Riassetto Autostrade con F2i, allo studio lo schema EiTowers
Scissione di Aspi e conferimento a un fondo della quota di Edizione L’obiettivo è separare la proprietà dalla gestione per salvare le concessioni
Lo schema, opportunamente riveduto e corretto, ricalca quello dell’operazione F2i-Mediaset su EiTowers. L’obiettivo è separare l’azionariato dalla gestione. Nel caso di EiTowers perchè la proprietà si era rivelata d’ostacolo a un’aggregazione con Raiway, che sulla carta aveva una forte valenza industriale. Nel caso di Autostrade perchè il concessionario si è trovato in rotta di collisione con lo Stato sulla tragedia del ponte Morandi. La scomparsa di Gilberto Benetton, se da una parte ha reso più complicata una situazione rimasta pericolosamente in sospeso, dall’altra ha accelerato ragionamenti che già erano in corso in ambienti finanziari. Ragionamenti che ruotano intorno a un coinvolgimento nella partita di F2i. Aspi (Autostrade per l’Italia) è un boccone grosso anche per il fondo infrastrutturale che, col suo terzo veicolo d’investimento, ha fatto il record di raccolta a 3,6 miliardi. Allianz Kapital e Silk Road fund (il fondo cinese intervenuto anche nel riassetto Pirelli) hanno rilevato infatti lo scorso anno l’11,94% di Aspi, pagando 1,733 miliardi per una valorizzazione complessiva di 14,5 miliardi, quanto cioè l’attuale capitalizzazione di Borsa dell’intera Atlantia, che ha in pancia anche gli aeroporti di Roma e della Costa Azzurra.
L’88,06% di Aspi è invece detenuto da Atlantia. Passare una quota così rilevante sotto un fondo che si interponga tra la società operativa e la holding non risolverebbe il problema. Diverso sarebbe ipotizzare una scissione di Aspi, con la distribuzione delle azioni ai soci di Atlantia. In questo caso a Edizione, la holding della famiglia Benetton che detiene il 30,25% di Atlantia, andrebbe il 26,6% di Aspi che diventerebbe automaticamente quotata. La partecipazione di Edizione verrebbe conferita a un fondo organizzato e partecipato da F2i, che potrebbe anche offrire quote della Sgr a Edizione in cambio di quote del nuovo fondo, riequilibrandone così in parte l’assetto. Sotto la soglia del 30% non ci sarebbe neppure l’obbligo di promuovere un’Opa su Aspi, rendendo lo sforzo alla portata di F2i che comunque ha alle spalle la crème delle istituzioni finanziarie: il 28% della Sgr fa infatti capo alle banche (Intesa e UniCredit), il 25% alle Fondazioni bancarie (tra cui Cariplo e Crt), il 18% a casse previdenziali/ fondi pensione, il 15% a fondi sovrani (tra cui China investment corporation), il 14% a Cdp.
Tuttavia l’ipotesi dovrebbe ancora saltare molti ostacoli prima di concretizzarsi. Anzitutto occorrerebbe l’assenso corale della famiglia Benetton. Poi occorrerebbe una “transazione tombale” col Governo che permetta di garantire la durata delle concessioni autostradali: senza certezze nessun investitore di lungo periodo metterebbe capitali sul piatto. E, ammesso che si arrivi a una soluzione condivisa sul piano proprietario e politico, l’operazione dovrebbe anche essere in grado di soddisfare sia i grandi investitori presenti nell’azionariato di Atlantia - il fondo sovrano di Singapore Gic (8,14%), BlackRock (5,12%), Fondazione Crt (5,06%), Hsbc (5,01%) - sia il mercato che, al netto delle azioni proprie, ha il restante 45,46% del capitale.
Secondo i dati di bilancio 2017 riclassificati da R&S-Mediobanca (senza ancora la quota di Abertis), Aspi rappresenta di gran lunga l’asset più rilevante di Altantia: quasi il 64% dei ricavi, il 69% del Mol, il 73% del risultato netto consolidato. Tuttavia, senza Aspi - capitale netto di 2,7 miliardi e debiti finanziari per 12,8 miliardi nel 2017 - la situazione patrimoniale di Atlantia migliorerebbe: i debiti della holding si ridimensionerebbero infatti a meno di un terzo, passando da 17,6 a 4,8 miliardi, a fronte di una diminuzione ben più contenuta del capitale netto, che passerebbe da 11,7 a 9 miliardi.