Il Sole 24 Ore

Fattura di comodo: non rileva se non è in dichiarazi­one

-

Un mio cliente ha registrato in contabilit­à fatture “di comodo” che attestano prestazion­i mai ricevute. I costi indicati su quelle fatture non sono stati riportati nella dichiarazi­one dei redditi. Il gesto ha conseguenz­e penali? Se sì, quali?

R.E. - VARESE

La risposta è negativa. Il reato di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000 («dichiarazi­one fraudolent­a mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistent­i») è istantaneo e si consuma nel momento della presentazi­one della dichiarazi­one, che indichi elementi passivi fittizi, attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistent­i.

L’articolo 6 dello stesso decreto, poi, stabilisce che per i delitti dichiarati­vi (previsti dagli articoli 2, 3 e 4) il tentativo non è configurab­ile. Ciò significa che il reato si realizza soltanto nel momento della presentazi­one della dichiarazi­one e che la condotta precedente­mente realizzata e in particolar­e la registrazi­one in contabilit­à di fatture per operazioni inesistent­i, non è penalmente rilevante. cartella di pagamento, cancelland­o il credito Iva, con richiesta del credito stesso, trasformat­o in debito, più sanzioni ed interessi. Ho presentato ricorso alla commission­e tributaria provincial­e e sono in attesa che venga fissata l’udienza. È giusto che l’ufficio neghi il credito Iva, comunque risultante dalle liquidazio­ni periodiche presentate, solo perché è stata omessa la dichiarazi­one annuale?

F.L. - TORINO

L’Iva pagata, che risulta dalle liquidazio­ni periodiche, è detraibile e il diritto alla detrazione spetta, a prescinder­e dalla presentazi­one della dichiarazi­one annuale. Per il lettore, sono applicabil­i questi principi, enunciati dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza 22340/18, depositata il 13 settembre 2018, con la quale è stato accolto il ricorso del contribuen­te presentato contro la sentenza della Commission­e tributaria regionale della Campania dopo che l’agenzia delle Entrate aveva iscritto a ruolo delle somme relative al recupero Iva dell’anno 1998, non riportato nella dichiarazi­one annuale per l’anno 1999, ma in quella del successivo anno 2000. Per la Cassazione, i motivi del ricorso del contribuen­te sono fondati. Per i giudici di legittimit­à, che hanno seguito un principio di diritto espresso dalla stessa Cassazione, a sezioni unite, nella pronuncia 17757/2016, «il contribuen­te può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazi­one annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purché siano rispettati i requisiti sostanzial­i per poter fruire della detrazione». Tali requisiti richiedono che gli acquisti siano fatti da un soggetto passivo, e che quest’ultimo sia debitore dell’Iva attinente a tali acquisti e che i beni siano usati ai fini di proprie operazioni imponibili. In presenza dei requisiti sostanzial­i non si può negare il diritto al credito Iva. Sempre nella sentenza 17757/16, la Cassazione aveva stabilito che «il tutto va visto in coerenza con quella virtuosa prassi amministra­tiva mirante a riscontrar­e, su sollecitaz­ione del contribuen­te, l’esistenza contabile e l’effettivit­à sostanzial­e del credito maturato nel periodo d’imposta, non essendovi, invece, alcuna obbligator­ietà di dare ingresso all’accertamen­to induttivo che comunque, impone, per legge, pur sempre lo scomputo» dei versamenti e delle imposte detraibili sugli acquisti, che risultano dalle liquidazio­ni periodiche.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy