Un «Libro mirabile» di previsioni strampalate
«Nulla, eccelso vescovo, è tanto umano quanto piacevole che scoprire e sapere le cose che la natura ha nascosto nei
suoi carceri. Niente è tanto eccellente e magnifico quanto capire e contemplare la più grande opera di Dio. Poiché l'astrologia comprende queste due cose, sia la più grande opera divina, che è la macchina celeste, sia l’arcana conoscenza degli avvenimenti futuri, a buon diritto questa scienza è onorata da tutti i sapienti come la più eccellente ed è la più nobile delle scienze, perché non tratta solo delle cose celesti, ma anche degli avvenimenti futuri».
Così scriveva Gerolamo Cardano nella dedica al vescovo Hamilton dei
Giudizi di Tolomeo sugli astri, anno 1578. Trasmessa dall’antichità al Medioevo smarrito e anelante tra infinite sventure di guerre e pestilenze, massacri e carestie, l’astrologia conobbe ancora nel Rinascimento, età di riforme e di guerre religiose, una diffusione e credenze sensazionali; più argomen
tata e tanto più rassicurata.
Fra i manuali astrologici si pone in quegli anni un Mirabilis liber, che svela chiaramente le profezie, le rivelazioni nonché le cose ammirevoli del passato, del
presente e del futuro; repertorio edito anonimamente a Roma nel 1522 o 1524, che ebbe vasta diffusione, e a fine secolo fu anche messo all’Indice. Le sue pagine sono una fitta e tumultuosa congerie di predizioni, spesso così articolate da divenire brani storici o racconti veri e propri; squarci e descrizioni di città e campagne e di avvenimenti oscuri o risonanti nella storia europea all’inizio di una nuova era. Tutte cose facili da conoscere anticipatamente, a detta dell’Autore, percorrendo tre strade: la vita di ogni uomo, che istruito dalla sua esperienza delle cose di questo mondo può trovare nel passato molte analogie col futuro; la conoscenza degli astri e dei loro movimenti, scienza facile a detta di Tolomeo; infine le rivelazioni provenienti da Dio stesso.
Il lungo e tortuoso racconto inizia con le prime profetesse, le dieci Sibille sparse in tutto il Mediterraneo, una delle quali, fatta venire a Roma dopo lungo vagare dal re Tarquinio VII, rivelò ai Romani la successione nel tempo delle loro nove generazioni, in stile decisamente biblico. Nella quarta generazione, regnante il famoso imperatore Cesare Augusto, nascerà dalla razza degli Ebrei il figlio di una Vergine denominata Maria, che perseguitato e crocifisso brutalmente, risorgerà e salirà al cielo, e il suo regno non avrà fine. Sulla terra l’impero dei Romani sarà poi invaso dagli eserciti di due re venuti dall’Oriente, e numerosi quanto sono i granelli della sabbia del mare; e ci saranno sempre più guerre e persecuzioni, fino a che l' umanità raggiungeràil suo termine e sarà sottoposta a un Giudizio Universale, dove ogni uomo uscirà dall'oscuro Averno e apparirà alla luce del Sole, mentre gli astri scompariranno, il fuoco divorerà terra mare e cielo, e le acque del mare copriranno la terra così alte, da raggiungere le cime dei monti al suono delle trombe celesti.
La Sibilla visse 362 anni, e dopo di lei i fatti si snodarono come da lei predetti. Avrà grande rilevanza il popolo dei Galli, così detti perché posseggono le tre caratteristiche principali di quei volatili: superbia, lussuria e bellicosità, ma anche la bellezza, poiché il gallo è ornato da un piumaggio brillante, è audace, gaio, ardente e liberale, eccellente monarca delle pollastre.
Dopo di che si alterneranno mille risse fra gli uomini, assassinî, prigioni, catene, sedizioni, condanne e vecchie ferite che si risveglieranno. In Polonia si vedranno gli uomini marciare sotto il peso dei flagelli quasi nudi e con pochi stracci addosso, fra inondazioni e naufragi che aumenteranno la loro miseria. E quelle che sono tutta la consolazione dei loro sposi, la gioia dei banchetti, l'ornamento delle case, astri brillanti dotati da Dio dei più incantevoli doni per la nostra felicità? Alle donne il crudele Saturno presagisce parti laboriosi e difficili, aborti e pericoli per i loro bambini.
A questo punto il Liber fa un passo indietro e inserisce le profezie dell'abate Gioachino da Fiore, che di spirito profetico dotato, sul finire del 1100 partì dalla Calabria onde raggiungere il papa per spiegargli “pur commettendo qualche errore” i misteri dell'Antico Testamento e dell’Apocalisse. E così poco più avanti viene riassunta ampiamente la conversazione che ebbe col diavolo nel 1490 l’umile servitore di Gesù Cristo fra Gerolamo Savonarola, secondo quanto riferisce egli stesso in uno dei suoi terribili sermoni.
Non poteva mancare fra tanta fantasia il bestiario ispirato dai libri biblici e perfezionato nel Medioevo. Ed ecco verso la fine dell’opera una citazione savonaroliana in cui compaiono un uccello grande come un cavallo e veloce come il proiettile di una balestra, il quale percorrerà tutto il mondo col becco aperto e inghiottendo vivi tutti gli altri; e poi un pesce lungo cinquanta metri, che farà altrettanto con gli altri pesci.
Non occorre disturbare Voltaire per ragionare che non si può conoscere l’avvenire per il semplice motivo che non si può conoscere l’inesistente. L’autore stesso del Liber, scrivendo tutto ciò senza alcuna perplessità, con uno stile rude e spesso necessariamente criptico, si rende pur conto ripetutamente del rischio del dubbio o dell’incredulità che il suo libro, proprio per essere farcito di meraviglie perlopiù cupe e nefaste, può suscitare nei lettori. Ma, spiega citando Cicerone, la divinazione, fondata sui fenomeni celesti, «non è una delusione»: al contrario, è cosa magnifica e salutare e «il dono che più avvicina il mortale alla divinità». Se qualcuno non vi crede, sappia che, come disse il Principe dei filosofi, Aristotele, ciò deriva dalla propria ignoranza, di cui è difficile spezzare le catene.
In ogni caso questo suo Libro mirabile rappresentalo spaccato esemplare di un vero genere letterario e della psicologia o psicosi di tante generazioni stralunate.
LIBER MIRABILIS
a cura di Luca Garai
La Vita Felice, Milano, pagg. 344, € 18,50