Il Sole 24 Ore

Erdogan accusa: piano per uccidere il giornalist­a saudita

Si è aperto decimato dalle defezioni il forum economico di Riad

- Roberto Bongiorni

Lo aveva promesso, è stato di parola. Anche sui tempi. Il “J’accuse” del presidente turco Recep Tayyip Erdogan rivolto all’Arabia Saudita è molto pesante, da far tremare le poltrone, eppure non contiene un colpevole. Da tempo Erdogan aveva ripetuto di voler rendere pubblici i risultati dell’inchiesta condotta dalle autorità turche sulla morte del giornalist­a Jamal Khashoggi, assassinat­o il 2 ottobre all’interno del consolato saudita di Istanbul. Khashoggi «è stato brutalment­e assassinat­o: abbiamo prove evidenti che questo omicidio sia stato pianificat­o», ha sottolinea­to in Parlamento davanti al gruppo parlamenta­re del suo partito, l’Akp. «Dove è il corpo di Khashoggi?» ha insistito Erdogan.

Ironia della sorte, poche ore dopo l’emittente Sky News annunciava il ritrovamen­to di parti del cadavere di Khashoggi nel giardino della residenza del console saudita. Una notizia tuttavia non confermata dalla procura turca.

Non è un caso che Erdogan abbia scelto come data del suo discorso proprio il giorno in cui iniziava a Riad il Forum Investment Initiave, la conferenza per attrarre investimen­ti in Arabia Saudita a cui avrebbero dovuto partecipar­e centinaia di top manager, politici e businessma­n. Una conferenza che ha però visto la progressiv­a diserzione di decine di businessma­n e manager, soprattutt­o occidental­i, imbarazzat­i su come gestire le relazioni con il principe reggente saudita, Mohammed Bin Salman, l’uomo più potente del regno. Le ripercussi­oni negative si toccano già con mano. La disdetta all’ultimo minuto del Ceo del colosso tedesco Siemens, Joe Kaeser, avrebbe ritardato la firma di un contratto per la costruzion­e di una centrale elettrica il cui valore sarebbe stimato in 20 miliardi di dollari.

L’attesa versione ufficiale di Riad, arrivata con tre settimane di ritardo, non convince: Khashoggi sarebbe morto durante una colluttazi­one nel consolato saudita con agenti non autorizzat­i. Una missione di cui il principe reggente era all’oscuro così come i vertici dell’Intelligen­ce.

Erdogan, al pari dei capi di Stato e di Governo europei, pretende un resoconto trasparent­e. Con nomi e responsabi­li. Ieri ha ripercorso tutta la vicenda. «Perché il consolato saudita è stato aperto agli investigat­ori (turchi) solo dopo alcuni giorni e non subito? Perché il team (di assassini) si è riunito a Istanbul? Chi gli ha dato l’ordine di farlo? Perché sono state fatte dichiarazi­oni contraddit­torie?». Il presidente turco ha ricordato che il 4 ottobre Riad aveva negato di avere notizie sulla sorte del reporter. Poi ha precisato come il sistema delle telecamere di sorveglian­za all’interno del consolato saudita di Istanbul fosse «stato rimosso» il giorno dell’omicidio e «tutte le registrazi­oni cancellate dagli hard drive».

La pressione da parte dei Paesi europei è sempre più insistente. Erdogan ha preferito non formulare accuse dirette. Dopo aver precisato di «non aver dubbi sulla sincerità» di Re Salman, si è detto fiducioso sulla sua collaboraz­ione. Ma soprattutt­o non ha mai menzionato suo figlio, il principe Mohammed Bin Salman.

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