La manifattura rallenta il passo con elettrodomestici e food
L’analisi di Intesa-Sanpaolo e Prometeia vede crescere i ricavi 2018 solo dell’1,7% Pesa la debolezza in Italia Male l’auto, ancora al top la meccanica e il suo indotto
La sforbiciata è netta, quasi un punto percentuale.
Risultato inevitabile, del resto, alla luce dei tanti segnali di rallentamento accumulati negli ultimi mesi. L’ultimo rapporto-analisi dei settori industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia, pur non presentando un quadro complessivo preoccupante, certifica tuttavia la frenata in atto, con una crescita dei ricavi industriali 2018 a prezzi costanti che si fermerà all’1,7%, lo 0,7% in meno rispetto alle stime precedenti, oltre un punto di riduzione in rapporto alla performance brillante dello scorso anno.
Effetto delle maggiori incertezze sul piano internazionale ed interno - si legge nel rapporto - che continueranno a condizionare i risultati del manifatturiero anche nel prossimo biennio, in cui la crescita prevista si abbasserà di mezzo punto rispetto alle stime precedenti: una media dell’1,6% che tuttavia scenderà all’1,4% il prossimo anno. Il picco di crescita, questa l’amara conclusione, è dunque alle spalle.
Le indicazioni di una minore tonicità complessiva della nostra industria sono del resto visibili nel confronto tra i numeri più recenti e quanto registrato lo scorso anno dall’Istat.
A fronte di una produzione industriale 2017 scattata verso l’alto del 3,6%, nei primi otto mesi dell’anno il nostro passo è esattamente dimezzato, con luglio e agosto addirittura in rosso su base tendenziale. Per i ricavi l’Istat registra una crescita del 3,9%, che si confronta però con il 5,5% dello scorso anno. Buoni segnali continuano ad arrivare dall’export, anche se rispetto al brillante +7,4% del 2017 ora siamo tre punti in ritardo.
L’analisi di Intesa Sanpaolo e Prometeia guarda però oltre, con prospettive di debolezza che si concretizzano ad esempio in termini di domanda interna, con una minore tonicità anzitutto dal lato dei consumi, visti già non particolarmente brillanti nel 2018 (+0,8% a prezzi costanti, quasi la metà rispetto al biennio 2016-2017) ma deboli anche in prospettiva: aumento dell’incertezza e necessità di ricostituire i livelli di ricchezza 2007 - si spiega nel rapporto spingeranno verso l’alto la propensione al risparmio. Segnali più confortanti arrivano dall’export, che a dispetto del rallentamento deciso rispetto alla performance 2017 mantiene comunque un passo superiore a quello del commercio mondiale e dei nostri maggiori concorrenti europei, permettendo così alle aziende italiane di guadagnare quote di mercato.
Ad ogni modo questo non basta, e l’industria rallenta il passo. A spingere verso il basso le medie della manifattura è in particolare il comparto auto, settore che delude le attese e che per gli analisti registrerà una battuta d’arresto nel consuntivo 2018, la peggiore performance in termini di crescita dei volumi, uno “zero virgola” indotto in parte dalle modifiche nelle regole di omologazione, in parte dal rallentamento delle vendite verso gli Usa e dal crollo inatteso verso la Cina.
Gli investimenti in macchinari, seppure visti in rallentamento nella seconda parte del 2018, sono identificati come il principale motore del manifatturiero anche nel prossimo biennio, con effetti ad ampio raggio su più comparti produttivi.
Meccanica in primis, che dopo un brillante 2018 sarà ancora una volta la protagonista principale dello sviluppo, con un fatturato di settore che alla fine del 2020, dopo uno scatto di quasi cinque punti percentuali, tornerà a superare per dimensioni alimentari e bevande.
La frenata prevista della domanda interna, nelle stime del rapporto, potrà essere assorbita dalle commesse oltreconfine, in qualche caso messe in secondo piano da alcuni costruttori negli ultimi anni, proprio per far fronte al boom di richieste innescato dai bonus di Industria 4.0.
Prodotti in metallo ed elettrotecnica rappresentano un primo indotto allargato capace di intercettare questa crescita ma i due settori inizieranno anche a trarre beneficio dalla ripresa progressiva del ciclo delle costruzioni.
La buona notizia, di fronte ad un rallentamento corale, è però la maggiore solidità raggiunta dal sistema manifatturiero italiano, dopo una durissima selezione che ha falcidiato le aziende per anni. L’analisi sui bilanci 2017 evidenzia infatti miglioramenti su più fronti.
Con una redditività operativa (8,6%) tornata sui livelli pre-crisi, una redditività del capitale proprio in risalita di quasi un punto e mezzo al 9.2%, progressi diffusi a tutte le classi dimensionali.
Ma l’aspetto più rassicurante è la “lezione” appresa in termini patrimoniali, visibile in un’industria che si presenta oggi con una capitalizzazione superiore (in dieci anni l’incidenza del capitale proprio sul passivo è passata dal 29% al 40%) e decisamente più solvibile, avendo abbattuto il peso degli oneri finanziari sui margini lordi dal preoccupante 20% del triennio 2007-2009 ad un più maneggiabile 8% odierno. Fieno quanto mai gradito e prababilmente necessario, alla vigilia di una stagione di probabile aumento dei tassi.
Ci arriviamo rallentando. E non è il massimo.