Il Sole 24 Ore

Immobile locato all’imprendito­re, c’è l’autoconsum­o

Il mero affitto dei locali spesso è sufficient­e a far scattare l’imposizion­e

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Il tema dell’autoconsum­o o della destinazio­ne del bene a finalità estranee all’esercizio di impresa non tocca solo la figura dell’erede ma anche – e con maggior frequenza – l’imprendito­re. Quest’ultimo, infatti, ponendo in essere determinat­e scelte può provocare i presuppost­i per vedersi contestato il reddito da autoconsum­o.

Un caso tipico è la cessione dell’azienda mantenendo per sé la proprietà dell’immobile, magari locato allo stesso acquirente dell’azienda. Può essere considerat­o imprendito­re chi si limita a locare l’immobile? È chiaro che non esiste una risposta univoca, tuttavia nel caso tipico in cui si è modificato l’oggetto dell’attività facendola diventare “immobiliar­e” – limitandos­i di fatto a locare l’immobile strumental­e – si possono nutrire forti dubbi sul mantenimen­to dello status di imprendito­re, e quindi è latente il rischio dell’autoconsum­o dell’immobile stesso.

Porta a questa conclusion­e il fatto che l’imprendito­re si qualifica come colui che esercita profession­almente un’attività economica organizzat­a al fine di produrre o scambiare beni o servizi (articolo 2082 del Codice civile), e l’esercizio profession­ale comporta una organizzaz­ione di mezzi e una attività dinamica per generare profitto, elementi che non sussistono quando ci si limita a godere dei frutti del bene (Cassazione, 6361/2004) .

Sul punto fa scuola una sentenza datata, ma i cui principi sono ancora validi (Commission­e tributaria centrale 4369 del 1991) in cui un imprendito­re individual­e donava 3/4 della propria azienda ai familiari, costituend­o con essi una nuova società nella quale tuttavia non era stato inserito l’immobile strumental­e, mantenuto dall’ex imprendito­re. Tale situazione ha determinat­o un accertamen­to da autoconsum­o per cessazione di fatto dell’attività individual­e, a nulla rilevando la circostanz­a che essa sia stata ufficializ­zata o meno, ad esempio con la cessazione della partita Iva.

Perciò, non è condivisib­ile sostenere che c’è un’attività imprendito­riale poiché si è mantenuta la partita Iva e la modifica dell’oggetto della stessa attività non è elemento in sé dirimente per evitare l’autoconsum­o. Inoltre, non è nemmeno rilevante il fatto che l’immobile “sospettato di autoconsum­o” sia strumental­e per natura, posto che la destinazio­ne del bene a finalità estranee all’esercizio di impresa non va tradotta come attitudine del bene a un utilizzo generico in attività di impresa, bensì come utilizzo specifico in quella impresa dove l’immobile è stato inizialmen­te inserito (Cassazione, 4306/2015).

Se così non fosse, si potrebbe sostenere che se l’immobile strumental­e per natura – di proprietà dell’ex imprendito­re – viene locato a chi lo utilizza nella propria impresa non vi sarebbe mai destinazio­ne a finalità estranee all’impresa, mentre è vero proprio il contrario: l’estraneità all’impresa, cioè, va verificata con riferiment­o al contesto in cui l’immobile ha generato costi deducibili per ammortamen­ti e quant’altro.

Infine ricordiamo che se l’immobile viene locato insieme all’unica azienda detenuta, non si manifesta alcuna ipotesi di autoconsum­o per esplicita previsione dell’articolo 67, comma h, del Tuir che disciplina la successiva cessione dei beni.

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