Erdogan accusa: piano per uccidere il giornalista saudita
Si è aperto decimato dalle defezioni il forum economico di Riad
Lo aveva promesso, è stato di parola. Anche sui tempi. Il “J’accuse” del presidente turco Recep Tayyip Erdogan rivolto all’Arabia Saudita è molto pesante, da far tremare le poltrone, eppure non contiene un colpevole. Da tempo Erdogan aveva ripetuto di voler rendere pubblici i risultati dell’inchiesta condotta dalle autorità turche sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi, assassinato il 2 ottobre all’interno del consolato saudita di Istanbul. Khashoggi «è stato brutalmente assassinato: abbiamo prove evidenti che questo omicidio sia stato pianificato», ha sottolineato in Parlamento davanti al gruppo parlamentare del suo partito, l’Akp. «Dove è il corpo di Khashoggi?» ha insistito Erdogan.
Ironia della sorte, poche ore dopo l’emittente Sky News annunciava il ritrovamento di parti del cadavere di Khashoggi nel giardino della residenza del console saudita. Una notizia tuttavia non confermata dalla procura turca.
Non è un caso che Erdogan abbia scelto come data del suo discorso proprio il giorno in cui iniziava a Riad il Forum Investment Initiave, la conferenza per attrarre investimenti in Arabia Saudita a cui avrebbero dovuto partecipare centinaia di top manager, politici e businessman. Una conferenza che ha però visto la progressiva diserzione di decine di businessman e manager, soprattutto occidentali, imbarazzati su come gestire le relazioni con il principe reggente saudita, Mohammed Bin Salman, l’uomo più potente del regno. Le ripercussioni negative si toccano già con mano. La disdetta all’ultimo minuto del Ceo del colosso tedesco Siemens, Joe Kaeser, avrebbe ritardato la firma di un contratto per la costruzione di una centrale elettrica il cui valore sarebbe stimato in 20 miliardi di dollari.
L’attesa versione ufficiale di Riad, arrivata con tre settimane di ritardo, non convince: Khashoggi sarebbe morto durante una colluttazione nel consolato saudita con agenti non autorizzati. Una missione di cui il principe reggente era all’oscuro così come i vertici dell’Intelligence.
Erdogan, al pari dei capi di Stato e di Governo europei, pretende un resoconto trasparente. Con nomi e responsabili. Ieri ha ripercorso tutta la vicenda. «Perché il consolato saudita è stato aperto agli investigatori (turchi) solo dopo alcuni giorni e non subito? Perché il team (di assassini) si è riunito a Istanbul? Chi gli ha dato l’ordine di farlo? Perché sono state fatte dichiarazioni contraddittorie?». Il presidente turco ha ricordato che il 4 ottobre Riad aveva negato di avere notizie sulla sorte del reporter. Poi ha precisato come il sistema delle telecamere di sorveglianza all’interno del consolato saudita di Istanbul fosse «stato rimosso» il giorno dell’omicidio e «tutte le registrazioni cancellate dagli hard drive».
La pressione da parte dei Paesi europei è sempre più insistente. Erdogan ha preferito non formulare accuse dirette. Dopo aver precisato di «non aver dubbi sulla sincerità» di Re Salman, si è detto fiducioso sulla sua collaborazione. Ma soprattutto non ha mai menzionato suo figlio, il principe Mohammed Bin Salman.