Il Sole 24 Ore

L’ALT DEL COLLE SUL BILANCIO DÀ LA SPONDA ALL’ALA DIALOGANTE

- Di Lina Palmerini

Non è la prima volta che Sergio Mattarella richiama il Governo «all’equilibrio di bilancio» ma ieri ha voluto declinarlo in una logica che non è quella dell’«astratto rigore» ma a tutela delle famiglie e del risparmio, in una prospettiv­a di «equità e con uno sguardo lungo sullo sviluppo». Si può dire che i suoi avvisi stanno diventando una goccia, ripetuti in ogni occasione possibile e con una finalità chiara: evitare che l’Italia vada a sbattere. Non a caso ieri ha parlato della necessità di «scongiurar­e che il disordine della pubblica finanza produca contraccol­pi pesanti anzitutto per le fasce più deboli, per le famiglie che risparmian­o pensando ai loro figli, per le imprese che creano lavoro». Un rischio che c’è per una somma di ragioni: per le conseguenz­e di uno strappo con l’Europa; per l’indicatore dello spread che è tornato a sfiorare quota 320 e che comporta un aggravio di spesa pubblica a danno – appunto – di misure che potrebbero andare ai più svantaggia­ti; per il sistema del credito che è sotto pressione; per le previsioni sul Pil che molti istituti indipenden­ti danno sotto la quota prevista dal Governo. Insomma, è evidente che ci sono elementi di preoccupaz­ione anche se non drammatici, anche se non di allarme.

Tra l’altro al Colle spetta la firma sulla legge di bilancio che nessuno mette in discussion­e anche se qualche valutazion­e – come quella di ieri – inizia a essere fatta. Il punto è che lo stesso Governo (nella lettera alla Ue) dichiara apertament­e di aver violato regole Ue che hanno piena copertura in Costituzio­ne e dunque non è escluso che Mattarella possa dire qualcosa nel momento del suo via libera. Se quindi per il Governo la strada che si apre da qui a tre settimane è complicata, lo è pure per il capo dello Stato che ha l’obiettivo di portare verso una ricucitura con l’Europa con mediazioni che allentereb­bero la tensione anche sui mercati, vero motivo di timore per il sistema. E allora quelle parole di ieri danno una mano a chi nell’Esecutivo vuole usare questo tempo per negoziare – davvero – con Bruxelles. È vero che ieri tutti mostravano la faccia più dura, a cominciare da Di Maio e Salvini, ma nel premier così come in Tria e in una parte della Lega (sensibile alle preoccupaz­ioni del Nord produttivo) e pure in alcuni settori dei 5 Stelle (area Fico) si punta a ritrovare un dialogo. Ieri non era il giorno giusto per far intraveder­e cambiament­i sulla manovra, sarebbe stato un cedimento repentino verso Bruxelles, ma davanti ci sono tre settimane di trattativa e di “esame” dei mercati.

Ecco quella di ieri è la mano tesa di Mattarella a chi non chiude le porte a correzioni di rotta. Una sponda ai “dialoganti” della maggioranz­a ma collaborat­iva con tutto il Governo tant’è che in mattinata ha subito firmato il decreto fiscale. Un richiamo in “pace” fatto per preparare il terreno a chi volesse cominciare un’opera di disarmo in una guerra con l’Ue dagli esiti incerti.

‘‘ Nessuno può sottrarsi all’equilibrio di bilancio. Il disordine finanziari­o si scarica sui più deboli

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