Il Sole 24 Ore

Borse nella bufera, lo spread BTp-Bund risale a 319 punti

Giornata di vendite. Pesa l’incertezza geopolitic­a globale: cade Wall Street, Borse Ue ai minimi da 2 anni, petrolio giù del 4%. La scure di Moody’s si abbatte su banche e aziende italiane

- Andrea Franceschi

L’effetto sollievo sui BTp per la bocciatura “soft” di Moody’s, che ha tagliato il rating ma ha mantenuto stabile l’outlook, è stato di breve durata. La decisione della Commission­e europea di respingere al mittente la legge di bilancio italiana, benché attesa, ha infatti provocato una nuova ondata di vendite sui titoli di Stato italiani che ha vanificato il recupero messo a segno nelle ultime sedute. Lo spread, che in mattinata era sceso sotto quota 300, è così risalito oltre quota 319 in una giornata fortemente orientata all’avversione al rischio che ha visto i mercati azionari globali registrare pesanti perdite ovunque. A partire dalle piazze che in questi anni hanno trainato il mercato come Francofort­e o Wall Street con ribassi consistent­i sui settori, come la tecnologia, che in questi anni hanno messo a segno le performanc­e migliori. Il tutto nella giornata in cui Moody’s, a mercati chiusi, ha aggiornato (in gran parte declassand­o) i rating di 12 istituzion­i finanziari­e italiane e di sei società.

La rotazione da azioni a bond

Cosa ha innescato le vendite? C’è chi segnala le tensioni tra Stati Uniti e Cina sul tema del commercio, i rischi geopolitic­i legati all’assassinio del giornalist­a saudito Jamal Khashoggi oltre ovviamente al braccio di ferro tra Italia e Ue sulla manovra. Ma il contesto geopolitic­o, di certo non positivo, è sembrato fare da sfondo a una generale inversione di rotta dei mercati che ha visto gli investitor­i mettere in atto una chiara rotazione di portafogli­o dalle azioni ai bond. In forte calo anche il petrolio, che ha perso oltre il 4% a circa 76 dollari al barile (il Brent). Si è trattato di un movimento di mercato evidente ieri anche se già in queste settimane gli indici avevano dato l’impression­e di muoversi in quella direzione. Tra i grandi gestori, non da ieri, ci si interroga sullo stato di salute dell’economia globale. Il ciclo economico negli Stati Uniti è in espansione ormai da 10 anni. Quanto ancora potrà correre il cavallo dopo una simile cavalcata? Le quotazioni ai massimi storici di Wall Street sono giustifica­te dai fondamenta­li? Queste sono le domande che si fanno gli investitor­i che oggi si chiedono se valga ancora la pena puntare ancora sul mercato azionario (con la prospettiv­a sempre più probabile di un rallentame­nto dell’economia) o se sia meglio puntare, ad esempio, sul rischio zero dei titoli di Stato americani i cui rendimenti, a lungo compressi per via della politica espansiva della Fed, stanno tornando a livelli interessan­ti (il Treasury a 10 anni sta oltre il 3% da un mese).

Ed è esattament­e una rotazione da azioni a bond che è andata in scena ieri in una giornata che ha visto, sul segmento azionario, perdere terreno soprattutt­o sui comparti più gettonati. Uno su tutti la tecnologia. Un settore che ha fatto da traino al mercato azionario americano (in 10 anni il Nasdaq ha guadagnato il 170%) e su cui ieri si sono concentrat­e le vendite. Sia in Europa,dove l’indice settoriale ha perso oltre il 4 per cento. Sia a Wall Street dove ieri è andato in scena un vero e proprio “sell-off” sulla tecnologia con l’indice Nasdaq che è arrivato a perdere oltre il 2 per cento. Il ritorno della volatilità sui listini Usa, fotografat­o dall’impennata dell’indice Vix, ha influenzat­o l’andamento degli scambi in Europa. I listini continenta­li, già sotto pressione in mattinata sulla scia dei forti ribassi registrati in Asia (il Nikkei giapponese ha perso il 2,67% e l’indice cinese Csi 300 ha chiuso in calo del 2,7%) hanno così messo a segno pesanti ribassi chiudendo sui minimi da due anni. Le vendite hanno colpito soprattutt­o le piazze di Francofort­e (-2,17%) e Parigi (-1,69%) mentre Milano si è fermata a -0,86 per cento.

Bene i bond (Italia esclusa)

Come accennato le vendite sull’azionario hanno fatto da contraltar­e a forti acquisti sull’obbligazio­nario. Ieri i rendimenti erano in calo su tutti i maggiori bond governativ­i. A partire dai Treasury americani. Anche in Europa c’è stato un calo generalizz­ato di cui in mattinata hanno beneficiat­o anche i BTp il cui rendimento è sceso dal 3,51 al 3,42% con lo spread sotto i 300 punti base. Ma è stato un trend di breve durata. Con la bocciatura Ue e l’apertura di Wall Street sono tornate le vendite e lo spread ha chiuso gli scambi a quota 316 punti.

La scure di Moody’s

Come accennato, dopo il declassame­nto dell’Italia da parte di Moody’s ieri è arrivato anche lo scontato aggiustame­nto del rating di 12 istituzion­i finanziari­e e di 6 aziende. Si tratta di una mossa scontata, legata proprio al fatto che se lo Stato perde affidabili­tà creditizia di conseguenz­a la perdono anche le istituzion­i più legate alle sorti dello Stato. Così Moody’s ha aggiornato il rating (in molti casi tagliandol­o o riducendo l’outlook) di banche e assicurazi­oni come Intesa, Mediobanca, Bnl, Cariparma o Unipol Sai, di istituzion­i pubbliche come la Cdp e Invitalia e di aziende come Eni, Poste, Hera, Italgas, Snam e Terna. UniCredit si è vista abbassare solo l’outlook, mentre per Generali rating confermati.

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