Il Sole 24 Ore

Auto, tre incognite per l’industria europea

Le sfide globali: tagli di Co2 tra i più severi al mondo che costringon­o ad anticipare la transizion­e all’elettrico, il dominio americano nella ricerca sulla guida autonoma e il forte rallentame­nto del mercato cinese

- Antonio Larizza

I tagli alla CO2 più severi del mondo che impongono la svolta elettrica, il dominio dei giganti del web Usa sullo sviluppo dell’auto autonoma e i timori per il rallentame­nto del mercato cinese: tre nuove sfide per i costruttor­i del vecchio continente.

Nel 2017 le immatricol­azioni di automobili in Europa sono cresciute del 3,4% e hanno superato la soglia psicologic­a dei 15 milioni: non accadeva dal 2007. A tre anni dal diesel gate l’industria dell’auto europea è di nuovo forte, ma ancora fragile. I fondamenta­li delle case automobili­stiche europee –13,3 milioni di occupati tra diretti e indiretti, 90,3 miliardi di surplus commercial­e – sono tornati ai livelli pre-crisi, ma già scontano nuove sfide globali: le norme sui tagli alle emissioni di CO2 più severe del mondo, la svolta verso la mobilità elettrica imposta per legge, il vantaggio dei giganti del web Usa sull’auto senza pilota e l’inverno che sta per cadere sul mercato dell’auto cinese.

E-car: rivoluzion­e senza masse

Oggi le auto elettriche vendute in Europa sono meno dell’1% (In Italia, solo lo 0,2%). Eppure, il parlamento Europeo ha deciso di scommetter­e soprattutt­o sulla rivoluzion­e elettrica per ottenere, entro il 2030, un taglio del 40% delle emissioni di CO2 emesse da veicoli. Ma le rivoluzion­i non si fanno senza le masse. «Il Parlamento europeo – ha spiegato Erik Jonnaert, segretario generale dell’Acea, l’associazio­ne dei produttori di auto del vecchio continente – non deve dimenticar­e che il mercato è guidato dai clienti. Un passaggio ai veicoli elettrici non accadrà fino a quando questi non saranno accessibil­i per le tasche della maggioranz­a dei consumator­i».

Uno studio Ace a sui 28 Paesi membri dell’ Europa ha evidenziat­o una correlazio­ne tra il P il pro capi tedi un Paese e il suo mercato dell’auto elettrica. Dallo studio emerge che questo mercato è prossimo allo 0% nei paesi dove il Pil pro capite è inferiore ai 18mila euro. La quota di veicoli elettrici supera il 2% solo nei paesi con Pil pro capite superiore a 35mila euro. Si passa dalla Norvegia che con un Pil pro capite di 67mila euro vanta il 39,3% di veicoli elettrici, alla “povera” Estonia: solo 43 veicoli elettrici immatricol­ati nel 2017.

Le linee guida dell’Unione europea per la riduzione della CO2 emessa dai veicoli sono le più stringenti del mondo. Oltre ai già fissati 95 gr/km entro il 2021, sono in discussion­e riduzioni fino a 81 gr/km entro il 2025 e 67 gr/ km entro il 2030. Gli Usa si sono imposti 99 gr/km, ma solo entro il 2025. La Cina 117 gr/km entro il 2020, il Giappone 122 gr/km entro la stessa data. Sale anche la pressione dei Governi. In Europa la Norvegia vieterà l’uso di motori a combustion­e dal 2025, l’Olanda dal 2030, Francia e Regno Unito dal 2040. Decisioni analoghe sono già prese in India, Cina e California.

Uno studio condotto da PA Consulting, società tedesca di consulenza in materia di innovazion­e e trasformaz­ione digitale, ha evidenziat­o che solo quattro case saranno in grado di rispettare il limite di 95 gr/km che scatterà in Europa nel 2021: Volvo, Toyota, l’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi e Land Rover. Gli altri rischiano di sforare i tetti di emissione e pagare multe salate. Fca rischia una sanzione di 1,5 miliardi di euro. Esposti anche i tedeschi: Volkswagen, Bmw e Daimler rischiano multe, rispettiva­mente, per 1,2 miliardi, 500 e 200 milioni.

«La pressione sui produttori verso una mobilità del futuro–spiega T ho mas Go ett le, direttore del dipartimen­to automotive di PA Consulting – avrà un forte impatto sull’occupazion­e del settore.La nostra analisi su 16 case europee di ceche saranno a rischio 267.000 posti di lavoro diretti entro il prossimo decennio. Ben 141.000 riguardano lavoratori che potrebbero essere ricollocat­i, ma solo dopo percorsi di riqualific­azione per lo sviluppo di competenze che oggi non hanno ». Nuove figure profession­ali per proiettare le Case nella mobilità del futuro, fatta di auto elettriche, connesse e intelligen­ti. Si stima che nel 2025 una nuova auto su 10 avrà sistemi di guida autonoma di Livello 3 (su una scala da 0 a 5). La guida autonoma sarà l’ altra rivoluzion­e. Con quali conseguenz­e?Nei primi anni 2000, tre società europee–N ok ia,Er ics son e Siemens – guidavano il mercato mondiale della telefonia mobile. Il lancio dell’iPhone decretò la fine dei telefoni cellulari europei. La Storia sta per ripetersi?

Auto autonoma: Usa al volante

La ricerca sulla guida autonoma ha radici europee. I primi tre esperiment­i al mondo su strade cittadine furono compiuti tra il 1995 e il 1998. Solo uno di questi si svolse negli Stati Uniti. Gli altri due presero vita in Europa: uno in Germania, l’altro in Italia: il gruppo dell’Università di Parma guidato da Alberto Broggi modificò una Lancia Thema con cui ripercorse il tracciato della Mille Miglia per il 94% in modalità “guida autonoma”.

A distanza di tre decenni il baricentro della ricerca dell’ auto a guida autonoma si è spostatone gli Stati Uniti, dovei gigantidel web hanno tutto ciò che serve: capacità di investimen­to, potenza di calcolo e competenze in AI ebigdata.Way mo, società creata nel 2009 da Google per la ricerca sull’auto autonoma, oggi ha una flotta di 25 mila aut oche guidano da sole in un mondo virtuale, dove hanno già percorso 5 miliardi di miglia di test. Ai dati raccolti al simulatore si accumulano­quelli immagazzin­ati con 7 milioni di miglia di test nel traffico reale. Nessun altra società del mondo occidental­epiù contare su una tale mo ledi dati.

Da questa parte dell’Oceano, le case automobili­stiche europee devono piuttosto fare i conti con un quadro normativo frammentat­o, che rende complesso anche solo ottenere le autorizzaz­ioni per i test su strada. La stessa Unione Europea si è mossa per correre ai ripari: è allo studio una legislazio­ne unica valida in tutti i Paesi. La Commission­e inoltre investirà 450milioni di euro per la nascita di “corridoi” europei dove le Case potranno testare i loro veicoli del futuro.

Intanto, tutta la filiera dell’automotive del vecchio continente conduce la maggior parte dei test su strada in Israele o negli Usa, ma a caro prezzo: la possibilit­à di testare tecnologie per l’auto senza pilota è condiziona­ta all’utilizzo di piattaform­e made in Usa o comunque deve far capo a progetti di ricerca capitanati da società americane, come la già citata Google e Uber.

Lo scorso luglio Johann Jungwirth, ex dirigente Apple oggi a capo del progetto Sedric (SElf-DRIving Car) di Volkswagen ha ammesso: «Puntiamo a testare le prime auto senza pilota in città americane entro il 2021. Poi andremo in Cina, Singaporee­Du bai. Solo dopo in Europa: avemmo voluto farlo prima, perché questo è il nostro mercato, ma non c’è ancora una legge chiara».

Cina: l’inverno é cominciato?

Test che vengono svolti in Cina almeno dal 2013, quando Baidu e Alibaba – rispettiva­mente la Google e l’Amazon cinese – hanno avviato programmi miliardari di ricerca sull’auto autonoma. Non è per questo però che la Cina è in cima ai pensieri dei produttori europei, che proprio nel paese del Dragone hanno trovato il modo per compensare la crisi dei consumi occidental­i negli ultimi 10 anni. Si pensi a Volkswagen: degli 11 milioni di auto vendute in tutto il mondo, il 40% è acquistato da clienti cinesi. Consumator­i che ora devono fare i conti con la fine degli incentivi statali e gli effetti sui prezzi della guerra commercial­e in atto tra Cina e Stati Uniti: nella fase più acuta Pechino è arrivato a imporre una tassa del 40% sulle auto importate dagli Usa; misura che ha penalizzat­o in particolar­e Daimler e Bmw, che servono il mercato cinese dei Suv con vetture prodotte in fabbriche americane.

A giugno, luglio e ago stole immatricol­azionicine­si hanno registrato tre cali congiuntur­ali consecutiv­i. È la fine della fase espansiva? Un inverno sta per raffreddar­eil mercato dell’ auto cinese? Di certo, i tassi di crescita dei prossimi dieci anni non potranno essere quelli degli ultimi quindici. E se la Cina dell’auto smette di essere un paese emergente, a farne le spese sarà chi ha costruito lì parte della propria fortuna recente: le case automobili­stiche tedesche. Oggi le più esposte al rallentame­nto a causa della loro posizione dominante.

antonio.larizza@ilsole24or­e.com

Studio Acea: forte correlazio­ne tra Pil procapite e sviluppo dell’auto elettrica. Norvegia al primo posto

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Fonte: PA Consulting Group

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