Da Flaubert a DeLillo: letteratura
Tramontata l’epoca che Remo Cesarani aveva chiamato
«età dell’oro della critica»,
gran parte dei reduci di quella stagione - nonché i loro epigoni - ha trovato opportuno trascurare le questioni di ordine generale, per rincantucciarsi negli studi iperspecialistici. In altre parole, ha finito col prendere alla lettera la risposta paradossale che Roland Barthes aveva fornito alla domanda fatidica «che cos’è la letteratura?»: «la letteratura è ciò che si insegna, punto e basta».
Proprio a partire da questo interrogativo fondativo, prende le mosse il saggio di Federico Bertoni, teorico della letteratura che con ammirevole ardimento ha inteso riproporre una vasta riflessione epistemologica sugli statuti del letterario. Letteratura (questo il titolo lapidario e forse ironicamente provocatorio, equilibrato dal sottotitolo denotativo Teorie, metodi,
strumenti), anche semplicemente rispetto a queste premesse, si rivela dunque un libro importante. Tuttavia non si tratta di un testo puramente teoretico, come scrive l’autore in un «Congedo» che non è improvvido leggere altresì come premessa o introduzione: «Teoria in azione, allergica ai grandi edifici dottrinali, attenta a declinare le nozioni tecniche di questo sapere in forma strategica e pragmatica, al servizio di una migliore intelligenza dei testi e di quel fenomeno stupefacente che continuiamo a chiamare “letteratura”». In effetti, per la sua articolazione, si tratta di un lavoro che riesce a essere sinottico e militante, ricapitolativo e «in situazione»: la «prassi» alla quale Bertoni dichiara programmaticamente di non voler rinunciare è devoluta a quattro «Letture» che inframezzano i capitoli del libro e hanno la funzione di verificare nell’analisi dei testi ciò che è stato elaborato nelle sezioni meramente teoriche, e insieme di raccordarle
(Underworld di DeLillo, Madame Bovary di Flaubert, Fuoco pallido di Nabokov, Il Master di Ballantrae di Stevenson sono i classici “esemplari” presi in esame). Ma anche nelle parti, per così dire, “istituzionali” del libro, il critico realizza la sua intenzione di elaborare una teoria in azione: pur incorrendo nel rischio di banalizzazioni, in estrema sintesi si potrebbero descrivere i primi due capitoli come quelli a più alta densità epistemica, nei quali Bertoni ragiona degli statuti della letteratura e della critica nel tempo presente e riformula gli irrinunciabili interrogativi gnoseologici (che cosa, quando, dove, come, perché la letteratura); gli altri due come quelli più distesamente repilogativi (ancorché mai banali) rispetto alle questioni basilari per un saggio di teoria letteraria, non a caso intitolati «il testo letterario» e «i ferri del mestiere», nei quali il confronto con la tradizione degli studi, con la quale l’autore ha una felice dimestichezza, si fa, se possibile, ancora più serrato.
Rispetto ai timorosi tentativi di rivendicare «una qualche forma di insostituibile utilità» della letteratura, che vorrebbe resistere all’avanzata del capitalismo cognitivo, alla sua logica economicista e alla colonizzazione dell’immaginario, ma finisce col rendere manifesta la propria subalternità, tornare a chiedersi non a cosa serva, ma che cosa sia la letteratura, è un gesto quasi rivoluzionario, specie nell’Italia di oggi.
LETTERATURA. TEORIE, METODI, STRUMENTI
Federico Bertoni
Carocci, Roma, pagg. 318, € 28