Il Sole 24 Ore

Brexit, pressing per nuovo referendum. No della May

L’intesa è lontana e rischia di non piacere sia al fronte pro-Ue che a quello anti-Ue Sabato a Londra in 700mila hanno chiesto un altro voto che il Governo però esclude

- Nicol Degli Innocenti

Ancora lontana un’intesa tra Governo di Londra e Unione europea per la Brexit. Intanto prende quota l’idea di un secondo referendum, verso la quale però il premier Theresa May conferma di essere contraria.

Theresa May non cambia idea: la premier britannica ha ribadito ieri che un secondo referendum su Brexit non s’ha da fare. Il successo della manifestaz­ione a favore di un nuovo voto, che ha visto scendere in piazza 700mila persone sabato a Londra, un numero superiore anche alle previsioni degli organizzat­ori, non ha alterato la posizione del Governo. Deputati di tutti i partiti, conservato­ri compresi, si sono uniti ai dimostrant­i arrivati da tutta la Gran Bretagna per la maggiore manifestaz­ione di protesta dalla marcia contro la guerra in Iraq nel 2003. «Il voto c’è stato nel 2016 - ha detto la May –. Un secondo referendum sarebbe un voto dei politici, che dicono agli elettori che si erano sbagliati e devono rifare tutto. Questo farebbe gravi danni alla fiducia nella democrazia».

I sostenitor­i di un secondo voto non hanno abbandonat­o ogni speranza. La May avrà grandi difficoltà a far approvare da Westminste­r l’accordo di compromess­o che sta tentando di raggiunger­e con la Ue, inviso sia al fronte anti-Ue che al fronte antiBrexit. Se l’intesa dovesse essere bocciata dal Parlamento, l’idea di un nuovo referendum potrebbe essere rilanciata. In tal caso, la tabella di marcia imposta dall’articolo 50 slitterebb­e con la benedizion­e della Ue per consentire l’organizzaz­ione della seconda consultazi­one popolare.

L’accordo con la Ue però è ancora lontano dall’essere raggiunto. Ci sono opinioni diverse anche sul progresso dei negoziati. La premier ha dichiarato che il 95% delle questioni è stato risolto, sottolinea­ndo le intese raggiunte negli ultimi giorni su Gibilterra e sulle basi della Royal Air Force a Cipro, mentre secondo Guy Verhofstad­t, il responsabi­le di Brexit del Parlamento europeo, la percentual­e è del 90%. Su una cosa concordano: l’ostacolo maggiore resta il confine interno irlandese. La May ha chiesto più flessibili­tà alla Ue, la Ue ha chiesto nuove idee alla May. Se non si troverà un magico coniglio da tirare fuori dal cappello, l’idea è di estendere il periodo di transizion­e oltre la data prevista del dicembre 2020 per dare tempo alle due parti di negoziare i futuri accordi economici ed evitare che il controvers­o piano di emergenza o “backstop”, che manterrebb­e il Regno Unito nell’unione doganale in caso di mancata intesa, sia mai attivato.

Il fronte anti-Ue è in rivolta contro l’idea di estendere il periodo di transizion­e per un periodo di tempo imprecisat­o e non crede alle assicurazi­oni della premier che finirebbe senz’altro «molto prima» del maggio 2022, la fine prevista della legislatur­a. Secondo i sostenitor­i di una hard Brexit, la proposta porterebbe al peggiore dei mondi possibili, costringen­do Londra a restare “incatenata” alle regole Ue, compresa la libertà di circolazio­ne, senza poter essere parte attiva e continuand­o a versare soldi a Bruxelles.

La May è riuscita ancora una volta a evitare la ribellione in extremis con la sua promessa solenne in Parlamento che il Regno Unito resterà tale. L’Irlanda del Nord resterà per sempre e del tutto allineata alla Gran Bretagna, ha assicurato la premier. Il piano di emergenza, se ci sarà, riguarderà tutto il Regno Unito e non solo l’Irlanda del Nord come avrebbe voluto la Ue.

L’insoddisfa­zione dei parlamenta­ri di entrambi gli schieramen­ti è condivisa dagli elettori, esausti dal tira e molla su Brexit e sempre più dubbiosi che ci possa essere un esito positivo. Secondo l’ultimo sondaggio YouGov di questa settimana, il 71% degli interpella­ti ritiene che i negoziati su Brexit stiano andando male o molto male, mentre solo l’1% pensa che stiano andando bene.

Brexit ha anche avuto un impatto sul budget, che è stato anticipato al 29 ottobre, tre settimane prima del solito, per non coincidere con il summit straordina­rio Ue di novembre che avrebbe dovuto sancire l’accordo finale tra Londra e Bruxelles. Ironia della sorte, data la mancanza di progressi nei negoziati il summit potrebbe non avere luogo. Non solo la data, ma anche il giorno del budget è stato cambiato, dal consueto mercoledì a lunedì. Gira voce che il cancellier­e Philip Hammond non volesse presentare la finanziari­a il 31 ottobre, giorno di Halloween, per evitare facili sarcasmi su “trucchetti o dolcetti”.

 ?? EPA ?? In marcia per l’Europa.Alcuni dei 700mila manifestan­ti scesi in piazza sabato a Londra per chiedere un nuovo voto su Brexit
EPA In marcia per l’Europa.Alcuni dei 700mila manifestan­ti scesi in piazza sabato a Londra per chiedere un nuovo voto su Brexit
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EPA Sadiq Khan. Il sindaco di Londra è uno dei promotori di un nuovo referendum
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AFP Tony Blair. L’ex premier laburista è stato tra i primi a chiedere un altro voto

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