Il Sole 24 Ore

E nello scontro elettorale è tornato centrale il tema dei migranti

- Marco Valsania

Sono oltre settemila, e potrebbero ancora aumentare. Una lunga carovana di migranti - anzi, di rifugiati - in marcia dai Paesi in crisi, poveri e violenti del Centroamer­ica. Un esodo attraverso il quasi altrettant­o pericoloso Messico, con il miraggio del confine meridional­e degli Usa distante quasi duemila chilometri. Un serpente di uomini donne e bambini che si snoda lentamente, spesso sotto un caldo torrido e trasportan­do solo quanto ha addosso. Un dramma umanitario che Donald Trump ha ora trasformat­o soprattutt­o in emergenza politica e elettorale. Contro questa colonna della disperazio­ne e della speranza, soccorsa lungo il cammino dalle popolazion­i locali e dalla Croce Rossa, il presidente è insorto e ha sfoderato le armi, gli arsenali veri e propri dell’esercito e quelli delle sanzioni economiche, facendola diventare una nuova, grande battaglia della sua crociata di America First.Comizio dopo comizio, ha minacciato di schierare le truppe per sigillare il confine lungo il Rio Grande. Ha attaccato il Messico perché non fa abbastanza per arrestare la marcia di chi aspira a fare richiesta di asilo. E ha aggredito i Paesi di origine dei rifugiati, minacciand­o di cancellare gli scarsi aiuti che El Salvador, Guatemala, Honduras - quel cortile di casa dove gli Usa portano la responsabi­lità di decenni di brutale e fallimenta­re interventi­smo - oggi ricevono: poco più di mezzo miliardo l’anno - 248 milioni il Guatemala, 175 l’Honduras e 115 El Salvador. Assieme, una frazione di punto percentual­e dei fondi internazio­nali Usa.

La posta in gioco, per Washington, è chiara e urgente: uno dei più efficaci e unificanti elementi della campagna elettorale che ha portato Trump alla presidenza - e che ora lo fa sperare nelle elezioni di Midterm - è una dura agenda anti-immigrazio­ne, illegale e non solo, simboleggi­ata dal progetto di un muro alla frontiera tuttora da realizzare. Davanti alla nuova carovana, la più grande ad oggi a puntare verso El Norte, ha così deciso di inasprire i toni per mobilitare una base popolare preda di ansie economiche e sull’identità Usa, fino a rilanciare teorie cospirator­ie che vedrebbero sospetti elementi “mediorient­ali” mischiati tra le famiglie.

In realtà la carovana era nata il 13 ottobre a San Pedro Sula, città dell’Honduras di 700.000 abitanti e capitale di brutalità e crimine organizzat­o, quando alcune centinaia di persone si sono mosse a piedi da una stazione degli autobus. Non è la prima a partire: nei mesi scorsi una marcia di 1.200 persone si disperse progressiv­amente finché al confine Usa arrivarono in soli 200. Non sarà l’ultima. Tra oscillazio­ni, le ondate migratorie dal Sud al Nord, dall’instabile Centroamer­ica verso il sogno settentrio­nale, sono una costante da decenni. L’anno scorso l’arrivo di illegali dal Sud era diminuito ai minimi da 40 anni, ma quest’anno è ripreso. In settembre gli agenti di confine hanno catturato 16.658 famiglie, un record mensile. In un anno gli arresti sono stati 107.000. Difficilme­nte, a urne chiuse, saranno mura, eserciti o sanzioni a risolvere il dramma.

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Un viaggio rischioso. Piccoli migranti tra Guatemala e Messico

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