Se la sentenza non è allegata avviso liquidazione illegittimo
Non basta citare gli estremi perché il contribuente deve poter verificare il calcolo II Fisco non può integrare la carenza motivazionale del provvedimento iniziale
È nullo l’avviso di liquidazione dell'imposta di registro che si limita a richiamare gli estremi della sentenza cui si riferisce senza indicare gli elementi numerici posti a base del calcolo, in quanto non consente al contribuente la verifica della correttezza della richiesta dell'amministrazione. In ogni caso, l’ufficio non può integrare la carenza motivazionale del provvedimento iniziale con ulteriori elementi addotti successivamente in sede giudiziale
A confermare questi importanti principi è la Corte di cassazione con l’ordinanza nr. 26731 depositata ieri
L’agenzia delle Entrate liquidava a un contribuente delle somme ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale in relazione a una sentenza di usucapione pronunciata da un tribunale. La contribuente impugnava l’atto, ritenendolo immotivato perché non recava l’esatta individuazione della base imponibile, le modalità di calcolo delle imposte e non vi era allegata la sentenza.
La Ctp accoglieva il ricorso ma la Ctr ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado, rilevavano che l’atto era sufficientemente motivato ancorchè senza l’indicazione della base imponibile e delle aliquote applicate. La mancata allegazione della sentenza, secondo la Ctr, era del tutto irrilevante in quanto la contribuente ne era a conoscenza essendo stata parte del giudizio il cui dispositivo era stato comunicato al proprio difensore. Ricorreva in cassazione la contribuente ribadendo, in buona sostanza, il difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione. I giudici di legittimità hanno accolto l’impugnazione evidenziando, innanzitutto, che non può ritenersi sufficiente il richiamo nell’atto impositivo degli estremi della sentenza non allegata in quanto occorre la specifica motivazione che non può tradursi in un mero richiamo degli atti prodromici. La motivazione richiede pure la determinazione del tributo dovuto e l’indicazione degli elementi matematici posti alla base della quantificazione onde consentire al contribuente la verifica della correttezza del calcolo.
In ogni caso non è possibile una integrazione della motivazione dell’atto da parte dell’amministrazione con ulteriori elementi dedotti solo successivamente in giudizio.
La pronuncia è interessante innanzitutto perché alcuni uffici effettivamente non sempre allegano la sentenza per la quale richiedono le imposte, sul presupposto che il contribuente sia già a conoscenza dell’atto. Poi rappresenta una prassi diffusa - anche nel caso di accertamenti relativi ad altre imposte - l’introduzione di argomentazioni a sostegno della pretesa rispetto all’atto impositivo inziale che, in genere, emergono solo in occasione delle controdeduzioni in Ctp dell’ufficio se non addirittura, nel successivo grado di appello.
Così operando, di fatto, il contribuente non può difendersi perché la sua impugnazione tiene conto soltanto di quanto riportato nell’atto iniziale e non nelle successive “integrazioni” nel corso del giudizio. La Cassazione chiarisce che in queste ipotesi ricorre il vizio di motivazione.