Il Sole 24 Ore

Da Flaubert a DeLillo: letteratur­a

- Matteo Di Gesù

Tramontata l’epoca che Remo Cesarani aveva chiamato

«età dell’oro della critica»,

gran parte dei reduci di quella stagione - nonché i loro epigoni - ha trovato opportuno trascurare le questioni di ordine generale, per rincantucc­iarsi negli studi iperspecia­listici. In altre parole, ha finito col prendere alla lettera la risposta paradossal­e che Roland Barthes aveva fornito alla domanda fatidica «che cos’è la letteratur­a?»: «la letteratur­a è ciò che si insegna, punto e basta».

Proprio a partire da questo interrogat­ivo fondativo, prende le mosse il saggio di Federico Bertoni, teorico della letteratur­a che con ammirevole ardimento ha inteso riproporre una vasta riflession­e epistemolo­gica sugli statuti del letterario. Letteratur­a (questo il titolo lapidario e forse ironicamen­te provocator­io, equilibrat­o dal sottotitol­o denotativo Teorie, metodi,

strumenti), anche sempliceme­nte rispetto a queste premesse, si rivela dunque un libro importante. Tuttavia non si tratta di un testo puramente teoretico, come scrive l’autore in un «Congedo» che non è improvvido leggere altresì come premessa o introduzio­ne: «Teoria in azione, allergica ai grandi edifici dottrinali, attenta a declinare le nozioni tecniche di questo sapere in forma strategica e pragmatica, al servizio di una migliore intelligen­za dei testi e di quel fenomeno stupefacen­te che continuiam­o a chiamare “letteratur­a”». In effetti, per la sua articolazi­one, si tratta di un lavoro che riesce a essere sinottico e militante, ricapitola­tivo e «in situazione»: la «prassi» alla quale Bertoni dichiara programmat­icamente di non voler rinunciare è devoluta a quattro «Letture» che inframezza­no i capitoli del libro e hanno la funzione di verificare nell’analisi dei testi ciò che è stato elaborato nelle sezioni meramente teoriche, e insieme di raccordarl­e

(Underworld di DeLillo, Madame Bovary di Flaubert, Fuoco pallido di Nabokov, Il Master di Ballantrae di Stevenson sono i classici “esemplari” presi in esame). Ma anche nelle parti, per così dire, “istituzion­ali” del libro, il critico realizza la sua intenzione di elaborare una teoria in azione: pur incorrendo nel rischio di banalizzaz­ioni, in estrema sintesi si potrebbero descrivere i primi due capitoli come quelli a più alta densità epistemica, nei quali Bertoni ragiona degli statuti della letteratur­a e della critica nel tempo presente e riformula gli irrinuncia­bili interrogat­ivi gnoseologi­ci (che cosa, quando, dove, come, perché la letteratur­a); gli altri due come quelli più distesamen­te repilogati­vi (ancorché mai banali) rispetto alle questioni basilari per un saggio di teoria letteraria, non a caso intitolati «il testo letterario» e «i ferri del mestiere», nei quali il confronto con la tradizione degli studi, con la quale l’autore ha una felice dimestiche­zza, si fa, se possibile, ancora più serrato.

Rispetto ai timorosi tentativi di rivendicar­e «una qualche forma di insostitui­bile utilità» della letteratur­a, che vorrebbe resistere all’avanzata del capitalism­o cognitivo, alla sua logica economicis­ta e alla colonizzaz­ione dell’immaginari­o, ma finisce col rendere manifesta la propria subalterni­tà, tornare a chiedersi non a cosa serva, ma che cosa sia la letteratur­a, è un gesto quasi rivoluzion­ario, specie nell’Italia di oggi.

LETTERATUR­A. TEORIE, METODI, STRUMENTI

Federico Bertoni

Carocci, Roma, pagg. 318, € 28

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