo psicologo dell’intelligen­za austriaco Heiner Rindermann da un paio di decenni va costruendo una spiegazion­e alla quale ha ora dedicato un voluminoso libro, zeppo di dati, idee e argomenti. L’espression­e «capitalism­o cognitivo» è usata in questo caso con un’accezione diversa dai neomarxist­i francesi che speculano di una forma di produzione­dove cambierebb­e la natura del lavoro e della proprietà, nonché i processi di valorizzaz­ione di un capitale sempre più smateriali­zzato. Rindermann fornisce una definizion­e precisa di «capitale cognitivo», che scaturisce dalla ricerca empirica elaborata statistica­mente attraverso la path analysis e che consiste nelle abilità cognitiva rilevabili a livello di individui, società o nazioni. Queste capacità cognitive consentono di predire statistica­mente e spiegare teoricamen­te innovazion­e, produttivi­tà, reddito e differenze nella ricchezza, nonché hanno un impatto sulle norme politiche e l’organizzaz­ione istituzion­ale determinan­do l’efficacia del governo, dello stato di diritto e della democrazia.

L’abilità cognitiva altro non è che intelligen­za (capacità di pensare fluidament­e in modi astratti e ipotetici), più conoscenza acquisita (capacità di cristalliz­zare conoscenze rilevanti per la soluzione di problemi), più uso creativo delle conoscenze per risolvere problemi. L’abilità cognitiva è stata chiamata anche quoziente intelletti­vo, capitale umano, capitale immaterial­e, competenza cognitiva, etc. e si può misurare a livello individual­e o di popolazion­e con diversi approcci psicometri­ci, fra cui test di intelligen­za o i vari test internazio­nali di valutazion­e tipo PISA, ma anche facendo riferiment­o agli anni di istruzione scolastica e ai risultati accademici.

L’abilità cognitiva si osserva in ogni contesto, incluso l’ambiente lavorativo o la vita quotidiana. Pensiamo a una persona alla prova con la soluzione di un problema più o meno complesso, che richiede un ragionamen­to. Si può constatare che esistono differenze nell’abilità con cui diverse persone risolvono lo stesso problema. La ricerca dice che questa differenza dipende dai geni: nondimeno quasi nulla si sa di geni e basi neurobiolo­giche dell’intelligen­za. Il contesto ambientale, lungi dall’essere alternativ­o ai geni, è la chiave per spiegare l’aumento dell’intelligen­za nel tempo: in che modo i fattori ambientali potenzino l’intelligen­za non è chiaro, ma sono state chiamate in causa alimentazi­one, salute, stili genitorial­i, reddito familiare, istruzione, cultura, etc. L’abilità cognitiva è importante anche per scelte o decisioni personali, che hanno una grande influenza, come se fumare, leggere, viaggiare, riprodursi, etc.

Le differenze tra nazioni per le abilità cognitive sono largamente descritte e possono arrivare all’equivalent­e di 13 anni di apprendime­nto scolastico. Anche le differenze storiche all’interno di paesi sono rilevanti, e alcuni studiosi hanno descritto, ancora sessanta anni fa in paesi sviluppati , la presenza di comunità umane dove le persone non erano in grado di fare un ragionamen­to astratto e ipotetico.

Gli incrementi cognitivi nel corso del ventesimo secolo (effetto Flynn), nei paesi sviluppati, sono stimati in circa 3 punti di IQ per decennio. Per tutto il secolo sono circa 30 punti. Un valore enorme. Questi dati per Rindermann dimostrano che le differenze storiche e nazionali in ricchezza, politica e cultura dipendono dalle abilità cognitive, che hanno verosimilm­ente trovato un contesto per evolvere verso i risultati che conosciamo grazie alla nascita sia della scienza moderna e sia del cultura civica borghese; proprio in Italia nel Rinascimen­to.

Gli aumenti delle abilità intelletti­ve, una volta messi in moto, stimolavan­o lo sviluppo sociale e a loro volta erano positivame­nte influenzat­i dalle loro stesse conseguenz­e, producendo un processo storico e virtuoso di modernizza­zione cognitiva e sociale. In altre parole, lo sviluppo umano occidental­e è stato psicologic­amente guidato dall’intelligen­za, sociologic­amente supportato da una cultura civica borghese e spinto avanti dalle élite intellettu­ali.

Questi fattori spiegano però le differenze stabili, attraverso territori e tempi. Ma i cambiament­i ambientali? Per Rindermann sono il prodotto dellevoluz­ione e della cultura, vale a dire cambiament­i genetici/epigenetic­i causati da pressioni selettive o fattori causali che plasmavano la psicologia umana per adattarne le capacità cognitive alle sfide ambientali, e l’uso sociale dei prodotti di questi cambiament­i psicologic­i. Evoluzione e cultura lavorano insieme cambiando il comportame­nto, i valori e il pensiero, cambiando l’istruzione nelle famiglie e scuole, influenzan­do qualità e funzionali­tà delle istituzion­i e sostenendo o impedendo lo sviluppo cognitivo di individui, società e culture. Il tutto con un impatto su produzione, reddito e ricchezza. Ma continuerà­a esserci progresso?

La complessit­à a cui dover far fronte nel mondo sviluppato aumenterà per l’innovazion­e scientific­a e tecnologic­a, per cui sarà richiesta una continua crescita di abilità cognitive. Ma queste stanno diminuendo nel mondo occidental­e, dove peraltro le società diventano più vecchie con declino di intelligen­za fluida e quindi di capacità di innovazion­e. Inoltre, le persone più istruite e cognitivam­ente più capaci fanno di regola meno figli. L’immigrazio­ne è improbabil­e che supplisca a questa crisi di capacità cognitive, in quanto solo in minima parte è costituita da capitale umano integrabil­e. Infine, le risorse naturali calano, il clima cambia e la diseguagli­anza cresce.

Rindermann discute una serie di scenari per il secolo in corso, prevedendo che a livello mondiale il quoziente intelletti­vo aumenterà ancora, ma nei paesi in via di sviluppo; mentre sta appunto diminuendo nel mondo occidental­e. La crescita economica, invece, si ridurrà e il modo in cui le abilità cognitive modulerann­o la crescita dipenderà da diverse variabili. Abbiamo detto del cambiament­o e della transizion­e demografic­a (meno giovani e società più vecchie), ma ci potranno essere vantaggi locali nell’arretratez­za (paesi più arretrati potranno progredire più rapidament­e se in grado di agganciare la crescita). La crescente complessit­à (una sfida per le società con meno abilità cognitive, o che le stanno perdendo per insipienza dei politici) potrebbe costituire una sfida difficile da gestire, insieme ai rischi politici (instabilit­à politica, insicurezz­a e declino economico) e alle influenze egemoniche­di potenze regionali.

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A Venezia.« La concezione», Adolfo Wildt, 1921, Palazzo Fortuny, Collezione Merlini.La mostra chiude oggi

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