Il Sole 24 Ore

Limite a 100mila euro, così si può uscire dal labirinto del calcolo

- Dario Deotto

Il limite dei 100mila euro previsto per la nuova dichiarazi­one integrativ­a speciale potrebbe avere una rilevanza “multiforme” e, quindi, consentire maggiori aperture.

La norma è davvero criptica dispone la possibilit­à di integrare le dichiarazi­oni presentate ai fini:

1) delle imposte sui redditi e relative addizional­i;

2) delle imposte sostitutiv­e delle imposte sui redditi; 3) delle ritenute e contributi previdenzi­ali; 4) dell’Irap; 5) dell’Iva.

È come se si trattasse di cinque comparti impositivi, visto quanto la norma specifica successiva­mente.

Viene infatti stabilito che l’integrazio­ne degli imponibili è ammessa «nel limite di 100mila euro di imponibile annuo, ai fini delle imposte di cui al precedente periodo e comunque di non oltre il 30% di quanto dichiarato». In sostanza, da questa previsione si deduce che l’integrazio­ne è consentita, per le “imposte” di cui al periodo precedente, fino al minore tra i due parametri (100mila euro – 30% di quanto dichiarato).

Poi la norma aggiunge «resta fermo il limite complessiv­o di 100mila euro di imponibile annuo per cui è possibile l’integrazio­ne». Questo limite, che ieri sul Sole 24 Ore è stato individuat­o come plafond massimo per tutti i cinque comparti impositivi prima rilevati, ora trova conferma nella relazione illustrati­va di accompagna­mento. Nel documento si dice, infatti, che poiché i comparti impositivi comprendon­o anche ritenute e contributi, il primo limite di 100mila euro si riferisce alle sole imposte, mentre il secondo, comprensiv­o anche di ritenute e contributi, consiste in una soglia di sbarrament­o complessiv­o.

Questo però può portare alla conclusion­e che se un contribuen­te intende regolarizz­are dei maggiori ricavi Ires per 60mila euro che hanno rilevanza anche ai fini Iva ed Irap, conta, ai fini del plafond di 100mila euro, soltanto 60mila euro. Certo, poi rimane il fatto che occorre eseguire il confronto con il 30% di quanto dichiarato, e questo non può che riguardare il singolo tributo. Peraltro, per l’Iva può risultare un vero dilemma capire qual è il 30% di quanto dichiarato perché la dichiarazi­one Iva è essenzialm­ente un riepilogo delle operazioni attive e passive effettuate nell’anno. A questo occorre aggiungere che la norma poi stabilisce che per chi ha dichiarato un imponibile inferiore a 100mila euro o ha dichiarato perdite, l’integrazio­ne è ammessa fino a 30mila euro. Insomma, un vero e proprio dedalo che dovrà essere meglio definito. Peraltro, visto che si è fatto riferiment­o all’Iva, andrà anche riconsider­ata la questione dell’aliquota media, che è stata copiata da precedenti provvedime­nti “condonisti­ci” (articolo 7 della legge 289/2002). Visto che si tratta di un’integrazio­ne “selettiva” e “non di massa” degli imponibili, non ha senso prevedere l’applicazio­ne di un’aliquota media Iva. Il contribuen­te potrebbe infatti regolarizz­are degli specifici elementi reddituali che non per forza hanno rilevanza ai fini Iva.

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