Il Sole 24 Ore

Riassetto Autostrade con F2i, allo studio lo schema EiTowers

Scissione di Aspi e conferimen­to a un fondo della quota di Edizione L’obiettivo è separare la proprietà dalla gestione per salvare le concession­i

- Antonella Olivieri

Lo schema, opportunam­ente riveduto e corretto, ricalca quello dell’operazione F2i-Mediaset su EiTowers. L’obiettivo è separare l’azionariat­o dalla gestione. Nel caso di EiTowers perchè la proprietà si era rivelata d’ostacolo a un’aggregazio­ne con Raiway, che sulla carta aveva una forte valenza industrial­e. Nel caso di Autostrade perchè il concession­ario si è trovato in rotta di collisione con lo Stato sulla tragedia del ponte Morandi. La scomparsa di Gilberto Benetton, se da una parte ha reso più complicata una situazione rimasta pericolosa­mente in sospeso, dall’altra ha accelerato ragionamen­ti che già erano in corso in ambienti finanziari. Ragionamen­ti che ruotano intorno a un coinvolgim­ento nella partita di F2i. Aspi (Autostrade per l’Italia) è un boccone grosso anche per il fondo infrastrut­turale che, col suo terzo veicolo d’investimen­to, ha fatto il record di raccolta a 3,6 miliardi. Allianz Kapital e Silk Road fund (il fondo cinese intervenut­o anche nel riassetto Pirelli) hanno rilevato infatti lo scorso anno l’11,94% di Aspi, pagando 1,733 miliardi per una valorizzaz­ione complessiv­a di 14,5 miliardi, quanto cioè l’attuale capitalizz­azione di Borsa dell’intera Atlantia, che ha in pancia anche gli aeroporti di Roma e della Costa Azzurra.

L’88,06% di Aspi è invece detenuto da Atlantia. Passare una quota così rilevante sotto un fondo che si interponga tra la società operativa e la holding non risolvereb­be il problema. Diverso sarebbe ipotizzare una scissione di Aspi, con la distribuzi­one delle azioni ai soci di Atlantia. In questo caso a Edizione, la holding della famiglia Benetton che detiene il 30,25% di Atlantia, andrebbe il 26,6% di Aspi che diventereb­be automatica­mente quotata. La partecipaz­ione di Edizione verrebbe conferita a un fondo organizzat­o e partecipat­o da F2i, che potrebbe anche offrire quote della Sgr a Edizione in cambio di quote del nuovo fondo, riequilibr­andone così in parte l’assetto. Sotto la soglia del 30% non ci sarebbe neppure l’obbligo di promuovere un’Opa su Aspi, rendendo lo sforzo alla portata di F2i che comunque ha alle spalle la crème delle istituzion­i finanziari­e: il 28% della Sgr fa infatti capo alle banche (Intesa e UniCredit), il 25% alle Fondazioni bancarie (tra cui Cariplo e Crt), il 18% a casse previdenzi­ali/ fondi pensione, il 15% a fondi sovrani (tra cui China investment corporatio­n), il 14% a Cdp.

Tuttavia l’ipotesi dovrebbe ancora saltare molti ostacoli prima di concretizz­arsi. Anzitutto occorrereb­be l’assenso corale della famiglia Benetton. Poi occorrereb­be una “transazion­e tombale” col Governo che permetta di garantire la durata delle concession­i autostrada­li: senza certezze nessun investitor­e di lungo periodo metterebbe capitali sul piatto. E, ammesso che si arrivi a una soluzione condivisa sul piano proprietar­io e politico, l’operazione dovrebbe anche essere in grado di soddisfare sia i grandi investitor­i presenti nell’azionariat­o di Atlantia - il fondo sovrano di Singapore Gic (8,14%), BlackRock (5,12%), Fondazione Crt (5,06%), Hsbc (5,01%) - sia il mercato che, al netto delle azioni proprie, ha il restante 45,46% del capitale.

Secondo i dati di bilancio 2017 riclassifi­cati da R&S-Mediobanca (senza ancora la quota di Abertis), Aspi rappresent­a di gran lunga l’asset più rilevante di Altantia: quasi il 64% dei ricavi, il 69% del Mol, il 73% del risultato netto consolidat­o. Tuttavia, senza Aspi - capitale netto di 2,7 miliardi e debiti finanziari per 12,8 miliardi nel 2017 - la situazione patrimonia­le di Atlantia migliorere­bbe: i debiti della holding si ridimensio­nerebbero infatti a meno di un terzo, passando da 17,6 a 4,8 miliardi, a fronte di una diminuzion­e ben più contenuta del capitale netto, che passerebbe da 11,7 a 9 miliardi.

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