Auto, tre incognite per l’industria europea
Le sfide globali: tagli di Co2 tra i più severi al mondo che costringono ad anticipare la transizione all’elettrico, il dominio americano nella ricerca sulla guida autonoma e il forte rallentamento del mercato cinese
I tagli alla CO2 più severi del mondo che impongono la svolta elettrica, il dominio dei giganti del web Usa sullo sviluppo dell’auto autonoma e i timori per il rallentamento del mercato cinese: tre nuove sfide per i costruttori del vecchio continente.
Nel 2017 le immatricolazioni di automobili in Europa sono cresciute del 3,4% e hanno superato la soglia psicologica dei 15 milioni: non accadeva dal 2007. A tre anni dal diesel gate l’industria dell’auto europea è di nuovo forte, ma ancora fragile. I fondamentali delle case automobilistiche europee –13,3 milioni di occupati tra diretti e indiretti, 90,3 miliardi di surplus commerciale – sono tornati ai livelli pre-crisi, ma già scontano nuove sfide globali: le norme sui tagli alle emissioni di CO2 più severe del mondo, la svolta verso la mobilità elettrica imposta per legge, il vantaggio dei giganti del web Usa sull’auto senza pilota e l’inverno che sta per cadere sul mercato dell’auto cinese.
E-car: rivoluzione senza masse
Oggi le auto elettriche vendute in Europa sono meno dell’1% (In Italia, solo lo 0,2%). Eppure, il parlamento Europeo ha deciso di scommettere soprattutto sulla rivoluzione elettrica per ottenere, entro il 2030, un taglio del 40% delle emissioni di CO2 emesse da veicoli. Ma le rivoluzioni non si fanno senza le masse. «Il Parlamento europeo – ha spiegato Erik Jonnaert, segretario generale dell’Acea, l’associazione dei produttori di auto del vecchio continente – non deve dimenticare che il mercato è guidato dai clienti. Un passaggio ai veicoli elettrici non accadrà fino a quando questi non saranno accessibili per le tasche della maggioranza dei consumatori».
Uno studio Ace a sui 28 Paesi membri dell’ Europa ha evidenziato una correlazione tra il P il pro capi tedi un Paese e il suo mercato dell’auto elettrica. Dallo studio emerge che questo mercato è prossimo allo 0% nei paesi dove il Pil pro capite è inferiore ai 18mila euro. La quota di veicoli elettrici supera il 2% solo nei paesi con Pil pro capite superiore a 35mila euro. Si passa dalla Norvegia che con un Pil pro capite di 67mila euro vanta il 39,3% di veicoli elettrici, alla “povera” Estonia: solo 43 veicoli elettrici immatricolati nel 2017.
Le linee guida dell’Unione europea per la riduzione della CO2 emessa dai veicoli sono le più stringenti del mondo. Oltre ai già fissati 95 gr/km entro il 2021, sono in discussione riduzioni fino a 81 gr/km entro il 2025 e 67 gr/ km entro il 2030. Gli Usa si sono imposti 99 gr/km, ma solo entro il 2025. La Cina 117 gr/km entro il 2020, il Giappone 122 gr/km entro la stessa data. Sale anche la pressione dei Governi. In Europa la Norvegia vieterà l’uso di motori a combustione dal 2025, l’Olanda dal 2030, Francia e Regno Unito dal 2040. Decisioni analoghe sono già prese in India, Cina e California.
Uno studio condotto da PA Consulting, società tedesca di consulenza in materia di innovazione e trasformazione digitale, ha evidenziato che solo quattro case saranno in grado di rispettare il limite di 95 gr/km che scatterà in Europa nel 2021: Volvo, Toyota, l’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi e Land Rover. Gli altri rischiano di sforare i tetti di emissione e pagare multe salate. Fca rischia una sanzione di 1,5 miliardi di euro. Esposti anche i tedeschi: Volkswagen, Bmw e Daimler rischiano multe, rispettivamente, per 1,2 miliardi, 500 e 200 milioni.
«La pressione sui produttori verso una mobilità del futuro–spiega T ho mas Go ett le, direttore del dipartimento automotive di PA Consulting – avrà un forte impatto sull’occupazione del settore.La nostra analisi su 16 case europee di ceche saranno a rischio 267.000 posti di lavoro diretti entro il prossimo decennio. Ben 141.000 riguardano lavoratori che potrebbero essere ricollocati, ma solo dopo percorsi di riqualificazione per lo sviluppo di competenze che oggi non hanno ». Nuove figure professionali per proiettare le Case nella mobilità del futuro, fatta di auto elettriche, connesse e intelligenti. Si stima che nel 2025 una nuova auto su 10 avrà sistemi di guida autonoma di Livello 3 (su una scala da 0 a 5). La guida autonoma sarà l’ altra rivoluzione. Con quali conseguenze?Nei primi anni 2000, tre società europee–N ok ia,Er ics son e Siemens – guidavano il mercato mondiale della telefonia mobile. Il lancio dell’iPhone decretò la fine dei telefoni cellulari europei. La Storia sta per ripetersi?
Auto autonoma: Usa al volante
La ricerca sulla guida autonoma ha radici europee. I primi tre esperimenti al mondo su strade cittadine furono compiuti tra il 1995 e il 1998. Solo uno di questi si svolse negli Stati Uniti. Gli altri due presero vita in Europa: uno in Germania, l’altro in Italia: il gruppo dell’Università di Parma guidato da Alberto Broggi modificò una Lancia Thema con cui ripercorse il tracciato della Mille Miglia per il 94% in modalità “guida autonoma”.
A distanza di tre decenni il baricentro della ricerca dell’ auto a guida autonoma si è spostatone gli Stati Uniti, dovei gigantidel web hanno tutto ciò che serve: capacità di investimento, potenza di calcolo e competenze in AI ebigdata.Way mo, società creata nel 2009 da Google per la ricerca sull’auto autonoma, oggi ha una flotta di 25 mila aut oche guidano da sole in un mondo virtuale, dove hanno già percorso 5 miliardi di miglia di test. Ai dati raccolti al simulatore si accumulanoquelli immagazzinati con 7 milioni di miglia di test nel traffico reale. Nessun altra società del mondo occidentalepiù contare su una tale mo ledi dati.
Da questa parte dell’Oceano, le case automobilistiche europee devono piuttosto fare i conti con un quadro normativo frammentato, che rende complesso anche solo ottenere le autorizzazioni per i test su strada. La stessa Unione Europea si è mossa per correre ai ripari: è allo studio una legislazione unica valida in tutti i Paesi. La Commissione inoltre investirà 450milioni di euro per la nascita di “corridoi” europei dove le Case potranno testare i loro veicoli del futuro.
Intanto, tutta la filiera dell’automotive del vecchio continente conduce la maggior parte dei test su strada in Israele o negli Usa, ma a caro prezzo: la possibilità di testare tecnologie per l’auto senza pilota è condizionata all’utilizzo di piattaforme made in Usa o comunque deve far capo a progetti di ricerca capitanati da società americane, come la già citata Google e Uber.
Lo scorso luglio Johann Jungwirth, ex dirigente Apple oggi a capo del progetto Sedric (SElf-DRIving Car) di Volkswagen ha ammesso: «Puntiamo a testare le prime auto senza pilota in città americane entro il 2021. Poi andremo in Cina, SingaporeeDu bai. Solo dopo in Europa: avemmo voluto farlo prima, perché questo è il nostro mercato, ma non c’è ancora una legge chiara».
Cina: l’inverno é cominciato?
Test che vengono svolti in Cina almeno dal 2013, quando Baidu e Alibaba – rispettivamente la Google e l’Amazon cinese – hanno avviato programmi miliardari di ricerca sull’auto autonoma. Non è per questo però che la Cina è in cima ai pensieri dei produttori europei, che proprio nel paese del Dragone hanno trovato il modo per compensare la crisi dei consumi occidentali negli ultimi 10 anni. Si pensi a Volkswagen: degli 11 milioni di auto vendute in tutto il mondo, il 40% è acquistato da clienti cinesi. Consumatori che ora devono fare i conti con la fine degli incentivi statali e gli effetti sui prezzi della guerra commerciale in atto tra Cina e Stati Uniti: nella fase più acuta Pechino è arrivato a imporre una tassa del 40% sulle auto importate dagli Usa; misura che ha penalizzato in particolare Daimler e Bmw, che servono il mercato cinese dei Suv con vetture prodotte in fabbriche americane.
A giugno, luglio e ago stole immatricolazionicinesi hanno registrato tre cali congiunturali consecutivi. È la fine della fase espansiva? Un inverno sta per raffreddareil mercato dell’ auto cinese? Di certo, i tassi di crescita dei prossimi dieci anni non potranno essere quelli degli ultimi quindici. E se la Cina dell’auto smette di essere un paese emergente, a farne le spese sarà chi ha costruito lì parte della propria fortuna recente: le case automobilistiche tedesche. Oggi le più esposte al rallentamento a causa della loro posizione dominante.
antonio.larizza@ilsole24ore.com
Studio Acea: forte correlazione tra Pil procapite e sviluppo dell’auto elettrica. Norvegia al primo posto